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L’ora di una buona scuola (via Pnrr). Il commento di Paganetto

Il Recovery Plan è una grande occasione per rilanciare una scuola messa a dura prova dalla pandemia. Il commento di Luigi Paganetto, presidente della Fondazione Economia Tor Vergata nel corso del webinar Pnrr, istruzione e scuola

Il dato di partenza é noto. L’Italia é un Paese con un’assai bassa percentuale di laureati 28% contro il 44% della media Ocse ma anche con un tasso di abbandono del 3,8% nelle scuole secondarie di primo grado e una percentuale del 14,5% di coloro che non vanno oltre il livello secondario d’istruzione di primo grado. Quando l’obbiettivo europeo é quello del 10%.

Senza contare l’ alto numero di Neet, giovani che né lavorano né studiano. In questa condizione é chiaro che il post pandemia non può essere il ritorno alla normalità del passato. Ecco perché, comunque si argomenti sui rapporti tra istruzione e sviluppo, il capitolo del Pnrr sulla scuola e l’istruzione é assolutamente centrale per il nostro futuro. Tanto più che si è raggiunto il più ampio consenso sull’idea che viviamo nella società della conoscenza e dunque l’istruzione é decisiva per l’oggi e il domani. Patrizio Bianchi, ha una grande responsabilità come Ministro dell’Istruzione ma ha il vantaggio di aver diretto, con molto successo, la Commissione che ha prodotto il Rapporto su una scuola che guarda al futura.

Dal rapporto emerge con forza il bisogno di nuove competenze ma anche l’esigenza di nuovi processi educativi al passo con l’esigenza di comprendere la nuova realta’ che avremo di fonte nella post pandemia. Il Pnrr destina al potenziamento dei servizi di istruzione 19,44 miliardi con l’idea di fronteggiare sia l’alto tasso di abbandono della Scuola che, i divari territoriali di istruzione. Ma anche di rimediare al gap di competenze di base che si é verificato nel paese nonché al divario tra l’offerta di competenze e la domanda di lavoro che é l’aspetto su cui, forse, si é più concentrata l’attenzione nel dibattito di policy.

Va tenuto presente che il totale della spesa prevista per il miglioramento dei servizi di istruzione é di 10,57 miliardi a fronte di una spesa di 7,60 miliardi per nuove infrastrutture, oltre1.10 miliardi di spesa per nuove competenze. Per il miglioramento del sistema di reclutamento e formazione degli insegnanti si prevede di spendere 0,83 miliardi.

Il miglioramento dei servizi di istruzione rappresenta dunque, opportunamente, la parte più importante dell’intervento previsto. Ma non é chiaro come si intenda realizzare l’ampio ventaglio di obbiettivi che vanno dalla riduzione dei divari territoriali nell’istruzione, alla riduzione degli abbandoni, al miglioramento del rapporto tra skills offerti e quelli domandati dal mondo del lavoro, all’acquisizione di nuove competenze, all’aumento infine dell’ offerta di formazione professionale.

Intanto va detto che i divari territoriali di istruzione hanno un ruolo importante nel determinare i problemi di cui soffre la scuola. Si tratta di una questione che l’accomuna con l’Università perché se é evidente che non é fattibile una omogeneità di risultati sul territorio è anche evidente che una differenziazione così accentuata quale quella che emerge da indagini sul campo come Pisa e Invalsi non consente di ottenere il miglioramento generale delle competenze perseguito dal Pnrr. Si tratta di un punto assolutamente centrale che esige meccanismi di aggiustamento che vanno messi in azione ma che non sono resi espliciti.

Se non si vuole percorrere, come sembra, la strada di mettere in competizione le diverse strutture scolastiche, pur nel rispetto del monopolio pubblico dell’istruzione, andrebbe chiarito quanto ci si aspetta e quanto possa essere efficace la misura prevista di un “portale nazionale unico” per realizzare un’analisi degli andamenti scolastici di almeno un milione di studenti l’anno (per 4 anni) anche se é precisato che un progetto-pilota sarà finanziato con risorse del Pon-Scuola. Infine riguardo la riduzione dei tassi di abbandono e l’aumento del tasso di scolarità nelle superiori occorrono politiche di incentivazione rivolte alle famiglie, che, previste per la scuola dell’infanzia ,non sono esplicitamente indicate per le scuole superiori.

In questa prospettiva il recente accordo sul Patto per la Scuola firmato dal ministro Bianchi fa ben sperare per la visione che vi è contenuta e che è stata condivisa dalle istituzioni che lo hanno sottoscritto con l’idea di ridare centralità alla scuola, considerandola una risorsa infrastrutturale per lo sviluppo sostenibile. Ma ciò che più importa è il carattere progettuale del Patto attraverso la partecipazione di tutti gli stakeholders ad una visione condivisa non solo per l’assunzione di 70.000 precari ma anche per il miglioramento dei servizi educativi, la riduzione degli abbandoni, i patti educativi sul territorio.

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