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Libano, l’ultima speranza è Francesco

Oggi in Vaticano i patriarchi delle Chiese orientali cercano la strada per salvare dal fallimento il Libano. Ma sono divisi. La proposta più forte, sul nodo reale, è quella del patriarca maronita

I patriarchi d’Oriente arrivano in Vaticano. Vanno dal papa, per pregare per il Libano. Il Libano sta morendo di fame, senza benzina, senza corrente elettrica, senza più un soldo per calmierare neanche il prezzo del pane. Conti correnti bloccati. Fuochi e moti di rabbia ovunque. Che succede? Succede che il Paese è in queste condizioni perché una classe politica impresentabile litiga da quasi un anno sulle poltrone governative. Cialtroni?

I presunti cialtroni sanno bene che non c’è nulla di meglio del pregiudizio nei loro confronti per coprire i loro eventuali misfatti. I raffinati infatti non sanno che i presunti cialtroni possono essere molto più raffinati di loro. Un esempio: c’è qualcuno disposto a credere che un Paese qualunque è pronto a dimenticarsi qualche migliaia di tonnellate di nitrato d’ammonio niente di meno che in un deposito un po’ arrugginito del proprio porto commerciale? Non può essere che sia il pregiudizio a indurre a credere davvero a una storia del genere come base per spiegarsi l’esplosione del porto di Beirut? Quel porto, come l’aeroporto, sono notoriamente controllati dalla milizia di Hezbollah. Tutti cialtroni, o tutti distratti?

Accade però che a due passi da Beirut, da anni, un altro di questi personaggi così poco considerati, con analogo pregiudizio, abbia distrutto città e villaggi con dei rudimentali barili bomba. E come li ha fatti? Dove trovava il nitrato d’ammonio indispensabile per creare quegli ordigni primordiali insieme a vecchie ferraglie? Forse il fungo atomico di Beirut è stato il fungo del nitrato d’ammonio nascosto a Beirut per armare da anni la guerra siriana? E se fosse così dove era più sicuro nasconderli che nel porto commerciale di Beirut? A guardare così risulta più facile capire come mai alle recenti elezioni presidenziali di Siria ci siano stati più elettori che residenti. Cialtronate? O la riprova di un transfer di massa dai Paesi limitrofi al posto dei deportati? Qualcuno sa quanti nuovi residenti sono stati trasferiti in Siria? Forse è in atto un cambiamento demografico della Siria con l’ausilio di un soggetto miliziano libanese?

Dunque la giornata di preghiera per il Libano non riguarda solo il Libano, ma riguarda tutto il Levante. I cristiani, ridotti a piccolo gregge, possono svolgere un ruolo decisivo o devastante, sta a loro decidere quale. Per capirlo gli basterà partire dalla regola aurea ottomana, quella che ha governato per secoli, bene o male comunque meglio di come vengano governate oggi, quelle terre. Questa regola si chiama “il cerchio della giustizia” e suonava più o meno così: “Non c’è potere senza esercito, non c’è esercito senza denaro, non c’è denaro senza prosperità, non c’è prosperità senza giustizia e buona amministrazione”. Per questo il problema della permanenza in armi di Hezbollah, unica milizia armata libanese e assai più efficace dell’esercito, è il problema cruciale del Paese, insieme a quello di ricostruire da zero una classe dirigente.

Il problema Hezbollah è il problema di una milizia che ha sottratto al governo nazionale libanese il potere di dichiarazione di guerra. Il conflitto con Israele del 2006 è stato tecnicamente causato da un’incursione di Hezbollah, è stato definito da Hezbollah “una vittoria divina” ma ha comportato la distruzione di infrastrutture di tutti. Il coinvolgimento di Hezbollah dal 2011 nel conflitto siriano analogamente non è stato deciso dal governo libanese, ma ha contribuito a determinare un forte risentimento confessionale e anche l’afflusso di oltre un milione di profughi. Il coinvolgimento di Hezbollah nella guerra dello Yemen da diversi anni è ignoto alla maggioranza dei libanese ma ha determinato attriti internazionali dalle conseguenze pesanti per tutti i libanesi. Dunque il Libano esiste, o è parte di Hezbollah e del suo spazio?

Le ragioni degli sciiti nella storia antica e recente dei territori libanesi sono grandi ed evidenti: emarginati per secoli, sono gli unici che non avevano un loro posto nel grande suq, il grande mercato libanese. Ma questo non è il problema di Hezbollah, questo è un problema di tutti i libanesi e di un loro futuro civile per tutti gli individui di ogni comunità. Ora però la leadership cristiana alleandosi con Hezbollah in urto con la “maggioranza compatta” sunnita renderebbe il conflitto comunitario irreversibile, negando così la possibilità di uno sviluppo del Libano verso quella piena e pari cittadinanza che richiede non alleanze comunitarie ma partiti interconfessionali accanto al Senato delle comunità che le garantisca tutte. Chi è ancora sulla prima ipotesi, per tanti e diversi motivi, sono con tutta evidenza quei vescovi che alla vigilia dell’incontro hanno posto il problema di togliere le sanzioni siro-libanesi.

La scelta opposta, che ha chiamato alla formale dichiarazione di neutralità del Libano, è quella che sostiene con chiarezza e coraggio il patriarca maronita Beshara Rai. Neutralità non vuol dire chiamarsi fuori, ma proporsi come Paese che tutti conosce e capisce, quindi mediatore tra le parti, non veicolo di aggravamenti dei conflitti. Chi voleva soffiare sul fuoco ha investito miliardi sul braccio armato di Hezbollah e in Siria su tante e opposte milizie: chi ora capisce che solo il Libano può essere il punto di partenza di senso opposto, cioè di ricostruzione delle statualità e delle diverse identità, è pronto a investire sulla ricostruzione di Beirut, l’ultimo scalo cosmopolita e quindi neutrale del Levante, leva con la quale cambiare il Medio Oriente?

Oggi, con l’incontro in Vaticano promosso dal papa per il Libano, si vede che il Vaticano, che non è identitarista, è pronto a sostenere la scommessa del patriarca, a respingere la deriva dell’alleanza delle minoranze e a rilanciare la cittadinanza per ogni libanese, con tutto ciò che comporta. L’Europa? Quello che spesso si chiama “Occidente”? Per ricreare un Mediterraneo di convivenza il nodo non è più eludibile.

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