L’ex garante della privacy a Formiche.net: “Anche l’Ue sta affrontando sfide molto audaci e rischiose. È chiaro che il ruolo di Mario Draghi è centrale, non solo per il Recovery, ma per il suo prestigio personale. Europa sempre più fondamentale: nessuno stato membro da solo ha un volume di mercato sufficiente a garantire una sovranità digitale”
C’è un sistema da puntellare, tanto in Europa quanto in Italia, a fronte di macro sfide come la pandemia e la rivoluzione digitale. L’Italia si è portata avanti, non solo con il governo Draghi, ma con lo stesso premier e per il suo “prestigio personale”, osserva a Formiche.net il costituzionalista Francesco Pizzetti, già Garante della Privacy. Punto di partenza il Pd, ovvero il partito che più di altri ha garantito in Italia l’applicazione dell’europeismo, ma con un monito in chiave europea verso il nuovo banco di prova rappresentato dalla sovranità digitale.
I dem sono stati, da Mario Monti in poi, il partito della stabilità, che di fatto si è caricato sulle spalle il paese negli ultimi dieci anni rispetto alla scomposizione politica. Rischiano ora di perdere lo status di “equilibrio” sistemico fin qui avuto?
Penso che il problema centrale del Paese oggi sia restare in sintonia con l’Ue il più possibile. Anche l’Ue sta affrontando sfide molto audaci e rischiose. Date queste due premesse, è chiaro che il ruolo di Mario Draghi è centrale, non solo per il Recovery che è elemento essenziale, ma per il suo prestigio personale e per la statura europea che consente al governo da lui guidato e all’Italia di giocare un ruolo importante in Europa. Un ruolo che è strategico anche per la stessa Unione.
Quindi non possiamo considerare i problemi politici legati alla maggioranza solo da un punto di vista interno?
No, è pacifico. Credo che il Pd sia tra i soggetti politici italiani quello più attento alle dinamiche europee. Qui non si tratta di sapere quanto e fino a che punto si è europeisti, ma di capire che il problema è quello delle relazioni, dell’affidabilità e della collaborazione. In tale quadro mi sembra che il Pd si muova coerentemente con la sua storia e la sua tradizione. Sin dalle sue origini è stato legato all’evoluzione dell’Ue, in particolare alla terza via di Blair, che si è rivelata importante non solo in Europa, visto che per in alcuni momenti sembrava poteva essere esportata anche al di là dell’oceano. Per cui osservo che il Pd sta provando a svolgere ragionevolmente un ruolo equilibratore in sintonia con le sue tradizioni.
Questa sintonia avrà effetti diretti nell’elezione del prossimo Capo dello Stato, oppure la cabina di regia la vede altrove?
Il Pd è uno dei soggetti e, proprio per le dimensioni del quadro complessivo, neanche il perno. Vedo assolutamente centrale la scelta del prossimo Presidente, esattamente per gli stessi motivi per cui il governo Draghi svolge un ruolo dato appunto dal premier.
Le fibrillazioni di ieri sulla riforma della giustizia danno ragione a chi pensa che il sistema sia lontano dalla maturità politica che occorrerebbe in questi momenti?
Da osservatore faccio presente che è fondamentale per i partiti avere una visione non limitata alle prossime elezioni e al quadro nazionale. È chiaro che, per loro stessa struttura, hanno come obiettivo la ricerca del consenso elettorale, pur sempre il fondamento del loro ruolo. Ma oggi se un partito, italiano e non, avesse come unica meta il consenso interno, certamente farebbe riflettere sulla sua capacità di assecondare i tempi che stiamo vivendo.
Libertà e privacy: l’ha stupita la posizione di Massimo Cacciari sul green pass?
La privacy è una cosa seria e se ne dobbiamo parlare dobbiamo farlo in modo appropriato. Anche Cacciari l’ha evocata ma senza argomentare in modo sufficiente. Il Garante invece ha cercato di farlo, anche con riferimento ai dati contenuti nel Q code. Ma si tratta di un tema non solo nazionale. Cacciari ha espresso un’opinione politica e culturale, che mi è sembrata anche abbastanza apodittica. Di mestiere fa il filosofo e, in qualche modo, il suo richiamarsi a categorie filosofiche appare comprensibile.
Un passaggio sulla sovranità digitale, tema di cui si sta occupando: la Commissione europea procede nella giusta direzione?
Uno dei problemi è che si procede spesso per slogan, peggio se usando la lingua inglese. Ha ragione Draghi quando ha invitato alla cautela nell’uso dell’inglese e quando si cerca una traduzione italiana forzosa. La sovranità digitale è un’espressione affascinante, ma ho dei dubbi sul fatto che chi ne parla sappia esattamente cosa sia. Nel contesto dell’Ue è un passaggio semplice e banale: la consapevolezza della commissione, solo accelerata dalla pandemia, che l’epoca digitale rappresenti in qualche modo una nuova scoperta del fuoco. Proprio per i ritardi del sistema industriale dell’Ue, essa appare troppo dipendente per i servizi essenziali digitali. Gli Stati membri non hanno possibilità sufficiente di garantire che tali servizi non siano interrompibili per decisioni sulle quali essi stessi non hanno incidenza.
C’è il timore di rimanere al buio?
Esatto. Se noi europei vorremo giocare un ruolo nella società digitale come sistema economico-imprenditoriale e mantenere le nostre libertà e i nostri diritti, dovremo incrementare la capacità industriale di essere player globale, dedicando massima attenzione a poter essere meno dipendenti da fornitori di servizi essenziali nel sistema digitale, che sono situati in territorio Ue ma non sono sottoposti al controllo dell’Unione. Produciamo molte regole, ma nella consapevolezza che la loro applicabilità incontra molte difficoltà legate alla territorialità. Un tema questo estremamente, importante del quale si parla in modo troppo emozionale e a cui bisognerebbe dedicare la massima attenzione. Anche la stampa è troppo abituata a usare terminologie opache che suscitano emozioni. Questo il motivo per cui l’Ue oggi è fondamentale. Nessuno stato membro da solo ha un volume di mercato sufficiente a garantire una sovranità digitale.
Come potrà l’Italia farsi trovare pronta in chiave di Recovery?
Essere entrati nella società digitale rappresenta una grande sfida, ma serve capire che prima di tutto bisogna creare le condizioni per mantenere i diritti che ci siamo attribuiti. Posso vantare tutte le libertà costituzionali possibili ma se poi una libertà viene censurata da una piattaforma come dovremmo comportarci? Questo è il tema per cui la sovranità digitale diventa l’ossigeno indispensabile per vivere in questa epoca e nel futuro. Da questo punto di vista siamo in grande ritardo: le regole non sono più sufficienti, occorre farle valere in concreto rispetto al fornitore del servizio che magari opera in un altro continente. Ecco la nuova sfida che l’Ue ha davanti a sé.
@FDepalo