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Ratzinger torna a parlare e punta il dito contro lo spirito mondano della Chiesa

L’intervista rilasciata dal papa emerito all’Herder Korrespondenz tocca temi del confronto ecclesiale, alcune problematiche specifiche e indica un metodo che può aiutare a uscire dalle contrapposizioni ideologiche che nelle fasi di avvio di un confronto facilmente prevalgono

Il papa emerito rompe il silenzio per dare indicazioni importanti alla Chiesa tedesca, che affronta con divisioni e tensioni una stagione di discussioni aperte a tutti i fedeli in un momento di crisi.

Questa stagione si chiama sinodo della Chiesa tedesca, dove progressisti e conservatori si affrontano con agende molto diverse. Alle spalle di tutto questo rimane la durezza dell’esperienza dei casi di abusi che hanno coinvolto molte diocesi.

Dunque come ridare smalto a una Chiesa provata? Qui entrano anche specificità organizzative. Organizzata in modo molto diverso da quella italiana, la Chiesa tedesca ha un gran numero di funzionari laici, quasi sempre regolarmente retribuiti. Molti osservatori ritengono che questo sistema che voleva coinvolgere maggiormente il laicato nella vita della Chiesa abbia creato in alcuni settori una mentalità burocratica.

Joseph Ratzinger nella sua intervista non ha fatto ovviamente riferimento né a questi percezioni di alcuni né al sinodo. Il periodico Herder Korrespondenz ha anticipato alla stampa quanto pubblicherà a giorni e comunque ha rilievo che il papa emerito affermi: “Nelle istituzioni ecclesiali – ospedali, scuole, Caritas – molte persone sono coinvolte in posizioni decisive che non supportano la missione della Chiesa e quindi spesso oscurano la testimonianza di questa istituzione” e poi aggiunga che “i testi ufficiali della Chiesa in Germania sono in gran parte scritti da persone per le quali la fede è solo ufficiale”. Ma Ratzinger mette in guardia anche da una fuga nella pura dottrina, visto che la dottrina deve “svilupparsi nella e dalla fede, non accanto ad essa”. Perché una “dottrina che dovesse esistere come una riserva naturale, separata dal mondo quotidiano della fede e dalle sue necessità sarebbe allo stesso tempo una rinuncia alla fede stessa”.

I toni dello scontro tra le parti echeggiano invece in un altro passaggio, dove il papa emerito ricorda la lezione dell’unità, quella che non considera giusti gli uni e ingiusti gli altri: “La Chiesa è fatta di grano e pula, pesci buoni e pesci cattivi. Quindi non si tratta di separare i buoni dai cattivi, ma di separare i fedeli dagli infedeli”. L’invito di Ratzinger è a scegliere davvero il noi, con toni complessivi che appaiono nettamente ispirati alla lezione del Concilio Vaticano II.

A questo riguardo è significativo che Benedetto XVI sia tornato anche sul suo discorso di Friburgo, pronunciato nel 2011 quando era pontefice, due anni prima di rinunciare al papato. Allora il papa emerito esortò la Chiesa alla demondanizzazione, una indicazione che ricorda la frequente critica allo spirito mondano di Francesco.

Allontanarsi dalla “logica del mondo”, che vuol dire carrierismo, successo e altro oggi è cruciale, ma Benedetto XVI si chiede se la scelta della parola “Entweltlichung” (demondanizzazione), tratta dal filosofo Martin Heidegger, sia stata adeguata in quanto forse non ha “espresso a sufficienza” l’aspetto positivo della sua argomentazione. Questo aspetto positivo ovviamente è quello che comunica anche con la forte esortazione a scegliere davvero il noi, non seguendo esclusivamente il proprio convincimento personale.

L’intervista di Ratzinger dunque tocca temi di fondo del confronto ecclesiale, alcune problematiche specifiche e indica un metodo che può aiutare a uscire dalle contrapposizioni ideologiche che nelle fasi di avvio di un confronto così importante facilmente prevalgono.

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