Skip to main content

Gli estremi in un vicolo cieco. Folli su quelli di ieri (M5S) e di oggi (sovranisti)

L’editorialista a Formiche.net: da un lato i Cinque Stelle sono ancora la forza di maggioranza relativa in Parlamento, dall’altro le destre dominano i sondaggi: è singolare che entrambe non riescano a occupare saldamente il centro della scena. Mentre Draghi si è trasformato nel più politico dei leader italiani

Che futuro hanno gli estremi della politica italiana? Da un lato, dice l’editorialista di Repubblica Stefano Folli a Fomiche.net, il M5s è ormai giunto al capolinea, con la sola eccezione di Luigi Di Maio che ha fatto una scelta governativa netta, ma che non fa notizia. Dall’altro le destre che, pur con i sondaggi in poppa, mancano all’appuntamento “tatarelliano” con la visione di governo e puntano tutto sulle minoranze no vax o su alleanze improbabili come con Orban.

E cita l’esempio della riforma Cartabia, dove è impressionante “l’assenteismo e anche l’ostilità delle forze politiche rispetto ad una riforma cardine che viene affidata a due soggetti estranei al quadro politico, ma che stanno compiendo un’azione di altissimo valore politico. Qui c’è tutta la contraddizione italica.”

La doppia schizofrenia degli estremi. Ovvero, il M5s agita la clava ideologica sulla riforma Cartabia, anche se sa che non potrà rompere. La destra si fa anti vax per inseguire i sondaggi, ma poi corre a vaccinarsi (senza foto per i leader). Stanno entrambi perdendo un’occasione per elevarsi politicamente, visto e considerato che lo schema-Draghi rappresenta un’occasione per tutti?

Sì. E’ l’intero sistema politico che sta perdendo l’occasione di reale rinnovamento data dall’ombrello di Mario Draghi. Certo, è più evidente guardando agli estremi di M5s e destre che, evidentemente, mostrano maggiormente tale limite. Osservo però che nessuno sta facendo nulla per modificare quel quadro generale, dato dal fallimento della politica, che ha portato all’avvento del governo Draghi.

Quale la prima conseguenza?

Ciò fa sì che l’attuale esecutivo, che dovrebbe essere tecnico, abbia in realtà una crescente impronta politica. Lo dimostra la sua visione del paese, il fatto che prova a fare le riforme che servono, mentre i partiti non riescono ad essere interpreti di quasi nulla. Salvo rincorrere le minoranze, mentre faticano a non scaricare sulla maggioranza le proprie frustrazioni, come fanno i Cinque Stelle. La destra invece non riesce ad evolversi.

Eppure partiva da una condizione favorevole nei sondaggi…

Pur avendo una condizione di maggioranza nel Paese, come ci dicono i dati, non è in grado di sfruttarla per mostrare una visione più seria e capace di parlare all’intera comunità e non ad uno spicchio di elettorato. Lo dimostra anche la vicenda dei novax e del green pass: si tende a parlare delle minoranze attive, ma pur sempre minoranze. Non dimentichiamo che da un lato i Cinque Stelle sono ancora la forza di maggioranza relativa in questo Parlamento, mentre dall’altro ci sono forze che potenzialmente sono la maggioranza nel Paese: è singolare che entrambe non riescano a occupare saldamente il centro della scena con proposte legate a questa stagione, che richiede grande adesione alla realtà economica, in un frangente in cui sta per iniziare la ripresa.

La presenza ai vertice del M5s di Giuseppe Conte sta portando più problemi o soluzioni?

Credo che avessero enormi problemi in ogni caso, sono una forza che fondamentalmente ha chiuso il suo ciclo. O si trasformano in qualcosa di diverso come vuole fare Di Maio, oppure non avranno futuro. Il ministro degli Esteri è quello che fa poco notizia, ma ha scelto la sua strada con maggiore lucidità: ovvero restare nel governo, svolgendo il ruolo di portare all’estremo l’anima governista del Movimento. In futuro si vedrà se ciò gli porterà consenso. Intanto è una scelta netta.

Le altre componenti grilline invece? L’incontro tra Conte e Draghi non avrebbe dovuto sanare le crepe?

Sono palesemente in una drammatica crisi che non dipende da Conte: l’ex premier, semmai, è l’espressione di questa crisi ma non la causa. Certo non è in grado di esercitare una leadership tale da poter mettere assieme un movimento ormai sfilacciato, che potrebbe essere tenuto insieme solo da una qualità politica superiore.

A destra si guardano più i sondaggi che la realtà delle cose. C’è il rischio di abbandonare definitivamente il progetto tatarelliano di una destra di governo, già abbozzato da Gianfranco Fini, scavalcato oggi (e probabilmente anche domani) da scatti populisti?

Mi sembra che ci sia un paradosso assoluto: l’Italia è un paese con un’anima moderata tendenzialmente più di centrodestra, ma è un fatto che la destra non sia mai riuscita a trasferire questo sentimento su un’azione di governo adeguata. Oggi la destra tende a radicalizzarsi anziché farsi aderente ai bisogni del paese. Polemizza con la sinistra che sceglie come temi il voto ai 16enni e lo ius soli, ironizzando sul fatto che non sono temi interessanti. Ma poi fa ben poco di più, limitandosi al green pass che, pur essendo un grande tema, viene declinato dalla destra solo in riferimento alle minoranze.

Cosa avrebbe dovuto fare?

Sui vaccini avrebbe potuto dare un messaggio rassicurante alla gran parte della pubblica opinione. Ma penso anche alla politica estera, dove insegue scenari in Italia improponibili come quelli di Orban, anziché cercare un raccordo con le forze europee moderate che sono maggioritarie. Mi sembra che la destra non riesca a interpretare il sentimento italiano che consegna ancora alla Lega il primo posto nei sondaggi, incalzata da FdI. Insieme hanno oltre il 40% dei consensi, ma tutto ciò non si traduce in una proposta politica convincente e adeguata.

Dieci anni dopo la crisi economica del 2011, con il conseguente terremoto politico di allora, in Italia i partiti faticano ancora ad evolversi, come dimostra il nuovo “commissariamento” da parte dell’attuale governo. Il quadro sarà completato, oggi come ieri con Napolitano, da un Mattarella bis?

La prospettiva in questo momento è molto grigia: non si riesce ad immaginare come andrà l’elezione del Capo dello Stato. Una soluzione sarebbe il rinnovo, ma con problemi legati alla volontà dell’uomo. Sarebbe però un grave errore, per un sistema politico gravato da elementi di debolezza e contraddizione, lacerarsi sulla scelta del Presidente della Repubblica. Sarebbe utile invece trovare lo stesso sostegno che al momento è dato da tutte le forze politiche al governo Draghi.

Possibile che la stessa maggioranza al governo si spacchi sul successore di Mattarella?

Non riesco ad immaginarlo. Questo è un problema molto serio che dovrebbe essere affrontato di petto, né aggirato sostenendo che sarà il Premier a trasferirsi al Colle, perché comporterebbe altri problemi sull’azione dell’esecutivo, in un momento delicatissimo per la ripresa nazionale. Ma c’è anche il tema delle elezioni: che siano nel 2022 o nel 2023 resta il fatto che il sistema politico vi arriva con incredibili difetti di fondo, sia nel centrosinistra che nel centrodestra. La riforma della giustizia doveva essere, da tempo immemore, già patrimonio delle forze politiche e invece la stanno portando avanti un ex banchiere e l’ex Presidente della Corte Costituzionale. E’ impressionante l’assenteismo e anche l’ostilità delle forze politiche rispetto ad una riforma cardine che viene affidata a due soggetti estranei al quadro politico, ma che stanno compiendo un’azione di altissimo valore politico. Qui c’è tutta la contraddizione italica.

@FDepalo



×

Iscriviti alla newsletter