Una nota dell’Uama, l’ufficio della Farnesina responsabile per le autorizzazioni alle esportazioni, segnala che dal 30 giugno 2021 “non è più richiesta la clausola dell’Euc rafforzato per le esportazioni verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti”. È un passo per ricucire i rapporti con Abu Dhabi dopo la tensione originata dallo stop alle licenze già rilasciate sulle vendite di sistemi d’arma, culminata nello sfratto dalla base di Al Minhad. Tutti i dettagli con il commento dell’esperto Michele Nones
A tre giorni allo sfratto dalla base di Al Minhad da parte degli Emirati Arabi Uniti, l’Italia ha revocato le clausole rafforzate necessarie all’export verso il Paese (e l’Arabia Saudita) che si applicavano alle licenze già assegnate alle aziende nazionali. La mossa va nella direzione di ricucire lo strappo con Abu Dhabi, come invocato da addetti ai lavori, parlamentari e rappresentanti industriali.
Una nota dell’Uama, l’ufficio della Farnesina responsabile per le autorizzazioni alle esportazioni, firmata dal direttore Alberto Cutillo e datata 5 luglio 2021, segnala che dal 30 giugno 2021 “non è più richiesta la clausola dell’Euc rafforzato per le esportazioni verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti”. Pertanto, prosegue la nota, “tutte le autorizzazioni rilasciate, in corso di validità, sono da da ritenersi valide anche senza tale prescrizione”. Segue l’elenco di oltre trenta società italiane a cui la nota è inviata, toccate da licenze di vendita verso i due Paesi. Per Euc si intende “end-user certificate”, un documento che l’acquirente deve fornire al venditore in cui assicura che il prodotto o servizio acquistato non sia utilizzato per determinati scopi.
Dal 2019, inseguito a un intenso dibattito parlamentare, l’Italia aveva posto una clausola di Euc rafforzato alle licenze già rilasciate di vendite ad Emirati Arabi ed Arabia Saudita, chiedendo a tali Paesi di impegnarsi a non utilizzare quanto acquistato nel conflitto in Yemen. Tuttavia, ci ha spiegato Michele Nones, la legge 185 del 1990 (che regola l’export militare italiano) “autorizza la revoca o l’apposizione di condizioni diverse a licenze già rilasciate solo nel caso emergessero nel tempo condizioni differenti che, in origine, avrebbero comportato un divieto di esportazione”.
Tuttavia, dall’autorizzazione alla scelta di apporre la clausola di Euc rafforzato le condizioni non sono cambiate (il conflitto in Yemen c’era prima e c’è adesso) e per questo ora si è scelto di “non richiedere più” lo stesso Euc rafforzato. Di conseguenza le licenze che avevano subito le condizioni rafforzate restano valide. Tra queste c’è anche l’ormai noto caso concernente le parti di ricambio per la pattuglia acrobatica emiratina.
Dunque, nota Nones, “la decisione assunta ieri dal ministero degli Affari esteri pone fine, per fortuna, a una situazione di grave imbarazzo per l’Italia”. Difatti, “la sospensione delle forniture e la richiesta di garanzie da parte dei due Paesi sull’impiego degli equipaggiamento forniti dalla imprese italiane era avvenuto in contrasto con la prassi internazionale, che prevede misure limitative solo a valle di decisioni assunte da parte degli organismi responsabili e competenti a livello internazionale”.
Ciò non coinvolge le autorizzazioni revocate a gennaio, relative a bombe e missili, una scelta del precedente governo (dopo risoluzioni parlamentari in linea con la decisione) che ha colpito soprattutto la filiale italiana dell’azienda tedesca Rwm. E così, se da un lato la nota dell’Uama incassa “una valutazione positiva, poiché diciamo a quei Paesi che vogliamo mantenere la collaborazione in essere”, dall’altra “non sana il vulnus che si è creato con la revoca delle licenze a gennaio, né il contenzioso che si è aperto con la società RWM Italia che riguarda, si stima, un danno che potrebbe arrivare a 250 milioni”, rimarca Nones.
Ma soprattutto la nota dell’Uama appare tardiva rispetto al caso della fuoriuscita forzata dalla base emiratina di Al Minhad, utilizzata fino a pochi giorni fa dalle nostre Forze armate per pressoché tutti gli impegni nell’area. E così, la nota sulle clausole Euc, spiega ancora Nones, “non sana la crisi di affidabilità e di credibilità dell’Italia nei confronti di quei Paesi, perché rischia di essere presa come conferma di un export improntato agli umori del momento”.
Di più: “Non c’è un comunicato del governo che spieghi perché la clausola viene meno o che prenda atto che la situazione sia cambiata, e ciò conferma che bisogna assolutamente riportare tali decisioni, e tutte quelle che riguardano la politica esportativa, all’interno di un ristretto concesso inter-ministeriale, fatto di ministri che hanno competenza sulla materia e che insieme possono decidere come meglio tutelare gli interessi nazionali tenendo conto dei vari elementi politici, diplomatici, di sicurezza, economici e finanziari”.