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Difesa comune Ue significa politica estera comune. Intervista a Camporini

Il generale Camporini lancia un’idea a Formiche.net: un’Ue in cui il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, guidi un nucleo di Paesi che inizi realmente a pensare in modo unito la politica estera comune. Elemento cruciale per parlare di difesa comune e autonomia strategica

Intervistato dal giornalista Gianluca De Feo su Repubblica, il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Unione europea, alla domanda cosa impedisce all’Ue di muoversi verso una reale autonomia strategica che la renda capace di gestire da sola missioni militari, rispondeva: “Manca la volontà politica. L’Unione adesso deve definire il suo interesse primario e porsi come attore efficace: deve essere più credibile e più assertiva, dotandosi degli strumenti necessari a concretizzare le sue ambizioni”.

Il tema è da tempo parte del dibattito ampio che coinvolge Bruxelles, le sue strutture, le sue visioni, i suoi obiettivi. A renderlo attuale quanto successo in Afghanistan, con il ritiro occidentale che ha coinciso con il ritorno al potere dei Talebani – organizzazione jihadista contro cui la Nato (dunque Usa e Ue) avevano combattuto per venti anni dopo il 9/11. Vicenda che nel ripensamento del ruolo dell’Alleanza Atlantica coinvolge anche l’argomento “Difesa comune europea”, come accennato dal generale Graziano e dall’Alto rappresentante Josep Borrell, che partendo dall’Afghanistan nei giorni scorsi ha parlato di autonomia strategica in un’intervista all’AFP.

“Dobbiamo organizzarci per affrontare il mondo così com’è e non il mondo che sogniamo”, e “dobbiamo analizzare come l’Ue può dispiegare ulteriormente le sue capacità e influenzare positivamente le relazioni internazionali per difendere i suoi interessi”, ha detto Borrell. Se l’autonomia strategica rimane in cima all’agenda di Bruxelles – che per necessità o volontà sembra più indirizzato verso la geopolitica – la domanda da porsi riguarda il come.

Secondo Vincenzo Camporini, generale italiano già Capo di stato maggiore della Difesa e responsabile del settore Difesa di Azione di Carlo Calenda, una forza armata comune europea sarà indispensabile, ma sarà utile e non sarà un dispendio di risorse solo quando ci sarà una politica estera comune. “Le forze armate sono uno strumento della politica estera, non sono uno strumento in sé, d’altronde abbiamo già i battlegroup e non lo abbiamo impiegati”, spiega a Formiche.net.

E allora la domanda, la cui risposta sembra quasi scontata, diventa: ci serve una politica estera comune? “La mia risposta è un a caratteri cubitali, chiaramente, e oggi abbiamo un’ulteriore dimostrazione che viene dall’Afghanistan. Ai tempi in cui Donald Trump ha stretto l’accordo con i Talebani, ha operato per interessi propri e e lo ha fatto escludendo Kabul e Bruxelles dal negoziato”, spiega il generale. Joe Biden ha seguito. In quell’intervista all’AFP, Borrell ha detto: “Mi dispiace molto per come sono andate le cose, ma nessuno ha chiesto il parere degli europei”.

Se l’Unione avesse agito da corpo unico, e non come una serie di satelliti, sarebbe andata diversamente? “Credo di sì – risponde Camporini – e se non ci mettiamo d’accordo di operare insieme sarà difficile farci percepire come interlocutore forte in futuro”.

E dunque, come mettere in pratica questo sforzo? Secondo il generale italiano che nel corso della sua carriera ha anche occupato ruoli di consigliere di massimo livello all’interno delle istituzioni italiane e internazionali (come la Nato), “la prospettiva per un accordo di tipo federativo europeo è lontana nel tempo, ma una situazione di crisi acuta come quella dell’Afghanistan potrebbe far scattare qualcosa”.

“La situazione in un Europa – continua – presenta aspetti interessanti. La Germania non ha deciso ancora quale sarà la leadership futura: manca un nome definitivo, manca anche un indirizzo. La Francia ha un presidente ai minimi nei sondaggi che si va a giocare la rielezione all’Eliseo il prossimo anno. In tutto questo emerge una figura come quella di Mario Draghi”.

Quale prospettiva? “Un’idea? Draghi a capo di un nucleo di Europa unita costituito da tutti i grandi, i Paesi fondatori. Quello sarebbe un magnete per tutti gli altri membri. Unico futuro possibile secondo me, per non accontentarsi di piangere sui poveri rifugiati come facciamo adesso con l’Afghanistan. Un modo che eviterebbe all’Europa di restare senza possibilità alcuna di incidere nella Storia”.


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