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Carlo Maria Martini, un testimone vicino

Benedetto XVI e Carlo Maria Martini (2005)

Il cardinale Carlo Maria Martini, scomparso il 31 agosto 2012, era vicino a tutti, anche ai cosiddetti lontani, e continua ad esserlo: è una testimonianza pressoché unanime tra coloro che lo hanno conosciuto personalmente o attraverso i suoi scritti. Il ricordo di Rocco D’Ambrosio

Nove anni fa veniva a mancare Carlo Maria Martini. Ricordarlo, in questo tempo ecclesiale e civile, è un tentativo di ricevere lumi da una personalità che ha ancora tanto da insegnare sulla persona umana, sulla Chiesa, sul mondo.

Martini era vicino a tutti, anche ai cosiddetti lontani, e continua ad esserlo: è una testimonianza pressoché unanime tra coloro che lo hanno conosciuto personalmente o attraverso i suoi scritti.

“Era vicino a tutti”. La sua scomparsa precede di sette mesi l’elezione di papa Francesco, molto vicino a tanti, intenzionalmente a tutti. Eppure resta l’amaro riferimento a pastori che non lo sono oppure all’intera comunità cattolica italiana che spesso è poco vicina a tutti. Non è possibile quantificare, cioè conoscere quanti pastori e laici cattolici italiani sono vicini alle donne e agli uomini di questo tempo e quanti no. È importante, invece, porci il problema in termini di approfondimento e dialogo: la vicinanza o lontananza, motivazioni e prassi.

Perché spesso non siamo vicini? Martini e tutti i profeti di ogni tempo lo furono: riuscirono (e riescono) a farsi carico “delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, perché esse siano sempre più le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (Gaudium et Spes, 4). Diciamo semplicemente: e quale fu, qual è ancora oggi, il segreto di questa meravigliosa e tanto apprezzata vicinanza? Sono pienamente convinto che il tutto parta dalla libertà personale. Gli autentici cristiani e profeti sono donne e uomini profondamente liberi. Persone lontane da ogni forma di schiavitù. E sono schiavitù, nella vita personale come nella Chiesa e nel mondo, tutte le dipendenze e asservimenti a potere e/o denaro.

Scrive Francesco nella enciclica “Fratelli tutti”: “La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il “divide et impera”. (n. 12). La vicinanza s’incarna quando ci liberiamo, sempre più, di queste dipendenze di vario tipo, vere e proprie schiavitù. Del resto nessun profeta è stato schiavo di potere, denaro o altro; se lo fosse stato non avrebbe mai potuto vivere da profeta.

Ma è importante riflettere anche sul fatto che la libertà di cui parliamo deriva da un atto di consegna, di obbedienza. Al Cristo e solo a Lui. “Cristo ci ha liberati – ammonisce l’Apostolo – perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal. 5, 1). Non è un dato facile da spiegare: sono libero nella misura in cui divento schiavo di Cristo. Il Poeta direbbe intender non lo può chi non lo prova. Ma non voglio citare Dante per chiudere il discorso, rimandando tutto all’esperienza che ognuno di noi ha del rapporto tra obbedienza-consegna a Cristo e libertà che ne deriva. Voglio solo dire che la vita quotidiana ci dà mille conferme dell’autenticità di questa scelta e ci pone su un piano in cui la vicinanza a familiari, amici, colleghi di lavoro e persone che incontriamo per caso, non è ricerca artificiale ma è frutto della libertà interiore.

Quando si è liberi non si ha un ego da promuovere, o un marchio aziendale da pubblicizzare, o un progetto da imporre, o dei sentimenti da estorcere. Si ha solo il desiderio di restare liberi e di liberare, ogni giorno, cuore e mente per esprimere vicinanza. E la vicinanza ha i volti della tenerezza, dell’ascolto, del dialogo, del tempo dedicato, dell’aiuto economico. La vicinanza ha i volti dei profeti che abbiamo studiato e incontrato. E per loro – oggi per Carlo Maria Martini – rendiamo sempre lode a Dio.

Da loro abbiamo anche imparato che quando si evangelizza, nell’educazione come nella predicazione, si devono prendere delle posizioni, ma ciò non autorizza i credenti ad assumere atteggiamenti arroganti e offensivi nei confronti di chi professa idee diverse. Il rispondere, a chiunque domandi ragione della speranza cristiana, va fatto con dolcezza e rispetto (1 Pt 3,15). Il mondo – così come viene a volte descritto da qualche pastore e catechista: cattivo, ateo, miscredente, immorale, diabolico – non esiste. Esistono invece le persone, con tutto il loro carico positivo e negativo, di grazia e di peccato. Esistiamo noi, esisto io: tra e con le persone di questo mondo. Solo un’analisi superficiale e faziosa potrebbe portare a pensare che il mondo possa essere diviso in buoni, tutti da una parte, e cattivi tutti dall’altra. La frattura è ben più complessa e variegata di una divisione pura e semplice tra buoni e cattivi, in steccati rigidi e invalicabili tra loro; senza dimenticare, che per noi cristiani, la divisione tra bene e male passa prima di tutto in ognuno di noi, come insegnano le Scritture. E per redimere questo mio-nostro mondo dobbiamo essere vicini.

Un’ultima osservazione. “I figli di questo mondo – dice Gesù – verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16). E altrove aggiunge: “Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10). Inutile dilungarsi su persone e contesti che ci riportano all’importanza di essere scaltri, prudenti. Non esiste autentica vicinanza che non sia accompagnata da un profondo esercizio intellettuale, cioè da studio e ricerca costanti. Questo esercizio abilita i profeti a essere scaltri e prudenti. La vicinanza diventa scaltra e prudente quando facciamo fruttificare il dono dell’intelletto ricevuto. Essa è molto simile alla ‘guardinga umiltà’ di padre Cristoforo quando affronta don Rodrigo, per convincerlo a lasciare in pace Lucia. La scena, da parte del religioso, è molto differente dagli atteggiamenti che hanno alcuni pastori e laici cattolici quando incontrano i don Rodrigo attuali (corrotti e corruttori, massoni deviati, mafiosi e via dicendo). Purtroppo alcune volte alla guardinga umiltà si sostituisce un’asservita superbia, spesso e ancora per denaro e/o potere. In questo contesto va ricordato che la Scrittura invita a vicinanza con tutte le creature ma a completa e ferma lontananza da ogni forma di male. «Sta lontano dal male e fa il bene, e avrai sempre una casa” (Salmo 37).

E infine ancora le parole del profeta Carlo Maria Martini: “Dal sogno di una Chiesa così e della sua capacità di servire la società con tutti i suoi problemi nasce l’invito a lasciarci ancora sognare Lasciateci sognare! Lasciateci guardare oltre alle fatiche di ogni giorno! Lasciateci prendere ispirazione da grandi ideali! Lasciateci contemplare con scioltezza le figure che, come Ambrogio, hanno segnato un passaggio di epoca non con imprese militari o con riforme imposte dall’alto, bensì valorizzando la vita quotidiana della gente, insegnando che la forza e il regno di Dio sono già in mezzo a noi e che basta aprire gli occhi e il cuore per vedere la salvezza di Dio all’opera. La forza di Dio è in mezzo a noi nella capacità di accogliere l’esistenza come dono, di sperimentare la verità delle beatitudini evangeliche, di leggere nelle stesse avversità un disegno di amore, di sentire che il discorso della croce rovescia le opinioni correnti, vince le paure ancestrali e permette di accedere a una nuova comprensione della vita e della morte” (S. Ambrogio 1996).

Quel sogno è ora nelle mani di papa Francesco. Ma anche nelle mani di coloro che vogliono seguire il Cristo. Nessuno escluso.



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