Il premier russo visita le isole Kuril e manda un messaggio al coordinamento in corso tra Giappone e Stati Uniti
Guaio diplomatico a Iturup. Il primo ministro russo, Mikhail Mishustin, s’è recato in visita ufficiale nell’isola dell’arcipelago delle Kuril, territorio conteso tra Russia e Giappone. Tokyo ha protestato, anche perché il premier russo era lì per annunciare la costruzione di una zona economica speciale, senza dazi alla dogana e con un regime fiscale agevolato. Mosca ha definito “ostili” le rimostranze formali giapponesi, Mishustin ci ha messo del peperoncino dicendo che lui, visto anche il ruolo che occupa, ha il diritto di muoversi dove vuole all’interno del “territorio russo”.
Le Curili (italianizzazione di quelle che in russo sono le Kuril’skie ostrova e in giapponese Chishima rettō) si trovano tra la Kamčatka e l’isola di Hokkaido e fanno da barriera che chiude parte il Mare di Ochostk al Pacifico. Dell’arcipelago, il Giappone rivendica le quattro isole più a sud, che Tokyo definisce “Territori settentrionali”. La disputa dura da molti anni, ha avuto episodi drammatici come quello dell’abbattimento per errore del volo KE007 della Korean Airlines, e dopo qualche progresso attualmente è tornata in stallo per ragioni contingenti.
Nel 2020 il parlamento russo ha approvato una legge che impedisce alla Federazione di accettare la cessione di territori; vale per la riconsegna della Crimea, ma vale anche per i quattro isolotti desiderati dal Giappone. Vladimir Dzhabarov, senatore e vicepresidente della Commissione Esteri della camera alta di Mosca, ha spiegato alla Tass che per la Russia la questione “è chiusa”. L’idea di creare una Macao russa è puramente strategica. Potrebbe attirare capitali stranieri, ma allo stesso tempo serve come vettore per approfondire la presenza di Mosca in quei territori.
Per questo e non solo Tokyo protesta. A dicembre la Reuters aveva svelato che alcuni sistemi anti-aerei S-300 erano stati inviati proprio nell’isola di Iturup. La militarizzazione è parte di quella volontà di approfondire l’impronta nell’area al fine di rendere la situazione pesante, non negoziabile, e portare Tokyo al congelamento del dossier, ossia all’accettazione forzata dello status quo.
Mishustin riaccende la questione approfondendo il peso di quell’impronta nel momento in cui il Giappone si avvicina di più agli Stati Uniti, con cui inizia a coordinare risposte militari alle potenze rivali nell’area. Se è vero infatti che certi dispiegamenti rapidi, come il recente invio di batterie Patriot o di mezzi di valore strategico in Giappone, servono per mostrare capacità di azione alla Cina, altrettanto possono valere (come già succede per l’Europa orientale) davanti alla sponda Est della Russia.
Come per altri isolotti già utilizzati per certe attività, le Kuril giapponesi potrebbero diventare facile scalo di questi armamenti, visto che sono territori staccati dall‘Arcipelago nipponico, più facili da difendere e distanti dalle aree più popolose. Dal lato americano il doppio fronte Cina-Russia è un elemento utile di coordinamento con Tokyo. Visto da Mosca e da Pechino può essere testimonianza di come sia necessaria per le due “rival powers” una forma di cooperazione più profonda (che però ancora è prematura, se si considera la sfiducia reciproca che guida al fondo i rapporti sino-russi).