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La Fed apre l’era del tapering. Per Powell è ora di scoprire le carte

L’ultima riunione del Fomc sancisce l’apertura di una nuova fase della politica monetaria americana. Tassi ancora a zero, ma gli acquisti di titoli per 80 miliardi al mese sono agli sgoccioli. Però in Europa la musica è diversa…

Piccoli, impercettibili passi, eppur si muove. La più importante banca centrale del mondo, la Federal Reserve, sta lentamente sminando il terreno preparando il proprio disimpegno monetario, avviandosi alla conclusione di una fase di, forse irripetibile, politica ultra accomodante fatta di acquisti di debito e denaro a costo zero. Non c’erano grandi aspettative dalla riunione del Fomc, il braccio operativo dell’istituzione guidata da Jerome Powell ma il messaggio è passato ugualmente. Il tapering, la riduzione degli stimoli monetari, è alle porte.

LE RAGIONI DEL TAPERING

D’altronde, i segnali che arrivano dall’economia americana sono difficilmente equivocabili. Quest’anno il Pil a stelle e strisce dovrebbe portarsi intorno al 6,5%, anche se la variante Delta, come raccontato da questo stesso giornale, potrebbe giocare un brutto scherzo sul finire del 2021. Poi c’è la questione inflazione, con la risalita dei prezzi (complice anche il rincaro delle materie prime) da due mesi abbondanti al di sopra del 5%, ai massimi dal 2008.

Un surriscaldamento dell’economia a partire dai prezzi, alimentato anche dai piani pandemici di Joe Biden che messi insieme valgono qualcosa come 5 mila miliardi di dollari, è probabile. Al momento all’esame del Congresso c’è solo l’Infrastructure plan da 1.200 miliardi, che poggia su un accordo bipartisan, il Bif. Ma qualora anche gli altri pacchetti dovessero entrare in azione, allora la fiammata potrebbe diventare un vasto incendio. Di tutto questo la Fed non può non tenere conto.

LA ROTTA DI POWELL

Per questo, pur ribadendo il sostegno all’economia, Powell nella tradizionale conferenza stampa al termine del Fomc, con tanto di comunicato, ha indicato la strada. Tassi fermi allo 0-0,25%, acquisti confermati (80 miliardi di dollari al mese), una valutazione marginalmente migliore dell’andamento della politica monetaria. Fin qui tutto bene. Ma la banca centrale americana ha ricordato anche che gli acquisti di titoli sono stati lanciati a dicembre con l’impegno a continuarli “fino a quando non saranno stati fatti notevoli progressi verso gli obiettivi della massima occupazione e della stabilità dei prezzi”. Da allora, si legge nel comunicato, la Fed “ha compiuto progressi verso quegli obiettivi. Ora continuerà a valutare i progressi nelle prossime riunioni”. Tradotto, l’esame degli stimoli e di una loro riduzione è già iniziato, seppur silenziosamente come dimostra la calma dei mercati, dopo le parole del governatore della Fed.

Lo stesso Powell, parlando a braccio, ha spiegato come “potrebbero essere rivisti gli acquisti di titoli, compresi il ritmo e la composizione, quando le condizioni economiche lo permetteranno”. Parole che aprono informalmente a una nuova fase della politica monetaria degli Stati Uniti.

INTANTO IN EUROPA…

E pensare che in Ue, c’è chi invece non teme eccessivamente il rialzo dei prezzi, ambendo a un’inflazione più tonica, vista come il sintomo di una vera ripresa dell’economia, a partire dai consumi. Come Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce, per il quale un rialzo dei tassi è proprio quello che in Europa non serve in questo momento. Perché “serve un’economia che riesca ad andare su di giri ma c’è il rischio di una ripresa incompleta”, afferma Panetta, in un’intervista al Corriere della Sera.

In Europa “ci sono ampie risorse inutilizzate un’inflazione bassa che ci frena. Per la crescita servono investimenti pubblici. In passato l’impazienza ha indotto la Bce ad aumentare i tassi in modo prematuro, comprimendo eccessivamente l’inflazione e frenando la crescita. Ora è chiaro che per garantire la stabilità dei prezzi può essere necessario, come si dice, run the economy hot, mandare l’economia su di giri. È la condizione per utilizzare appieno le risorse di lavoro disponibili e per generare pressioni al rialzo sui salari in grado di spingere l’inflazione verso il nostro obiettivo”.


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