Arabia ed Emirati Arabi Uniti provano a cercare un compromesso nello stallo Opec+ per aumentare la produzione e abbassare i prezzi, tra il derby Mbs/Mbz e la svolta green dell’Ue
Così come anticipato nelle scorse settimane dagli analisti che hanno conversato con Formiche.net, il prezzo del petrolio sta aumentando per una serie di fattori. Nel frattempo Arabia ed Emirati Arabi Uniti provano a cercare un compromesso nello stallo Opec+ per aumentare la produzione e abbassare i prezzi. Ma il nodo è in un tratturo più silente rispetto al pieno di carburante, ovvero nel derby tra principi ereditari, Mohammed bin Salman e Mohammed bin Zayed (per il momento solo congelato) e nella svolta green dell’Ue che metterà al bando benzina e diesel.
PREZZI SU
Il carburante ha fatto registrare il suo massimo in Italia dal novembre del 2018: il prezzo della verde sale a 1,65 euro al litro, il diesel a 1,509 con l’allarme lanciato dal Codacons (“In un anno pieno più caro di 12 euro”) e da Coldiretti (“In un Paese come l’Italia dove l’85% dei trasporti commerciali avviene per strada il record dei prezzi dei carburanti ha un effetto valanga sulla spesa”). Che cosa è cambiato rispetto a 12 mesi fa? I mercati petroliferi si erano in qualche misura stabilizzati dopo la decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione di circa 10 milioni di barili al giorno. Però quel dato è sceso nel frattempo a 5,8 milioni di barili al giorno.
COMPROMESSO, MA POI?
Nello stallo Opec+ si registra una novità: il compromesso con l’Arabia Saudita vedrà la produzione emiratina aumentare da 3,17 milioni di barili al giorno a 3,65 milioni. Il crollo dei prezzi ha portato a un’escalation delle tensioni tra Washington e Riyadh, poiché i produttori di petrolio americani, i cui costi di produzione sono evidentemente molto più alti di quelli dell’Arabia Saudita, hanno dovuto affrontare uno scoglio significativo per il loro business: si tratta di una minaccia oggettiva, talmente grave che metterebbe a rischio la loro stessa esistenza.
Secondo alcuni analisti i prossimi 20 mesi potrebbero essere forieri di altre tensioni (dopo il caso Shell) in seno Opec, in considerazione degli aumenti della capacità produttiva. È sufficiente scorrere i nuovi contratti di perforazione per accorgersene: il riferimento è a Schlumberger, Adnoc Drilling e Halliburton e Satah Al Razboot. Solo gli investimenti di Adnoc fino al 2025 sono già fissati a 122 miliardi di dollari in progetti di crescita, compreso l’aumento della capacità di produzione di petrolio a 5 milioni di barili al giorno entro il 2030. Inoltre si ragiona anche sui numeri cinesi: come è noto, la Cina è il primo importatore mondiale di greggio, per cui un calo delle importazioni da Pechino rappresenterebbe un segnale significativo per l’intero mercato.
DERBY CONGELATO
Ma lo scontro tra il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed non è finito. Solo momentaneamente congelato. In sostanza il fronte delle azioni messe in atto per combattere l’impatto economico di Covid-19, associate all’elevata disoccupazione in corso e agli annunci Ue di nuove politiche di transizione energetica, ha fatto sì che un numero crescente di paesi punti ad incassare quanto più possibile dalle proprie risorse di idrocarburi. E la plastica contrapposizione tra Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita ne è il segno più evidente, anche se non il solo, osservando lo scenario in prospettiva futura. Non c’è solo il dossier oil tra Mbs e Mbz, ma altre partite non meno significative che con l’energia si intrecciano, pragmaticamente e geopoliticamente.
DIESEL ADDIO
Da Bruxelles intanto parte una svolta green molto decisa, visto che la Commissione Europea ha presentato il concetto di clima “Fit for 55” per imprese e consumatori. Prevede che le auto a diesel o a benzina tra 13 anni saranno pensionate definitivamente, successivamente saranno immatricolate solo le auto nuove che non emettono CO2. Questo il dettaglio della proposta della Commissione Ue per l’attuazione degli obiettivi europei di protezione del clima, presentata ieri da Ursula von der Leyen e dal vicepresidente Frans Timmermans.
Le prime reazioni delle case automobilistiche sono improntate alla calma, come emerge dalle parole del numero uno di VW, Herbert Diess, al quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt: “Siamo preparati per l’ulteriore abbassamento dei valori di CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri, è diventato quasi irrilevante se la riduzione è di qualche punto percentuale in più o in meno”.
@FDepalo