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Conte nuovo leader della sinistra. Il Pd dormiente e i nodi del governo secondo Mannino

L’ex ministro democristiano legge la politica italiana. “Il governo Draghi è stata una benedizione, ma ora serve accelerare sul Recovery”. Il centrodestra? “Sono compatti perché prevale la ragione politica”. Conte? “Il leader riconosciuto della sinistra, anche dal Pd”

Parlare con Calogero Mannino è un po’ come sfogliare una pagina di Gesualdo Bufalino. La prosa sicula leggermente baroccheggiante fa da colonna sonora a un’analisi lucidissima del quadro politico italiano. Che ad agosto sembra assorto nella calura delle lunghe giornate estive. Ma che, in realtà, sobbolle. L’ex ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno ed esponente di punta della Democrazia cristiana ha il barometro politico perfettamente sotto controllo. E, nella conversazione con Formiche.net, parte dal ringraziare “la divina provvidenza per averci mandato Mario Draghi”.

Mannino, la sua opinione sull’operato di questo esecutivo è dunque più che positiva.

Parlano i fatti. A marzo dello scorso anno eravamo in una situazione drammatica. Sia dal punto di vista gestionale che dal punto di vista sanitario. Il governo guidato dal Giuseppe Conte ha contribuito a creare del debito, senza avere una visione, una strategia. Privo di indirizzo e destinazione. Di fronte a una situazione così tragica si è imposta la necessità di avere alla presidenza del Consiglio dei ministri un premier politicamente e tecnicamente preparato. Che sapesse gestire i rapporti con l’Europa e che avesse credibilità internazionale. Tuttavia, tanti punti interrogativi rimango.

Quali sono gli elementi sui quali è perplesso?

Con la gestione della pandemia e del post (se ci sarà), più di tutto gli investimenti che verranno fatti con le risorse del Recovery Fund. Il governo ha il merito di aver gestito bene l’emergenza, ora però serve concretezza operativa.

Su cosa intervenire con maggiore priorità?

In questi giorni si è posto ad esempio il problema della scuola. Che non deve essere affrontato solo per risolvere la contingenza logistica delle riaperture in presenza. La scuola italiana deve uscire dalla crisi nella quale è stata cacciata da almeno trent’anni. Ormai è diventato un luogo di avviamento professionale. In realtà, servirebbe una scuola capace di formare classe dirigente una comunità di cittadini consapevoli. Insomma, da cattolico, dico che occorrerebbe tornare alla lezione di Giovanni Gentile.

Pur riconoscendo a Draghi indiscutibili meriti come premier, c’è chi vocifera di una sua candidatura al Colle. È un’ipotesi plausibile?

Sono convinto che Draghi avverta la necessità di non avventurarsi in alcun segno di disponibilità per il Colle. Per la semplice ragione che essendo un politico intelligente ha capito che tutti i partiti hanno progetti propri per il futuro. Lo spazio di convergenza a priori per un’intesa pressoché unanime attorno al suo nome, come candidato alla presidenza, non c’è. La domanda è un’altra: tutti i partiti sarebbero disposti ad accettare la riproposizione di Mattarella? Se lo sono, lo devono formalizzare quanto prima. Sennò, il rischio è che davvero ogni forza politica avanzi un proprio candidato.

Renzi, ad esempio, in una recente intervista ha dichiarato che il nome di Casini non sarebbe da escludere. Che ne pensa?

Se è già è spuntato il nome di Casini, nome che potrebbe essere considerato positivamente sotto il profilo dell’uomo) significa che comunque non tutti sono d’accordo con l’ipotesi di riconfermare il Presidente uscente. A questo punto si apre la discussione sull’intesa da formalizzare per eleggere un Presidente al Colle che consolidi la durata del governo e di conseguenza quella della legislatura.

Il Movimento 5 Stelle sta imboccando un nuovo corso sotto la leadership di Giuseppe Conte. Avrà futuro?

Conte deve fare in fretta a definire le basi della sua leadership che coincideranno con le basi della sopravvivenza politica del Movimento 5 Stelle. È fin troppo chiaro che i 5 Stelle di oggi e di domani non potranno più essere quelli delle scorse elezioni. Dunque, l’ex premier gioca la sua partita in campo aperto. Una partita che corrisponde alla sua esigenza di tenere il timone dell’intera area di sinistra nelle proprie mani. Così come era l’intendimento di Goffredo Bettini. E di buona parte del Pd, in definitiva.

Sta dicendo implicitamente che il Pd attraversa un periodo difficile per la propria identità?

Il Pd e la sinistra in generale riconoscono in Conte il leader. Una conseguenza della debolezza di tutti i segretari che sono arrivati dopo Bersani. La sinistra, non avendo definito la propria fisionomia, si trova adesso in questa condizione. L’occasione mancata è stata la leadership di D’Alema (l’unico che sarebbe stato in grado di traghettare il partito, dopo la caduta del muro di Berlino, verso un traguardo che non fosse prelevato da una figura del mondo vegetale, dalla Quercia all’Ulivo). In definitiva, i dem restringono i loro proponimenti attorno a un punto unico: l’alleanza con Conte. Il che indica l’impossibilità di assicurare a Draghi la continuità di governo.

Alcune città strategiche come Milano e Bologna, con ogni probabilità, verranno confermate al centrosinistra, però…

A quel punto davvero si aprirà la partita delle sciabole. Questi risultati auspicabilmente ragguardevoli per i dem, li indurranno a sentirsi muniti di sciabola. E a quel punto, si esacerberanno ancora più gli animi per la partita quirinalizia.

Anche il centrodestra è percorso da rivalità e malumori con la Lega in declino, Meloni in crescita e Berlusconi che tenta la mediazione con l’operazione rassemblement. Chi pensa possa essere il nuovo leader della coalizione?

Dipenderà da una serie di fattori che non sono solamente i voti. Salvini, Meloni e Berlusconi sono costretti dalla ragione politica a rimanere assieme. Tanto più che se vogliono governare il gioco e non esserne vittime, la coalizione si deve presentare compatta. L’operazione di Berlusconi risponde a un progetto europeo: la corresponsione nei partiti nazionali del fronte popolare tedesco a Bruxelles. In questo si evince ancora una volta, nell’occasione,  la pronta lungimiranza politica del leader di Forza Italia.

Lei ha avuto a che fare spesso con la giustizia. Cosa pensa della riforma Cartabia?

Diciamo che è un buon inizio. Ma c’è ancora tanto da fare: dalla riforma del Csm alla disciplina dell’ordinamento giudiziario.

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