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Export della Difesa. Così funziona in Europa (studio Iai)

L’Istituto affari internazionali (Iai) ha pubblicato il rapporto “Controllo parlamentare sull’esportazione dei sistemi d’arma: modelli comparati”. Offre una panoramica comparata delle modalità con cui i governi di Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia informano i rispettivi parlamenti in merito alle esportazioni nazionali di equipaggiamenti militari. L’Italia? Serve una “doverosa manutenzione” della legge 185

“Nei principali Paesi europei, la comunicazione periodica del governo al Parlamento e all’opinione pubblica in merito alle esportazioni militari è solitamente un passaggio importante della dialettica politico-istituzionale sulla politica estera e di difesa”. Apre così il rapporto Controllo parlamentare sull’esportazione dei sistemi d’arma: modelli comparati a cura dell’Istituto affari internazionali (Iai), pubblicato nella serie dell’Osservatorio di politica internazionale per analizzare come, in alcuni dei principali Paesi europei, sia regolamentato il delicato momento istituzionale con il quale un governo informa il Parlamento dello stato dell’export nazionale di armi ed equipaggiamenti.

L’ANALISI DELLO IAI

Oltre l’analisi degli altri Paesi, il documento, firmato da Michele Nones, vice presidente dello Iai, Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa, e Ottavia Credi, ricercatrice junior nei programmi Difesa e sicurezza, fornisce un set di idee e raccomandazioni al governo italiano per aggiornare e migliorare la propria comunicazione istituzionale sia nei confronti del Parlamento che dell’opinione pubblica italiana. L’obiettivo di questa riflessione è quello di trovare un equilibrio tra la necessità di fornire al legislatore tutti gli elementi necessari ad effettuare una decisione adeguata e la necessità di proteggere gli aspetti più delicati della politica estera, di difesa e industriale italiana.

GLI ESEMPI EUROPEI

L’analisi delle informative con cui i governi di Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia presentano la rispettiva situazione nazionale dell’export della difesa ha preso in considerazione la struttura di questi documenti, la loro qualità e la quantità delle informazioni riportate. In tutti i casi, la struttura del rapporto comprende una prima parte discorsiva, spesso suddivisa in sezioni tematiche, seguita da una serie di appendici che riportano dati quantitativi, tabelle e statistiche. Al di là delle singole differenze e similitudini tra i documenti dei cinque Paesi, quello che emerge dalla loro analisi è la sistematicità e la volontà di presentare le informazioni nel modo più chiaro ed esaustivo possibile, fornendo una fotografia complessiva dell’export della difesa anche in relazione alla politica estera, industriale e di sviluppo del singolo Paese.

LA NORMATIVA ITALIANA

Dopo aver esposto le particolarità dei casi europei, l’analisi dell’Istituto presenta il quadro evolutivo della normativa italiana vigente, concentrata nella legge 185 del 1990, che affida all’Uama (un ufficio della Farnesina) la responsabilità sulle autorizzazione all’export militare e la comunicazione (con lunga e complessa informativa) annuale al Parlamento, poi ufficialmente consegnata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. In particolare, il documento dello Iai sottolinea come la legislazione più recente in materia dell’informazione dovuta dal governo al Parlamento, alcune modifiche recenti abbiano reso il quadro complessivo più complicato, invece di snellirlo e chiarificarlo. A destate perplessità è soprattutto il ruolo estremamente ridotto della presidenza del Consiglio, che da attore principale della politica sulle esportazioni della difesa diventa un mero aggregatore in informazioni redatte dalle diverse amministrazioni dello Stato, “sui cui dati e valutazioni non è previsto che intervenga”.

UN AGGIORNAMENTO NECESSARIO

Secondo lo Iai, dunque, ci sarebbe la necessità di apportare una “doverosa manutenzione” alla legge italiana, che risente di logiche impostate sulla scia della Guerra fredda e che riguarda un mercato caratterizzato da programmi tutti nazionali, e che dunque non prende in considerazione l’evoluzione dei programmi internazionali, europei o multilaterali. Secondo lo Iai la relazione del governo al Parlamento dovrebbe contenere le informazioni sulla politica di export nazionale prendendo in considerazione l’evoluzione dell’integrazione europea, le informazioni sulle iniziative internazionali, i dati rilevanti sulle esportazioni autorizzate, indicando i Paesi di destinazione con l’ammontare totale delle esportazioni e la tipologia di equipaggiamenti, e i dati rilevanti sulla produzione italiana nei programmi di collaborazione intergovernativi, compresi i Paesi di destinazione con l’ammontare totale delle esportazioni suddiviso per programma.

I SUGGERIMENTI

In particolare, si legge nello studio, “un’informazione adeguata del governo al Parlamento e all’opinione pubblica potrebbe prevedere la raccolta delle relazioni di tutte le amministrazioni interessate da parte dell’ufficio del consigliere militare del presidente del Consiglio e la loro integrazione in un’unica relazione”. Nel frattempo, aggiungono gli esperti, “nelle more di un aggiornamento normativo, sarebbe auspicabile che riprendesse volontariamente la pubblicazione da parte dell’ufficio del consigliere militare di un Rapporto del Pcm sui lineamenti della politica esportativa italiana”, che faccia da raccordo e offra la massima linea politica. “Questo agevolerebbe, già dal prossimo anno, lo svolgimento di un più completo dibattito parlamentare su questo tema”.



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