Il ministro della Difesa: “L’aver scelto di agire è stata una scelta non solo doverosa, ma soprattutto giusta”. Poi precisa: “Nessun nostro sistema d’arma è stato ceduto alle forze afghane”. Quello degli Esteri: “Coinvolgere tutti gli attori oltre a Russia e Cina” per evitare che l’Afghanistan torni a essere il santuario del terrorismo
Dopo dieci giorni dalla caduta di Kabul nelle mani dei Talebani e le polemiche ferragostane che non hanno però impedito al Copasir di accendere un faro sull’Afghanistan, il quadrangolare delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno svolto l’audizione dei ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini sotto la presidenza di Piero Fassino, presidente della commissioni Esteri della Camera.
LE RAGIONI DEL 2001
Entrambi i ministri hanno difeso l’intervento del 2001. “In questi 20 anni abbiamo contribuito a mantenere la stabilità regionale, contrastare il terrorismo, favorire più istruzione, diritti e libertà per il popolo afghano”, ha spiegato il capo della Farnesina parlando di “consapevolezza di non essere stati in Afghanistan invano”. “L’aver scelto di agire, di fare la nostra parte per contribuire alla sicurezza globale e per sconfiggere il terrorismo, è stata una scelta non solo doverosa, ma soprattutto giusta”, ha dichiarato il titolare della Difesa.
LA DIFESA DELL’OCCIDENTE
Entrambi gli esponenti del governo, che durante i loro interventi hanno fatto più volte riferimento all’interlocuzione con il presidente del Consiglio Mario Draghi, hanno sottolineato l’importanza della difesa e dell’unità dell’Occidente, in questa fase delicata. Invitando a evitare “una narrazione semplicistica e parziale della realtà, che punta il dito contro un unico Paese, gli Stati Uniti” e che “contribuisce a fomentare pulsioni antioccidentali”, il ministro Di Maio ha sottolineato che “l’Occidente deve evitare di lasciare un vuoto, che altri protagonisti geopolitici possano occupare indisturbati, alimentando oltretutto una propaganda che punta a minare la credibilità delle nostre democrazie”. Guerini, invece, ha evidenziato che l’Afghanistan non è la metafora del tramonto dell’Occidente: “Sono convinto, invece, che le democrazie liberali ed il loro patrimonio di valori e diritti siano un modello da difendere”. Questo però non esclude l’urgenza di una riflessione su quanto accaduto, hanno spiegato entrambi i ministri.
LE RAGIONI DEL SUCCESSO TALEBANO
Descrivendo le modalità con cui è avvenuta la caduta dell’Afghanistan nelle mani dei Talebani, il ministro Guerini ha individuato due ragioni per le quali “le cose sul campo sono andate in maniera radicalmente diversa” da quanto stimato da Nato e analisti internazionali: “da un lato abbiamo assistito a una rapida avanzata talebana, frutto di una campagna militare certamente pianificata in dettaglio (…); dall’altro, inaspettata o quanto meno non prevedibile nei modi in cui si è determinata, è stata la scarsa, se non nulla, resistenza posta delle forze di difesa e sicurezza afghane che in alcuni casi non hanno neanche impegnato in combattimento gli avversari, scegliendo di fuggire oltre confine o di arrendersi ai Talebani abbandonando, alla mercè di questi ultimi, mezzi ed equipaggiamenti”.
LE ARMI ITALIANE
“Sicuramente hanno anche influito alcuni fattori di natura tattico-operativa, quali quelli legati a una logistica non efficace ma, a mio parere, sono stati prevalenti quelli di natura politica, sociale e culturale che hanno portato al totale sfaldamento delle forze armate, con numerosi episodi di abbandono di mezzi e materiali e di capitolazione ai Talebani”, ha aggiunto il ministro Guerini. Che poi ha precisato: “Su quest’ultimo punto ribadisco in questa sede che nessun sistema d’arma o mezzo militare italiano è stato ceduto alle forze afghane al momento del rientro del nostro contingente”.
I NUMERI DEGLI AFGHANI EVACUATI
L’Italia è riuscita a mettere in sicurezza – “ovviamente i dati sono variabili di ora in ora”, ha precisato il ministro Guerini – 3.741 afghani di cui, attraverso l’esecuzione di 44 voli, sono stati già trasferiti in Italia 2.659 afghani (di questi il 38% sono uomini, il 30% donne e il 32% bambini) mentre altre 1.082 persone sono attualmente in volo o dislocate presso la staging area italiana dell’aeroporto di Kabul in attesa di essere imbarcati sui primi voli disponibili.
OBIETTIVO: LOTTA AL TERRORISMO
“Non possiamo permettere che il Paese torni a essere un rifugio sicuro e un terreno fertile per gruppi terroristici”, ha dichiarato il ministro Di Maio. Per questo, “dovremo trovare alleanze e coinvolgere tutti gli attori, specie quelli della regione, che condividono questa stessa preoccupazione, oltre a Russia e Cina”, ha aggiunto mentre il presidente Draghi si apprestava a raggiungere i colleghi del G7 per una riunione straordinaria pensata anche come occasione per ritrovare la compattezza dei Sette prima dell’eventuale riunione G20 sull’Afghanistan a cui sta lavorando il governo italiano.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
Martedì 7 settembre, alle ore 12, si svolgerà l’informativa del ministro Di Maio al Senato sull’Afghanistan. Alle 16 sarà, invece, alla Camera.
LE POLEMICHE PARLAMENTARI
All’audizione una novantina di parlamentari ha partecipato da remoto, un fatto che ha dato nuova vita alle polemiche dei giorni passati, quando fonti parlamentari citate dall’Adnkronos sospettavano che le Aule non siano state convocate la scorsa settimana, nonostante le polemiche ferragostane, “perché nei partiti c’è la paura di lasciare i banchi vuoti, dal momento che i parlamentari sarebbero ‘costretti’ a tornare prima dalle ferie”.