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Potere del Covid. La svolta planetaria delle banche centrali

La fase ultra accomodante delle grandi banche centrali con ogni probabilità finirà ma nulla sarà come prima. Dalla Fed alla Bce, fino al Giappone, secondo gli economisti di Generali flessibilità e lungimiranza saranno i nuovi totem della politica monetaria

Forse è davvero finita un’era. E ci voleva la grande pandemia da Covid perché tutto questo avvenisse. La politica monetaria globale non sarà più la stessa e con ogni probabilità entrerà in una fase nuova, fatta di maggiore flessibilità e attenzione all’economia reale. Insomma, meno pallottoliere e più senso della realtà. Di questo sono convinti gli economisti di Generali al punto da paventare una politica monetaria accomodante strutturale e non più legata alla singola emergenza.

Il tutto mentre in Europa, come raccontato da Formiche.net, ci sono Paesi, Austria in testa, che non hanno abbandonato il sogno di una Ue di nuovo vincolata al rigore di bilancio, al tetto per il deficit e a un’applicazione alla lettera del Trattato di Maastricht. Il cambiamento, però, è inevitabile. Tutto, si sa, è cominciato con la Bce targata Mario Draghi, ispiratrice al grido di whatever it takes, di un approccio monetario del tutto nuovo: non più solo guardiana del costo del denaro e dell’inflazione, ma strumento operativo al servizio dell’economia reale.

Dunque, denaro a costo zero o addirittura negativo e, più recentemente con Christine Lagarde in veste di successore di Draghi, un non scontato avvicinamento al tetto del 2% dell’inflazione, innalzando dunque il target per favorire una ripresa dell’economia che, presto o tardi, decollerà (ma molti osservatori vedono la mossa di Francoforte come un passo ancora timido e poco risolutivo).

Poi, è arrivata la Fed di Jerome Powell, il governatore della banca centrale americana imposto da Donald Trump salvo poi instaurare con l’ex presidente un rapporto che definire conflittuale è poco. Powell ha fatto dei tassi allo 0-0,25% il totem della sua gestione. Ora, come era lecito e logico attendersi, una revisione di tale politica ultra-accomodante arriverà verosimilmente con l’anno venturo, anche ma non solo sull’onda dei piani pandemici messi a punto dalla Casa Bianca a trazione democratica (al Congresso si sta cercando l’intesa sul piano per le infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari) che inevitabilmente surriscalderanno prezzi e consumi. Ma di strette mortali sui tassi in odore di austerity monetaria, probabilmente non se ne parlerà più

Di qui, la previsione degli economisti del Leone. “I timori di una stagnazione secolare e una maggiore attenzione alla disuguaglianza stanno portando ad una nuova era di politica fiscale e monetaria, soprattutto negli Stati Uniti”, si legge nel report. “La nuova strategia della Fed è orientata alla piena occupazione e tollererà una maggiore inflazione realizzata, anche se alcuni aspetti o metriche rimangono ancora piuttosto vaghi, richiedendo un attento monitoraggio del mercato del lavoro e delle aspettative di inflazione”.

Per quanto riguarda l’Europa, “la nuova strategia della Bce rafforza la forward guidance (linee guida, ndr) sui tassi, aumenta gli strumenti politici e rende la politica monetaria più green. In un contesto di bassa inflazione, le condizioni finanziarie saranno un fattore chiave per la politica della Bce”. E c’è anche il Giappone. “La BoJ si focalizzerà sulla definizione dell’espansione fiscale come mezzo migliore per superare i rischi di deflazione. Questo potrebbe essere il punto di partenza di a nuova era della politica macroeconomica, non solo negli Stati Uniti, ma a livello internazionale”. Insomma, d’ora in avanti più crescita e, forse, un po’ più di lungimiranza.

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