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Il secolo di Xi sembra quello di Mao. Insurtech e fintech in mano allo Stato

China

Da Pechino in arrivo regole più stringenti sulle piattaforme tecnologiche che erogano servizi assicurativi. Puntuale il crollo in Borsa. E per i prossimi cinque anni non andrà meglio. Ecco perché…

Si può parlare di un nuovo maoismo, formato Terzo Millenio? La Cina sembra ciclicamente voler tornare alle origini del suo Stato moderno, un padre-padrone che tutto vede e tutto controlla. Forse è un segno di debolezza, frutto di un’economia scopertasi fragile e con un debito sovrano molto simile a un tumore difficile da rimuovere. Fatto sta che i segmenti più produttivi e dunque strategici per il Dragone, stanno per essere nuovamente sottoposti a una stretta da parte delle autorità centrali.

RITORNO A MAO

Un film, a dire il vero, già visto con i micidiali assalti del governo all’universo fintech, finito per essere demolito a suon di multe antistrust, scampate nazionalizzazioni e Ipo miliardarie fatte saltare (il caso di Ant, braccio finanziario di Alibaba è emblematico). Adesso nel frullatore sta per finire un comparto tra i più solidi del momento e simbolo a suo modo della tecnologia applicata ai servizi finanziari: l’insurtech, ovvero le polizze assicurative fornite da piattaforme tecnologiche.

ATTACCO ALL’INSURTECH

La zampata arriva dall’autorità di vigilanza bancaria e assicurativa che proprio in questi giorni ha deciso di intensificare il controllo delle piattaforme tecnologiche assicurative, applicando quello schema che ha messo in fuga gli investitori, intimoriti da una eccessiva invadenza dello Stato nell’economia.

Più nel dettaglio la commissione ha ordinato alle aziende insurtech e alle agenzie sul territorio di porre fine alle pratiche di marketing che non tutelano sufficientemente la privacy degli utenti. Chi non si adeguerà, hanno raccontato diverse fonti, dovrà affrontare l’ira di Pechino ovvero il possibile ritiro della licenza assicurativa.

L’attacco alle piattaforme online quotate ha colpito colossi quali Waterdrop, Ping An Group, ostacolandone in questo modo le previsioni di crescita. E pensare che quello dell’insurtech è un settore che era previsto crescere fino a 2,5 trilioni di yuan (385 miliardi di dollari) in un decennio. La China Banking and Insurance Regulatory Commission ha spiegato come “negli ultimi anni, l’assicurazione online si è spostata su una corsia di sorpasso. Allo stesso tempo, le trasgressioni sono state dilaganti”. Immediate le reazioni, negative, in Borsa. La piattaforma assicurativa Huize, quotata negli Stati Uniti, ha perso il 5%, il massimo in due settimane mentre Fanhua ha perso quasi il 6%. E le azioni di ZhongAn Online P&C Insurance C sono scese dell’8,7%.

NESSUNO SI SALVA

Finita qui? Nemmeno per sogno. Che a Pechino ci sia una certa nostalgia dei bei tempi andati è provato anche dalla pubblicazione di un piano quinquennale per rafforzare la stretta normativa su settori strategici, tra i quali, per l’appunto tecnologia e assistenza sanitaria. Cosa prevede il piano e come la Cina vuole monitorare la sua economia? Il Comitato Centrale del Partito Comunista e il Consiglio di Stato hanno pubblicato insieme un documento politico il cui scopo sarebbe ampliare la legislazione di controllo del governo per “soddisfare le crescenti richieste delle persone per il benessere”.

Pechino sembra aver voluto fornire indicazioni sull’ampiezza e sulla durata della sua revisione normativa, anche se il documento non ha fornito un elenco di istruzioni o misure specifiche. Ma gli analisti hanno detto chiaro e tondo che la repressione si intensificherà. Il senso di fondo è comunque l’urgente necessità di una legislazione aggiuntiva per disciplinare i settori tecnologici e risolvere le questioni antitrust essenziali per migliorare i mezzi di sussistenza delle persone. Ma il succo è una bella stretta sull’economia. E Mao cosa direbbe?

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