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Blinken all’Onu contro il bullismo di Pechino nel Mar Cinese

Accuse e contro-accuse tra Cina e Stati Uniti sul Mar Cinese. Il segretario Blinken denuncia Pechino durante una riunione sulla sicurezza marittima all’Onu. La Repubblica popolare risponde: sono gli Usa il problema

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha denunciato il “bullismo” nel Mar Cinese Meridionale e ha avvertito il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che un conflitto nella regione “avrebbe gravi conseguenze globali per la sicurezza e per il commercio”. Parole che hanno prodotto una dura reazione da parte della Cina, anche perché hanno toccato nel vivo uno degli interessi prioritari di Pechino — e quindi contemporaneamente uno dei terreni più delicati del confronto con Washington.

Il Mar Cinese Meridionale è diventato uno dei principali punti critici nella relazione tra Cina e Stati Uniti, con Washington che rifiuta quelle che definisce rivendicazioni territoriali illegali da parte di Pechino. Quelle acque sono ricche di risorse naturali (pesca e reservoir gassiferi) e cruciali per i traffici commerciali globali (ogni anno passano trilioni di merci), ma sono anche un terreno di prova per le ambizioni globali del Dragone. Una potenza proiettata con l’ambizione di elevarsi a modello internazionale non può permettersi di arretrare nelle rivendicazioni nel cortile casalingo marittimo.

Gli Usa ne sono consapevoli, e mentre sottolineano la necessità di avere libere navigazioni ovunque — e dunque pure nel Mar Cinese — pensano all’aspetto strategico per Pechino. Blinken ha parlato durante una riunione della più importante assemblea Onu (in cui Cina e Stati Uniti godono dello status di membri permanenti) focalizzata sulla sicurezza marittima. “Quando uno stato non subisce conseguenze per aver ignorato le regole [comuni], alimenta ovunque una maggiore impunità e instabilità”, ha detto.

La Cina rivendica vaste aree del Mar Cinese Meridionale che si sovrappongono alle zone economiche esclusive di Vietnam, Malesia, Brunei, Indonesia e Filippine. Per sostenere le proprie rivendicazioni, la Repubblica popolare ha militarizzato diversi isolotti occupati, avviando da diversi anni una politica aggressiva. “Abbiamo assistito a pericolosi incontri tra navi in ​​mare e azioni provocatorie per avanzare rivendicazioni marittime illegali”, ha affermato Blinken, aggiungendo che Washington era preoccupata per le azioni che “intimidiscono altri stati dall’accedere legalmente alle loro risorse marittime”.

Unità di Pechino nel Mar Cinese

Il vice ambasciatore cinese delle Nazioni Unite, Dai Bing, ha accusato gli Stati Uniti, esortandoli a “non creare problemi per nulla, inviando arbitrariamente navi e aerei militari avanzati nel Mar Cinese Meridionale come provocazioni e cercando pubblicamente di creare un cuneo nei paesi regionali”. “Sono gli Usa a essere diventati la più grande minaccia alla pace e alla stabilità nel Mar Cinese Meridionale”, ha detto Dai. La Cina in questi giorni è impegnata in una grande esercitazione in quelle acque. Tra queste, oltre diversi cacciatorpedinieri, è operativa la portaerei “Shandong”. La nave, la seconda portaerei cinese dopo la “Liaoning” ha ricevuto gli standard per essere dispiegata nell’ottobre 2020. Contemporaneamente anche altri paesi sono impegnati in manovre simili, con l’India per esempio che ha inviato nell’area due fregate per la prima volta.

 



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