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La minimum tax inghiottirà la digital tax? Il parere di Fazzini

L’economista e saggista dell’Università Europea di Roma: la digital tax potrebbe finire inglobata nell’imposta sui profitti delle multinazionali fresca di accordo politico al G20, perché gli americani non vogliono una doppia tassazione. L’Irlanda e i Paesi ribelli non preoccupano più di tanto. Semmai il Congresso Usa, anche se alla fine…

Si scrive minimum tax ma si legge, o si leggerà, digital tax. Sono passati solo pochi giorni dalla fine del G20 finanziario di Venezia che ha sancito l’accordo politico sulla tassa globale in ambito Ocse sui profitti delle multinazionali realizzati nei Paesi in cui le stesse sono presenti, indipendentemente dalla sede legale e fiscale e già è tempo di alchimie e qualche gioco di prestigio. La digital tax, il prelievo sui margini delle Big Tech, soprattutto americane, che erogano servizi in tutto il mondo ma pagano le tasse in un solo Paese, spesso un paradiso fiscale, è stata messa in stand by dall’Europa, anche su pressing degli Stati Uniti, in particolare di Janet Yellen, che temevano una mazzata sui profitti delle imprese Usa che lavorano in Ue.

Nel mentre, si lavora alla minimum tax che travalica i confini del digitale e che alla fine, potrebbe finire con l’assorbire la stessa tassa digitale, verosimilmente a partire dal prossimo autunno. Ma non sarà una passeggiata. Tanto per cominciare c’è da mettere nel conto il già manifestato ostruzionismo da parte di quei Paesi, Irlanda in testa, a tassazione agevolata (sono nove i Paesi contrari). E poi ci sono le incognite legate al Congresso americano, con non pochi deputati e senatori, soprattutto repubblicani, già mal disposti verso un aumento delle tasse dopo il fragile compromesso sui piani pandemici di Joe Biden (sì al piano per le infrastrutture ma per ora niente stretta fiscale). Formiche.net ha sentito Marco Fazzini, docente di economia aziendale all’Università Europea di Roma e autore del saggio La tassazione dell’economia digitale. Una prospettiva economico-aziendale.

SE LO STATO FA (FINALMENTE) LO STATO

“Finalmente gli Stati stanno tornando a fare gli Stati. Dopo anni di deregulation in cui le imprese hanno deciso dove e come pagare le tasse, gli Stati hanno avuto un sussulto, un moto d’orgoglio, ponendo un rimedio con metodi non tradizionali, come può essere una tassa globale”, spiega Fazzini. Rimarcando il peso e l’importanza del fattore pandemia. “Il mondo è sconvolto, c’è stata una pandemia, c’è bisogno di soldi e risorse come non mai. Questa esigenza non può e non deve essere ignorata, ripeto, dopo il Far West, gli Stati sono tornati a fare gli Stati, unendosi per giunta”.

TRA EUROPA E USA

Certo, l’operazione è comunque complessa, c’è da fondere la minimum tax con la digital tax. “Bisogna vedere cosa vogliono fare gli americani”, spiega Fazzini, “soprattutto da un punto di vista politico. L’Europa sta puntando a una doppia tassazione ma questa cosa ha parecchio infastidito gli Stati Uniti che non la vogliono. Da questo punto di vista, nonostante lo stesso Commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, abbia insistito sulla doppia imposizione, dobbiamo certamente aspettarci una battaglia politica. Non dobbiamo mai dimenticare che il rischio, soprattutto con una doppia imposizione, è far scappare molte aziende dall’Europa”.

LA FRONDA IRLANDESE

Impossibile però non tenere conto delle resistenze dei Paesi a tassazione agevolata. Fazzini vede il bicchiere mezzo pieno. “Stiamo parlando di una minoranza e per giunta politicamente poco rilevante, non credo che alla fine avranno la forza di opporsi. Uno degli obiettivi è quello di abbassare la competizione fiscale tra Stati che negli ultimi anni si è tradotta in una corsa al ribasso. L’economia irlandese è basata quasi interamente sulla competizione fiscale, ma alla fine dovrà cedere per forza di cose”.

Semmai qualche problema potrebbe esserci al Congresso americano. “Probabilmente delle resistenze ci saranno, ma dipende da come Biden si giocherà la partita. Il punto di caduta è che il governo statunitense ha bisogno di soldi per finanziare i piani pandemici di Biden. E poi parliamoci chiaro, queste risorse, a cominciare dalla minimum tax, sono strumentali per combattere le grandi sfide di questo tempo, a cominciare dalla Cina. I repubblicani si convinceranno che l’America ha bisogno di gettito, sia per le battaglie all’esterno, sia per quelle domestiche. E alla fine appoggeranno anche la minimum tax”.



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