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Stop alla plastica monouso. Pro e contro della direttiva Sup

L’entrata in vigore della Sup (Single Use Plastics) è un primo passo verso l’attuazione della Plastic Strategy europea. Oltre l’80% dei cittadini dell’Unione si dice preoccupato per l’impatto della plastica sull’ambiente e sulla salute. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse “solo il 15% dei rifiuti di plastica nel mondo e il 30% in Europa viene raccolto e riciclato”; il resto viene incenerito, finisce in discarica o nei mari

Entra in vigore oggi 3 luglio, anche in Italia, la direttiva che vieta l’uso dei prodotti in plastica usa e getta (single use plastics), meglio conosciuta come Direttiva Sup.

Approvata nel giugno del 2019, è stata recepita nell’ordinamento nazionale nell’aprile scorso e introduce il divieto alla vendita dei cotton fioc, dei piatti e posate usa e getta (forchette, coltelli, cucchiai), cannucce, aste per palloncini, contenitori con o senza coperchio (tazze e vaschette) sia nel consumo immediato (fast food) che all’asporto (take-away).

La legge di recepimento italiana (Legge di delegazione europea del 22 aprile 2021) prevede una riduzione dell’impiego anche per i bicchieri di plastica, equiparati alle tazze per bevande. Sono invece esentati dal divieto gli articoli monouso in plastica compostabile “certificata conforme allo standard europeo della norma UNI EN 13432 e con percentuali di materia prima rinnovabile laddove non sia possibile l’uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati a entrare in contatto con gli alimenti”. In pratica piatti, posate e cannucce.

È stata la stessa Commissione Europea a fissare le linee guida “riguardanti l’interpretazione e l’attuazione” della direttiva Sup, fornendo “orientamenti sulle principali definizioni contenute nella direttiva, oltre ad esempi di prodotti da considerare compresi o meno nel suo ambito di applicazione”.

Secondo la Commissione sono soggetti alla direttiva tutti i prodotti monouso realizzati in plastica in tutto o in parte, compresi quelli di carta con rivestimento in plastica. Non si applica, invece, ai “dispositivi di protezione individuale”, come le mascherine e i guanti monouso che, una volta utilizzati, diventano rifiuti.

Rispondendo ad una interrogazione parlamentare sulle possibili conseguenze economiche e occupazionali della messa al bando delle plastiche monouso, il ministro dell’Ambiente Roberto Cingolani ha ricordato che il decreto legislativo di recepimento prevede “un’apposita disposizione finalizzata a consentire l’immissione sul mercato di prodotti monouso realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata”. Sulla stessa lunghezza d’onda quello dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti che parla di “approccio ideologico che penalizza le industrie italiane”, e, pur condividendo gli obiettivi ambientali della direttiva, “occorre una riflessione più approfondita sulla transizione ecologica” che non può trascurare le conseguenze in termini di “fallimenti aziendali e disoccupazione”.

L’entrata in vigore della Sup è un primo passo verso l’attuazione della Plastic Strategy europea. Oltre l’80% dei cittadini dell’Unione si dicono preoccupati per l’impatto della plastica sull’ambiente e sulla salute. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, “solo il 15% dei rifiuti di plastica nel mondo e il 30% in Europa viene raccolto e riciclato”; il resto viene incenerito, finisce in discarica o nei mari. Non è un caso se l’80% dei rifiuti trovati sulle spiagge è di plastica e quelli monouso rappresentano il 50%.

L’obiettivo principale della direttiva è di ridurre la quantità dei rifiuti prodotti e di quelli dispersi in mare, “un fenomeno transfrontaliero a livello mondiale di dimensioni sempre più vaste: Ridurre i rifiuti marini, si legge nel testo della direttiva, è un passo fondamentale per conseguire l’obiettivo 14 dello sviluppo sostenibile dell’Onu: conservare e utilizzare in modo durevoli gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

Particolarmente preoccupato si è detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, affermando che “l’ingiustificata e sproporzionata applicazione della direttiva potrebbe sottoporre l’industria ad una interpretazione giuridicamente infondata ma del tutto inaccettabile per gli interessi nazionali”. La stessa preoccupazione espressa da Unionplast, la Federazione di Gomma e Plastica: “La messa al bando di piatti e posate di plastica ha devastato il nostro settore. Dietro questi accessori di uso quotidiano c’è un processo tecnologico, tanti investimenti e uno sviluppo industriale non indifferente. Così si manda a monte un’intera filiera”.

Eppure la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica registra traguardi di eccellenza, come dimostra l’ultimo rapporto di Corepla, il Consorzio per il riciclo degli imballaggi in plastica. La quantità di questi imballaggi immessi sul mercato in Italia nel 2020 è stata di circa 2 milioni 200 mila tonnellate: di pertinenza del Consorzio poco meno di 2 milioni. Di questi ne sono stati recuperati oltre un milione 800 mila tonnellate, il 95%, un dato che colloca il nostro Paese sul podio dei migliori in Europa. “Questi risultati”, ha commentato il presidente di Corepla Giorgio Quagliuolo, “dimostrano i passi avanti compiuti dal Sistema Italia nell’organizzazione del riciclo degli imballaggi in plastica in grado di fronteggiare cambi di prospettiva imprevisti e repentini”.

È stato invece accolto favorevolmente dal mondo delle aziende il rinvio al 1° gennaio 2022 dell’entrata in vigore della cosiddetta “plastic tax”, un’imposta diretta su tutta una serie di prodotti di uso quotidiano realizzati per un singolo uso, compresi i prodotti semilavorati e le preforme. “Bene il rinvio della plastic tax, commenta Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta i  produttori di bibite analcoliche, – ma il problema è solo rinviato. A gennaio le aziende si troveranno ad affrontare una doppia tassazione con l’entrata in vigore anche della Sugar Tax (la tassa sulle bibite a gusto dolce che assoggetta sia quelle zuccherate che quelle senza zucchero per combattere le patologie legate all’obesità, n.d.r.) con ripercussioni sulla domanda stimate in un -10%. È essenziale una riflessione seria su una fiscalità che aiuti e sostenga i consumi”.


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