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Occhio alla variante. Confindustria frena gli entusiasmi sul Pil

A luglio, dopo lo sprint di giugno e le rassicurazioni dell’Istat, la produzione industriale cala dello 0,7%. Ma sono le aspettative degli imprenditori a preoccupare. Per questo azzeccare le riforme connesse al Pnrr diventa un match point per l’Italia…

La paura si sa, è contagiosa. E dalla grande euforia per un Pil al 6% a fine 2021 al timore per un ripiegamento dell’economia, il passo è breve. C’è di mezzo la variante la variante Delta, nemmeno a dirlo, e una campagna vaccinale a pieno ritmo ma non ancora giunta a meta. Fatto sta che nemmeno 24 ore dopo i dati positivi dell’Istat sull’andamento dell’industria a giugno, dal Centro Studi di Confindustria anticipano venti contrari.

Dove sta il problema? Nella produzione industriale, motore di ogni economia avanzata. La quale, affermano da Viale dell’Astronomia, comincia a dare segni di cedimento, segnando a luglio un -0,7% con sullo sfondo gli effetti della diffusione della variante Delta come possibile ostacolo per la ripartenza. Il calo della produzione, scrive Confindustria, è legato “sia a un maggiore ricorso alle scorte di magazzino, necessario per soddisfare l’afflusso di ordini, sia ad alcune strozzature dell’offerta lungo la filiera produttiva internazionale dovute alla scarsità di alcune componenti e materie prime”.

Non è tutto. Il rallentamento di luglio emerge anche da altri indicatori. “I livelli di attività si attestano su valori poco inferiori a quelli di febbraio 2020. La variazione congiunturale nel secondo trimestre è di +1%, dopo +1,3% nel primo, e la variazione acquisita nel terzo è di -0,5%. La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, aumenta in luglio del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2020 (+13,9% in giugno)”.

Ma è nelle aspettative che si annida la paura. “Si è osservato un forte rallentamento delle aspettative, scese al livello più basso da aprile 2020 proprio per i crescenti timori di una recrudescenza del virus e un rafforzamento delle restrizioni. Il ritorno dell’incertezza rischia di diventare il principale ostacolo alla ripresa in corso”.

A questo punto, la riuscita del Pnrr e delle riforme ad esso legate, diventa fondamentale. Lo hanno ricordato proprio pochi giorni fa da Cassa Depositi e Prestiti Think Tank, il pool di economisti coordinati da Andrea Montanino. Secondo i quali, “un’efficace realizzazione delle riforme previste dal Recovery plan nazionale, consentirebbe all’Italia di recuperare, in soli quattro anni il livello di Pil che aveva nel 2007, prima della crisi finanziaria globale. L’obiettivo senza riforme, invece, sarebbe raggiunto in un arco temporale molto più lungo: nel 2031”.

Insomma, “gli effetti delle riforme determinerebbero un innalzamento del sentiero di crescita nel lungo periodo, rafforzando in modo consistente e duraturo l’effetto degli investimenti pubblici collegati al Recovery plan. Le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia e quelle per la semplificazione e la concorrenza hanno come obiettivo principale il miglioramento della qualità delle istituzioni. Da un punto di vista economico, questo miglioramento metterebbe in moto diversi meccanismi, che in definitiva porterebbero a piani di investimento privato più ambiziosi”.

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