Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Giustizia, senza riforma addio Recovery. La sveglia di Mirabelli

Il presidente emerito della Corte Costituzionale: senza riforma della Giustizia addio al Recovery Fund. Preferisco una prescrizione pura, ma la riforma Cartabia va nella giusta direzione. In appello è emergenza giudici: manca l’organico. E occhio al Csm: è il Parlamento che deve decidere la priorità dell’azione penale

Ben venga la riforma della Giustizia di Marta Cartabia, ben venga la riforma del processo penale e civile italiano. Bisogna andare avanti, dice Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, anche a costo di superare gli ostracisimi del Movimento Cinque Stelle sulla prescrizione. Che sia un’emergenza è certificato dall’Ue: l’ultimo rapporto della Commissione sulla giustizia degli Stati membri boccia senza appello l’Italia finita in fondo alla classifica, dai processi interminabili all’indipendenza dei tribunali. Ma in ballo c’è molto di più delle pagelle di Bruxelles.

Mirabelli, la Cartabia va avanti. Lei farebbe lo stesso?

È necessario mettere un punto fermo. Ben venga l’ascolto delle opinioni di tutti, poi bisogna andare avanti. La riforma della Giustizia e della Pubblica amministrazione è il presupposto per attingere ai fondi della ripresa.

Partiamo dalla spina più grossa: la prescrizione. La Cartabia ha trovato un compromesso: blocco dopo la sentenza di primo grado sia per assolti che per condannati, ma dall’appello sono introdotti i termini massimi per dichiarare il reato improcedibile. Funziona?

A me, rispetto a questa prescrizione processuale, sembra più lineare una prescrizione pura. Mi spiego: si potevano trovare correttivi per sterilizzare in modo più efficace i tempi morti e ogni attività dilatoria del processo. Che spesso si trascina a causa del cattivo funzionamento dell’organizzazione giudiziaria.

Quindi, il verdetto?

Il sistema così congeniato può offrire un buon compromesso, aspettiamo di vedere la stesura finale. Ci sono dettagli non secondari che emergeranno sulla base della delega. Ad esempio le modalità con cui opererà questa prescrizione, o meglio l’improcedibilità. È una garanzia per l’imputato.

Perché?

Non lo dico solo io, lo ha detto anche la Corte Costituzionale nei giorni scorsi con la sentenza sulla prescrizione in tempi di Covid. Si devono conoscere preventivamente i tempi in cui il reato viene perseguito e si giunge a una sentenza di accertamento.

Ha parlato di disfunzionalità dell’organizzazione giudiziaria. Come si può mettere ordine?

Da qualche parte si deve iniziare, è un errore sottostimare l’impatto che il malfunzionamento degli apparati ha sulla giustizia. Sul processo civile poi si aggiungono leggi pessime. La mole sorprendente dei procedimenti pendenti in Cassazione è anche dovuta a questa incertezza normativa.

Torniamo alla prescrizione. Il governo ha promesso di ridurre i ricorsi. La nuova riforma non rischia di fare il contrario?

Questa è un’altra emergenza. L’abbattimento del tempo del processo dipende dalla capacità di smaltimento e dal numero di sentenze che i giudici possono emettere. Ancora una volta il processo civile in tutti i suoi gradi, dal giudice di pace al tribunale e alla corte d’appello, è un caso esemplare. C’è quasi un anno di arretrato dell’attività giudiziaria, che si trasforma in un anno di ritardo sui processi in entrata.

Come se ne esce?

Una soluzione è aumentare il numero dei magistrati. O almeno coprire i posti attualmente vacanti che, le assicuro, non sono pochi.

La commissione Lattanzi aveva proposto l’inappellabilità delle sentenze di condanna e di proscioglimento del pubblico ministero. La proposta di riforma ribadisce solo i limiti già introdotti dalla Cassazione.

Qui entra in gioco la professionalità dei singoli Pm nell’evitare appelli inutili. La riforma si muove nella direzione giusta: l’appello deve essere ammissibile solo se ci sono prove attendibili e sufficienti per una sentenza di condanna. Sappiamo bene quante iniziative penali si traducono nel nulla al secondo grado di giudizio.

Però l’appello è una garanzia per l’imputato.

Soprattutto per l’imputato, e infatti sono contrario a eccessive restrizioni. Bisognerebbe riflettere sull’opportunità di un modesto aumento dell’organico in appello, anche a costo di ridurre lievemente quello dei tribunali. Consentirebbe alle Corti d’appello di fronteggiare meglio i processi.

Sulla priorità dell’azione penale la riforma dice: la politica deve stabilire solo i criteri generali, le procure devono interpretarli.

Un concetto un po’ elastico, difficile capire quali siano i criteri per l’esercizio dell’azione penale. Certo non possono essere il Csm e le procure a stabilirli. Si tratta di un atto politico e come tale spetta al Parlamento, con una legge che li indichi in maniera permanente e uniforme.

 

×

Iscriviti alla newsletter