Luigi Di Maio a colloquio con Giuseppe Conte per tentare l’ultima mediazione e scongiurare la rottura col garante del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo. Ma l’ex premier dalla sua parte ha i numeri: consensi e parlamentari. Alcuni dei quali sono pronti a sfiduciare il Garante secondo l’art. 8
È in corso la mediazione finale per evitare una definitiva rottura tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, e a scendere in campo questa volta è Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri, infatti, dopo gli impegni del G20 degli scorsi giorni è arrivato in mattinata presso la casa dell’ex premier in cui si è trattenuto circa un’ora, proprio per cercare di trovare un compromesso dopo una giornata, quella di ieri, in cui sono virtualmente volati gli stracci. Accuse reciproche, ultimatum e poi un video pubblicato da Beppe Grillo in cui spiega: “Non sono il padre padrone del Movimento, sono il papà”.
IL VIDEO DI GRILLO, L’ATTEGGIAMENTO SPAVENTATO
Le ultime parole affidate alla rete dal garante del Movimento 5 Stelle possono essere lette come un gesto distensivo? Non si grida, toni accorati e qualche risata per stemperare una tensione arrivata davvero alle stelle tra chi il Movimento l’ha fondato e chi lo vuole rifondare su basi diverse. A trasparire chiaramente, la volontà di Grillo di continuare ad essere il garante della sua creatura, di non essere messo da parte. Ma Conte, forse, guarda già in un’altra direzione. È stato elaborato un progetto politico “che non intendo tenere nel cassetto”, diceva ieri l’ex premier ai giornalisti, e quel progetto porta con sé consensi e un certo numero di parlamentari.
GLI ELETTORI AMANO CONTE (E NON PIU’ BEPPE)
Partiamo dai consensi: un’analisi di Giovanni Diamanti sul Messaggero mette a confronto il gradimento di Conte e Grillo tra gli italiani e tra gli elettori del Movimento. “Il primo, l’ex premier, apprezzato da più di due italiani su tre”, cioè dal 68% secondo l’ultimo Atlante Politico di Demos, un dato stabile da mesi, dato che tra gli elettori M5S “raggiunge percentuali bulgare”. E Beppe Grillo? Il suo gradimento sarebbe al 12%, “un dato bassissimo, crollato negli ultimi mesi, quasi dimezzato”. Insomma, “il consenso di Conte tra gli italiani è ben superiore a quello di Grillo, addirittura non paragonabile”. Ed è forse anche questa una delle ragioni per cui il garante ha scelto con il suo ultimo video di abbassare i toni: l’emorragia di consensi se nascesse il partito di Conte potrebbe dare il colpo finale a un M5S già fortemente dissanguato.
I PARLAMENTARI STANNO CON L’EX PREMIER
Emorragia di consensi, quindi, ma non solo. Perché oltre agli elettori pentastellati, ci sono anche gli eletti. Crimi e Lombardi ieri, Cancelleri oggi, hanno fatto sapere che mettono in discussione la loro permanenza nel Movimento, così come Ettore Licheri, capoguppo al Senato dei 5 Stelle, ha ieri manifestato la sua totale solidarietà al reggenti Vito Crimi. I malumori tra i gruppi parlamentari del Movimento si sentono forti e chiari, e nella eventualità di un partito di Conte, a seguire l’ex premier sarebbero in tanti, almeno il 90% dei componenti del gruppo di Palazzo Madama, si legge su Repubblica, un centinaio di parlamentari secondo il Corriere.
C’è poi il dettaglio, sottolineato da Annalisa Cuzzocrea, che Crimi, Cancelleri e Lombardi compongono il comitato di garanzia del Movimento. Che si è schierato compattamente contro il Garante.
SFIDUCIARE GRILLO?
La mediazione, allora, non può non tenere conto dei numeri: ma è possibile salvare il Movimento dall’emorragia di consensi (e parlamentari) senza “uccidere” il padre fondatore? Difficile a dirsi, soprattutto se si considera che tra le chat dei 5 Stelle visionate da AdnKronos pare si stia parlando con insistenza dell’articolo 8 dello Statuto, il quale prevede che il garante “può essere revocato, in ogni tempo, su proposta deliberata dal Comitato di Garanzia a maggioranza assoluta dei propri componenti”.
Una decisione che dovrebbe essere confermata da una votazione online a cui dovrebbe partecipare la maggioranza assoluta degli iscritti, insomma, non una pratica di semplicissima esecuzione (data anche la questione Rousseau). Eppure, a contare, in questo caso, è la volontà degli eletti 5 Stelle di fare a meno di Grillo.