Neanche il tempo di veder partire l’ultimo convoglio americano e già l’Iran allunga le mani sull’Afghanistan. A Kabul gira una nuova milizia, Fatemiyoun. Così l’Iraq rischia di diventare un cortile di casa dei Pasdaràn
Col ritiro Usa l’Iran allunga le mani sull’Afghanistan. È sorta a Kabul una nuova milizia sciita filo iraniana, che si aggiunge a quella dei Fatemiyoun, che ha preso il controllo dei quartieri sciiti della città.
L’Iran sta approfittando del ritiro delle truppe degli Stati Uniti dall’Afghanistan per allargare la sua influenza anche in quel paese. Come già avvenuto in altri teatri di guerra come Siria, Iraq e Yemen, anche in Afghanistan il regime di Teheran sta approfittando della presenza di una minoranza sciita per entrare nel paese tramite la formazione di milizie armate locali fedeli agli Ayatollah di Qom. In questo caso però l’Iran sostiene di avere la forza e la capacità di trovare un equilibrio con i talebani e si presenta come elemento in grado di imporre stabilità al Paese.
Per raggiungere questo obiettivo Teheran non ha trovato di meglio che riprodurre le sue precedenti esperienze già viste in altre arene. Il giornale iraniano, “Jomhouri-e Eslami”, ha rivelato l’istituzione di una nuova milizia in Afghanistan chiamata “Mobilitazione popolare” per fermare l’avanzata dei talebani sulla capitale.
Si tratta di un’iniziativa sorta sulla falsariga di quella del Movimento di mobilitazione popolare (Pmu) iracheno, ma non solo. Secondo questa fonte, la milizia è apparsa di recente nei quartieri sciiti della capitale, Kabul, e si prepara a combattere i talebani. Il giornale iraniano ha aggiunto che il leader di questo gruppo si chiama Hassan al-Haidari, noto per aver già guidato delle formazioni armate in Iraq, aggiungendo che “le forze Fatemiyoun non sono entrate nella fase di mobilitazione generale contro i talebani”.
La nuova formazione filo iraniana si unisce quindi ad un’altra fazione afgana sostenuta dall’Iran, la “Brigata Fatemiyoun”, che gode di un significativo sostegno finanziario e militare dalla Forza Qods, che fa capo alle Guardie della rivoluzione iraniana, stimata in circa 30.000 uomini.
La “Liwa Fatemiyoun“, letteralmente “Bandiera Fatimide”, nota anche come Divisione Fatemiyoun o Hezbollah Afghanistan, è una milizia sciita afghana costituita nel 2014 per combattere in Siria a fianco del governo siriano di Bashar al-Assad. Le sue truppe erano state reclutate tra i circa 3 milioni di afgani in Iran e tra i rifugiati afgani già residenti in Siria.
Ai miliziani afgani era stata promessa la cittadinanza iraniana e stipendi di 500 dollari al mese per combattere mediamente 3 mesi in Siria. Il primo a guidare la milizia Fatemiyoun è stato il comandante militare afghano, Ali Reza Tawasli, ucciso in una serie di combattimenti nella città di Deraa, nel sud della Siria, nel 2015. Si tratta di un uomo vicino all’ex comandante della Forza Qods iraniana, il generale Qassem Soleimani, ucciso in Iraq all’inizio dello scorso anno dai droni Usa. Ora che il conflitto siriano è terminato in molti sono tornati in Afghanistan.
Nel settembre dello scorso anno, il ministero afghano dei Rifugiati ha annunciato che 81.566 profughi afgani erano tornati dall’Iran. La prima ondata di afgani tornati nel loro paese è iniziata dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano e hanno reimposto le sanzioni al regime di Teheran nel 2018.
L’arrivo di questa nuova organizzazione ha sollevato grandi timori in Afghanistan. Il controllore generale del ministero della Cultura afghano, Mohammad Qassem Wafaei, ha commentato su Twitter che “il regime iraniano sta lavorando per complicare le dimensioni della guerra in Afghanistan attraverso questo tipo di cospirazioni. L’incitamento e le minacce alla sicurezza contro il popolo afghano stanno accendendo un fuoco che sta investendo l’Iran”. Eppure il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha cercato di minimizzare la vicenda e ha detto, a un canale televisivo afghano, che il numero dei combattenti della brigata non supererà i 5.000 e potrebbe costituire una forza di supporto a quelle governative afgane contro i gruppi terroristi.
Oltre ad armare e sostenere i gruppi sciiti in Afghanistan, l’Iran è allo stesso tempo impegnato a tendere la mano al movimento talebano, lanciando iniziative pubbliche di apertura nei suoi confronti. Teheran ha annunciato di aver ospitato cicli di colloqui tra i talebani e una delegazione del governo nell’ambito dei sui suoi sforzi di mediazione per la riconciliazione politica nazionale in Afghanistan.
Non mancano infine le dichiarazioni delle due parti, quella governativa iraniana e quella talebana, nell’esprimere il loro reciproco rispetto per i confini comuni dopo che i talebani hanno preso il controllo del più importante valico di frontiera tra i due paesi, il valico di Islam al-Qalaa.
L’ambiguità dimostrata dall’Iran nell’arena afghana, tra il sostegno ai movimenti estremisti sciiti e l’apertura ai movimenti sunniti come i talebani, riflette la strategia adottata in passato in Libano, Yemen, Iraq e Siria e conferma la volontà di Teheran di approfittare di questo momento di incertezza in Afghanistan, dovuto alla ritirata delle truppe statunitensi e all’avanzata dei talebani in molte province, per estendere la sua influenza anche su quel paese.