Alberti Casellati, Berlusconi, Casini e le possibili mosse del centrodestra al momento del voto. Il politologo Gianfranco Pasquino dà la sua sarcastica versione a Formiche.net su quello che potrà accadere tra poco più di sei mesi al Colle, ricordando però che è giusto porsi il problema del Quirinale, ma è ancora troppo presto…
Mio nonno, che ha visto tante elezioni presidenziali, alcune proprio non divertenti, sostiene che alcune regolette valgono ancora. La prima è che i presidenti di Senato e Camera partono con un piccolo vantaggio. Quindi, fa bene a mostrarsi presidenziabile Maria Elisabetta Alberti Casellati che, fra l’altro, gode anche del vantaggio di essere donna, al momento giusto.
Roberto Fico non ha l’età, ma c’è un ex-presidente della Camera che ha l’età e non è appesantito da nessun bagaglio di scontri, cattiverie, politiche malfatte, ideologie, idee: Pier Ferdinando Casini. Da qualche tempo, il suo silenzio è anche il segnale che non vuole essere bruciato da nessuno. Non è pericoloso.
Certo, se qualcuno fa girare il nome di Romano Prodi, anche come risarcimento del pasticciaccio brutto del 2013, allora perché non riesumare Silvio Berlusconi. Senza tante remore ci pensa lui stesso, ma qualche cenno lo hanno già fatto Antonio Tajani e alcuni premurosi giornalisti di destra. Popolare, cristiano, europeista, liberale e tanto altro, Berlusconi non si sottrarrebbe all’arduo compito. I numeri, se il centrodestra si mantiene come coalizione relativamente compatta, non mancherebbero.
D’altronde, a questo punto, con la disgregazione anche solo parziale del Movimento 5 Stelle, al centrosinistra non basterebbe nessun isolato squillo di tromba. E i nomi mancano o sono davvero evanescenti. Mio nonno non vuole tirarli fuori questi nomi poiché, non avendo mai creduto nel detto “molti nemici molto onore”, cerca di non scontentare nessuno.
Al momento, con qualche riluttanza preferisce spiegarmi(vi) quale potrebbe essere la strategia del centrodestra se avessero un po’ di immaginazione politica. Non dovrebbero anticipare nulla, votando bianco o un candidato di bandiera di ciascuno di loro nelle prime tre votazioni. Poi, improvvisamente alla quarta votazione annunciare che convergeranno convintamente su Mario Draghi. Non sarà facile per molti parlamentari di centrosinistra chiamarsi fuori da questa “convergenza”. Né d’altronde potrebbero consentire che il merito dell’elezione di Draghi se lo attribuiscano tutto Giorgia Meloni e Matteo Salvini, concedendo a Berlusconi di annunciare che è stato lui a dirlo per primo.
La ratio di questo voto del centrodestra è che “promuovere” Draghi al Quirinale significa aprire la porta a un nuovo, improbabile governo oppure, questa è la prima opzione di Meloni e Salvini, a nuove elezioni politiche con la garanzia per l’Europa che comunque Draghi sovrintenderà all’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza e la garantirà.
Se questo scenario ha la plausibilità che gli attribuisce quell’attento e colto osservatore che è mio nonno, può essere evitato soltanto da qualche netta, ma per adesso prematura, dichiarazione di Draghi. Oppure da fortissime pressioni su Sergio Mattarella affinché accetti di rimanere fino alle elezioni del 2023. Il precedente di Giorgio Napolitano c’è e insegna che si potrebbe procedere in tal senso, ma con l’accordo, non molto probabile, del centrodestra.
Mio nonno che non smette mai di leggere e approfondire Kant e Weber sostiene che la Repubblica italiana è arrivata al punto in cui hanno un ruolo rilevantissimo alcuni intramontabili imperativi categorici, il senso civico e dello Stato, l’etica della responsabilità che certamente hanno Draghi e Mattarella. Molto, quasi tutto, dipenderà dalla loro interpretazione di quello che è giusto fare, non per le loro ambizioni personali, il loro posto nella storia italiana e europea è già assicurato, ma in base alla loro valutazione/preoccupazione per le condizioni attuali e prossime del sistema socio-economico e politico italiano.
Preoccupato anche lui, mio nonno conclude che è giusto porsi il problema del Quirinale, ma è too early to call, troppo presto. E anche se oggi è l’anniversario della Dichiarazione d’Indipendenza degli Usa, né lui né io pensiamo che quel presidenzialismo sarebbe la soluzione dei problemi politici e istituzionali italiani.