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Jcpoa, tra Iran e Usa nuove trattative in corso?

C’è un accordo tra Usa e Iran? Secondo il ministro degli Esteri iraniano uscente Zarif, i negoziatori di Washington e Teheran hanno trovato un’intesa per ricomporre il Jcpoa e portare la Repubblica islamica fuori dal tunnel delle sanzioni. Il dipartimento di Stato frena su quella che è anche parte delle dinamiche politiche interne all’Iran

Secondo un rapporto preparato per il Majles dal ministro degli Esteri iraniano uscente, Javad Zarif, gli Stati Uniti avrebbero accettato di revocare la maggioranza delle sanzioni unilaterali contro l’Iran per ricomporre così l’accordo nucleare Jcpoa. Teheran dovrebbe riposizionarsi all’interno della compliance dell’intesa, in quanto dopo l’uscita americana dall’accordo (anno 2018, per volontà diretta dell’amministrazione Trump) e la re-introduzione della panoplia sanzionatoria, la Repubblica islamica aveva iniziato violazioni controllate su limiti di produzione e arricchimenti.

Nel rapporto presentato da Zarif e raccontato per primo da Barak Ravid su Axios, sono inseriti dettagli che non erano stati resi pubblici prima d’ora ed è il resoconto iraniano più ufficiale e completo sullo stato dei colloqui indiretti con gli Stati Uniti. Resoconto che va da sé, espone anche informazioni sul lato americano. Sulle tempistiche va fatto un piccolo quadro: Zarif, che già settimane fa si era lamentato di essere stato pressato dalle Sepāh nel suo lavoro negoziale e diplomatico generale, è in un momento in cui non ha niente da perdere.

Il gruppo politico in cui è inserito, quello dei pragmatici riformisti dell’ex presidente Hassan Rouhani, è stato sconfitto dopo due amministrazioni alle recenti presidenziali. Con la vittoria elettorale di Ebrahim Raisi i conservatori (con varie sfumature di posizioni, dalle più radicali alle più pragmatiche) controllano il policentrismo della Repubblica islamica. Per Zarif & Co. si prospettano almeno quattro anni in panchina, ed è possibile che Raisi passi al ruolo di Guida Suprema e il regno conservatore duri per altri anni ancora.

Per questo, il documento in lingua farsi serve anche come “volontà politica” di Zarif per l’amministrazione intransigente in arrivo, spiega Ravid. Il peso delle dinamiche interne non è dunque da tenere in secondo piano, sebbene un portavoce del dipartimento di Stato americano ha ammesso con Axios che sulle richieste di Zarif – priorità dall’Iran in tutti i vari round che in questi mesi si sono tenuti a Vienna per ricomporre il Jcpoa – non era stato raggiunto alcun accordo finale e “nulla è stato concordato finché tutto non è stato concordato”.

Non è una smentita. Secondo il rapporto di Zarif, Biden è pronto a rimuovere non solo le sanzioni reimposte dall’ex presidente Donald Trump quando si è ritirato dall’accordo, ma anche la maggior parte di quelle che Trump ha poi imposto con la sua strategia di “massima pressione”. Tra queste c’è per esempio la designazione terroristica del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran (le Sepāh, più noti come Pasdaran) e le sanzioni contro il leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei.

In ballo anche diverse sanzioni individuali, su cui peraltro il Tesoro si è già mosso rimuovendo alcuni iraniani con doppia cittadinanza tedesca accusati di fare affari con entità collegate al programma missilistico vietato dell’Iran. Secondo quanto riportato da Zarif, inoltre, verrebbe rimosso il meccanismo che impone le sanzioni secondarie, quelle che praticamente impediscano ad altri Paesi di fare affari con Teheran pena il subire misure sul territorio americano.

Chiaramente gli Stati Uniti non hanno accettato di revocare le sanzioni non connesse all’accordo sul nucleare che hanno preceduto l’amministrazione Trump: queste riguardano i link con il terrorismo, lo sviluppo di missili balistici e la violazioni dei diritti umani. Fattori intoccabili. Contemporaneamente Zarif ha invece spiegato nero su bianco che passi deve compiere l’Iran per raggiungere un’intesa e beneficiare del sollevamento della sanzioni: tra questi, l’attuazione del cosiddetto “protocollo aggiuntivo”, che consente ispezioni nucleari più rigorose delle Nazioni Unite, nonché la riprogettazione del reattore ad acqua pesante di Arak, la limitazione dell’arricchimento al 3,67 per cento e il blocco di alcune centrifughe.

Nel documento il ministro fa anche un ragionamento molto chiaro: “L’Iran ha dimostrato di poter rilanciare il suo programma nucleare molto rapidamente se necessario, a volte anche in meno di un giorno”, scrive. Ossia chiede pragmatismo: accettiamo di limitarci adesso, aspettiamo che scadano i tempi dell’intesa, poi vedremo se negoziare ancora o procedere secondo i nostri interessi. L’eliminazione delle sanzioni riqualificherebbe l’Iran sul piano internazionale e da questo l’economia trarrebbe enormi benefici.

Mentre sottolinea ciò che l’Iran può guadagnare da un accordo minimizzando qualsiasi concessione iraniana, Zarif esorta i membri del Parlamento e il nuovo governo a mostrare pragmatismo e scendere a compromessi piuttosto che giocare con l’opinione pubblica, spiega Ravid: “Nessun accordo è perfetto per entrambe le parti”, scrive il ministro, e “il massimalismo porta solo a negoziati erosivi e senza fine”. “Raggiungere un accordo richiede coraggio e volontà di dare la priorità agli interessi nazionali rispetto agli interessi personali”.

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