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Vaccino anti-covid, così il Marocco punta a produrre per l’Africa

Il re del Marocco ha avviato un progetto in collaborazione con la cinese Sinopharm per la produzione nel Paese di vaccini anti Covid-19

Così come avviene da giorni in diversi Paesi della regione, anche in Marocco è ripreso l’aumento dei contagi da Covid-19. Il 6 luglio i casi positivi sono aumentati del 61,1% in 15 giorni. Il ministero della Salute ha lanciato l’allarme nel suo rapporto bimestrale. Il Rapporto indicava che il tasso di riproduzione del virus è salito a 1,3% a livello nazionale. Non è bastato quindi l’impegno del re Mohammed VI che in prima persona il 28 gennaio scorso ha lanciato dal Palazzo Reale di Fes la campagna nazionale di vaccinazione. In quell’occasione il sovrano ha ricevuto la prima dose del vaccino con l’obiettivo di immunizzare tutti i componenti del popolo marocchino. Il risultato è stato che, secondo i dati diffusi dal ministero della salute di Rabat, al 27 febbraio 3.600.000 abitanti del Paese avevano ricevuto almeno una dose di farmaco anti Covid su una popolazione totale di circa 37 milioni di persone. Eppure come sembra dagli ultimi dati diffusi dal governo, il timore è che questo slancio possa non bastare, soprattutto in vista dell’arrivo della variante Delta.

Per questo Mohammed VI ha sottoscritto il 5 luglio una serie di accordi relativi al progetto di produzione e mobilitazione del vaccino anti-Covid-19 e di altri vaccini in Marocco. Questo progetto rientra nel quadro della volontà di consentire al Regno di disporre di capacità industriali e biotecnologiche complete e integrate per la produzione di vaccini, secondo quanto spiega la stampa locale. Il Marocco non vuole solo essere autosufficiente ma mira a diventare un hub a livello africano e una piattaforma leader per la biotecnologia a livello continentale e globale nel campo dell’industria del “packaging”.

A questo risultato Rabat è arrivato grazie alle pressioni esercitate dagli scienziati marocchini. Lbachir BenMohamed, fondatore e direttore del laboratorio di immunologia cellulare e molecolare, dell’Università della California (Stati Uniti), aveva lanciato un appello alle autorità marocchine, esortandole a riunire le competenze e mobilitare i mezzi necessari per sviluppare un vaccino marocchino al 100%. “Se abbiamo le infrastrutture, i laboratori e soprattutto le fabbriche necessarie per fabbricarlo va fatto subito”, ha spiegato ai media marocchini.

L’azienda svedese Recipharm ha annunciato che l’unità di produzione di vaccini anti-Covid-19 in Marocco, che sarà installata su un’area di 42 ettari, dovrebbe essere operativa entro il 2023. In una dichiarazione, Marc Funk, CEO di Recipharm, ha affermato che questo progetto offrirà all’Africa “un’opportunità per acquisire gradualmente l’indipendenza sanitaria nei confronti dei paesi occidentali e contribuire a garantire che il continente sia meno vulnerabile in tempi di crisi. Siamo ben posizionati per garantire un trasferimento tecnologico di successo e operazioni di produzione di alta qualità”, ha affermato. Questo progetto mira a partire a breve termine con una capacità di produzione di 5 milioni di dosi di vaccino anti-Covid-19 al mese, prima di aumentare gradualmente tale capacità nel medio termine. Mobiliterà un investimento globale di circa 500 milioni di dollari.

Il Marocco ha fatto un grande passo in avanti per garantire la sua indipendenza nel campo della produzione di vaccini, ha affermato Lbachir BenMohamed, immunologo marocchino-statunitense, dopo la cerimonia di lancio del progetto di produzione in Marocco del vaccino cinese Sinopharm. Lo scienziato ha auspicato che questa iniziativa si estenda ad altre aziende farmaceutiche, come Pfizer e Moderna, aiutando il Marocco a ridurre i costi di produzione dei vaccini, aumentare la copertura vaccinale e garantire l’indipendenza del Paese nel settore.

Oltre ai vaccini, BenMohamed ritiene che il Marocco potrebbe posizionarsi anche nella nicchia delle immunoterapie, corrispondenti agli anticorpi monoclonali, trattamento che era stato pubblicizzato nell’autunno del 2020 quando è stato somministrato al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, molto prima della scoperta dei vaccini contro il Covid-19.


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