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Relazioni industriali e ammortizzatori sociali. Il caso Gnk visto da Benvenuto

L’ex sindacalista e leader storico della Uil: crisi come quella della multinazionale inglese si possono neutralizzare con una solida e organica riforma degli ammortizzatori sociali, perché sedersi intorno a un tavolo e aprire una vertenza non basta più. La minimum tax? Il mondo cambierà, sono dieci anni che la invoco…

Lo schema è di quelli già visti. Una grande azienda che investe nel Paese a un certo punto apre una crisi industriale e vara in fretta e furia un piano di esuberi, alias licenziamenti. Quanto successo nei giorni scorsi ne è un po’ la prova. Gnk,  di proprietà di un fondo statunitense e attiva nel settore dell’automotive, ha licenziato 422 dipendenti dello stabilimento toscano di Campi Bisenzio, senza preavviso e tramite una mail.

Non è la prima volta che accade, così come non si contano ormai i tavoli di crisi aperti presso il ministero dello Sviluppo Economico guidato da Giancarlo Giorgetti. E infatti, puntuale è arrivata la reazione del governo italiano alla vertenza di Gnk, con lo stesso Giorgetti che ha convocato un primo confronto con i vertici di Gnk, il prossimo 15 luglio. Eppure una domanda sorge spontanea: è possibile in qualche modo evitare questo canovaccio e prevenire l’insorgere di autentici drammi sociali? Formiche.net ne ha parlato con chi il mondo del lavoro lo conosce bene, Giorgio Benvenuto, ex parlamentare, ex leader del Psi ma soprattutto per 16 anni alla guida della Uil, uno dei tre sindacati confederali italiani.

La vicenda Gnk, anche per le sue modalità, ha un che di drammatico. Prime impressioni?

Questa vicenda non va bene, bisogna rimboccarsi le maniche ma farlo una volta per tutti. Non possiamo ogni volta scoprire che decine di persone finiscono sulla strada perché una multinazionale chiude i battenti. Dobbiamo finirla di rimandare una vera, organica, seria e profonda riforma degli ammortizzatori sociali. Perché una vera riforma è uno dei pochi strumenti in grado di attutire gli impatti devastanti di queste vertenze.

Qualcuno potrebbe dire che i soldi non ci sono…

Si sbaglia, i soldi ci sono. E se non ci sono si trovano. Abbiamo fatto fior di scostamenti di bilancio, non mi vengano a dire che abbiamo bruciato tutte le risorse. E poi, mi scusi, ma c’è anche un discorso politico.

Sarebbe?

Se una multinazionale ha sede in un altro Paese ma la sua fabbrica chiude qui in Italia, mi spiega quale forza politica il nostro governo può scongiurare la crisi. Che facciamo, andiamo in Gran Bretagna protestare? Ecco che allora è meglio proteggersi, con una riforma degli ammortizzatori sociali. Per il Parlamento questa deve essere la priorità e lo deve essere anche per il governo.

Visto che siamo in tema di riforme, non crede che sia anche l’ora di aggiornare le relazioni industriali?

Assolutamente, è un auspicio. Andiamo troppo lenti, anche lì. Bisogna rafforzare il dialogo e la cooperazione tra sindacati e imprese, bisogna creare una grande rete a livello mondiale di imprese e lavoratori. E poi servirebbero delle clausole sociali in ambito commerciali: quando si stabiliscono regole commerciali a livello globale allora bisogna prevedere delle apposite clausole che proteggano i lavoratori. Dopo l’orgia della finanza e della globalizzazione è tempo di rimettere al centro l’uomo e la società.

Lei insomma, vede ancora troppa disinvoltura dopo decenni di globalizzazione…

Sì, perché ci sono troppi buchi neri. Non ci sono le clausole di cui le parlavo e non c’è la giusta forza politica per mettere in piedi gli strumenti a difesa delle persone. Mi ricollego alla riforma degli ammortizzatori. Non bisogna arrivare al tavolo di crisi, bisogna mettere i lavoratori in condizioni di sopravvivere.

Nei giorni scorsi il G20 ha raggiunto un accordo politico sulla minimum corporate tax, la tassa globale sui profitti delle multinazionali. Lei è d’accordo?

Lo può dire forte, ma è solo un inizio. Molti osservatori hanno detto che il 15% è poco. Ma io dico che se questa tassa passa il mondo cambia, passerà finalmente il principio che tutti devono pagare che non esistono più zone franche. Che nessuno è più al di sopra degli altri. Non è un caso che io sostenga questa tassa da 10 anni…

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