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Nessuno dimentichi il patto per Draghi. Gribaudo (Pd) chiama il time out (anche ai grillini)

“L’avvicinarsi del semestre bianco sta dando a molti la scusa e il tempo per guardarsi l’ombelico, pensare agli affari interni e al proprio consenso dimenticando il patto con cui abbiamo votato tutti la fiducia a Draghi”. Conversazione con Chiara Gribaudo, deputata del Partito democratico e componente della segreteria targata Enrico Letta

Nessuno dimentichi il patto con cui abbiamo votato tutti la fiducia a Draghi. Lo dice a Formiche.net la deputata dem Chiara Gribaudo, chiamata da Enrico Letta nella sua segreteria che, partendo dai dissidi interni ai grillini, traccia una mappa politica anche per il Pd. Punto di svolta il semestre bianco, che in nessun modo, precisa, deve valere come occasione per “guardarsi l’ombelico, pensare agli affari interni e al proprio consenso dimenticando il patto di maggioranza”.

Le incertezze sull’asse Grillo-Conte possono creare problemi di instabilità alla maggioranza?

I problemi di instabilità alla maggioranza li crea già il centrodestra, che manca di serietà e continua a fare due parti in commedia, dal tema dei licenziamenti al ddl Zan. Serve più lealtà e serve chiarezza sul significato per il governo di questa federazione di centrodestra, che nei fatti stiamo vedendo andare in scena sul pdl Meloni per l’equo compenso. L’avvicinarsi del semestre bianco sta dando a molti la scusa e il tempo per guardarsi l’ombelico, pensare agli affari interni e al proprio consenso dimenticando il patto con cui abbiamo votato tutti la fiducia a Draghi. Anche il Movimento 5 Stelle è attratto da questa dinamica, ma l’estate non può durare per sempre.

Il governatore emiliano Stefano Bonaccini ha detto che la postura piddina su “o Conte o morte” si è rivelata un errore. Che ne pensa?

Lo penso da prima di Bonaccini. Credo che far cadere il Conte II sia stato un errore perché, l’ho sempre detto, avrei preferito una maggioranza politica, senza dover scendere a patti con la Lega o Forza Italia. Ma non stava andando tutto bene, e la scelta di fare catenaccio senza avere i numeri al Senato per difendere la porta del premier, era perdente fin dall’inizio. In quel momento serviva conciliazione e riflessione, invece si è andati allo scontro e il governo si è schiantato. Il Pd, in quella fase, non ha toccato palla.

Cosa significa per il Pd avere due interlocutori come Conte e Grillo, anziché uno solo?

Il Movimento 5 Stelle ci ha abituati ad avere diverse anime, che nulla hanno da invidiare alle correnti del Pd, e che hanno sostenuto posizioni diametralmente opposte nel dibattito pubblico, ad esempio sul tema dei migranti o della sicurezza. Poi però l’uno di turno che valeva più uno di tutti decideva, anche se qualcuno nel frattempo veniva epurato. Non credo che la diarchia possa essere la soluzione per il Movimento, perché come abbiamo visto due leader hanno poi la tendenza a epurarsi a vicenda. Il Pd non può mettersi a rincorrere l’uno o l’altro. Gli interlocutori, e soprattutto il loro insieme di valori, devono essere chiari per costruire percorsi condivisi.

Le amministrative a Roma, Milano e Napoli cosa potranno dire sul progetto lettiano del Pd?

Enrico Letta ha ringiovanito il volto del Pd e sta riuscendo a posizionare il partito su temi importanti per le nuove generazioni. Se sarà riuscito ad avere un impatto sulla percezione che la gente ha di noi, sono sicura che lo vedremo soprattutto nella composizione del voto. Per il resto, sui territori contano molto le organizzazioni, il lavoro fatto pancia a terra, la capacità dei candidati di interpretare una speranza per una comunità. In questo senso Letta ha cercato di favorire, ovunque fosse possibile, una costruzione delle candidature dal basso e l’esercizio delle primarie per allargare il coinvolgimento dei cittadini in un momento in cui c’è un bisogno fortissimo di rafforzare il valore della partecipazione democratica, dopo mesi passati a seguire la politica soltanto di fronte a uno schermo.

La convergenza di IV con la destra sul ddl Zan è più un problema tattico oppure una opportunità in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica?

Ho rispettato le scelte di tutti coloro che sono usciti dal Pd, ma a un certo punto ho davvero smesso di capirle. Io so solo questo: se c’erano dubbi sulla legge, IV poteva modificarla diversamente già alla Camera, visto che all’epoca sono stati approvati proprio i loro emendamenti. Mentre adesso, modificare il ddl Zan e costringerlo a tornare alla Camera, significa seppellirlo nella bonaccia di fine legislatura.

twitter@FDepalo

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