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Delta e monoclonali, i dubbi di un sì-vax. Botta e risposta Burioni-Crosetto

Nonostante la doppia dose Pfizer, il coordinatore di Fratelli d’Italia ha contratto la variante Delta del Covid. I dubbi sull’efficacia del vaccino? “Non sono un no vax”. La strada dei monoclonali e il botta e risposta con Burioni

Sta facendo discutere il tweet postato questa mattina dal coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. D’altra parte, sia sui vaccini che sul green pass in casa centrodestra e non solo, gli animi sono sempre più esacerbati e divisi. “Ho fatto due dosi Pfizer. La seconda l’11 aprile. Dopo mesi, con anticorpi, ho preso la variante Delta. Sono stato malissimo. Poiché diabetico e cardiopatico, mi hanno fatto monoclonali. Sono guarito”. Poi, la nota tra l’ironia e la polemica. “Non avrò il green pass per settimane – così Crosetto – se mi faccio domane, mi danno del no vax”.

Dalle 10 e mezza del mattino, come spesso accade per i suoi tweet, i like e le condivisioni sono state migliaia. Non pago, nel primo pomeriggio Crosetto ha rilanciato con un altro cinguettio. “Mi dicono che la mia casistica rientrerebbe nel 5-7% dei vaccinati e sarebbe dovuta alle mie problematiche di salute – si legge nel secondo tweet – Comunque, volevo dire che ci si può ammalare (magari meno e poco) anche vaccinati, quindi attenti. E, i monoclonali, funzionano”.

Per l’epilogo il coordinatore di Fratelli d’Italia se la cava con un “adesso basta”. Uno fra i più celeri a commentare il tweet di Crosetto è stato il virologo Roberto Burioni che, sulla sua pagina, ha scritto a chiare lettere: “Non sappiamo cosa significhi il ‘sono stato malissimo’ di Guido Crosetto’, ma il fatto che una persona a rischio come lui sia qui a porsi domande (legittime) potrebbe essere possibile grazie all’efficacia del vaccino, e grazie al fatto che non è un no vax”.

La questione dei monoclonali è a sua volta particolarmente spinosa. In Italia salgono le prescrizioni di anticorpi monoclonali contro il Covid-19. Stando ai dati che emergono dall’ultimo report di Aifa (che risale a qualche giorno fa), sono poco meno di settemila i pazienti che sono stati sottoposti a questo tipo di cura di contrasto al Covid.

Va detto comunque che gli anticorpi monoclonali non hanno ancora ricevuto l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali. In particolare, è stato autorizzato temporaneamente l’anticorpo monoclonale bamlanivimab (il cui utilizzo in monoterapia non è attualmente consentito) e l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab, prodotti dall’azienda farmaceutica Eli Lilly, nonché l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche, e l’anticorpo sotrovimab prodotto dalla ditta GSK.

Dal 10 marzo, quando questi medicinali sono stati autorizzati in via emergenziale in Italia per persone particolarmente fragili con infezione recente da SARS-CoV-2 e senza sintomi gravi, al 15 luglio, sono state 195 le strutture di 21 Regioni o Province autonome che hanno prescritto queste terapie.

La maggior parte dei pazienti trattati (3.477), ha ricevuto la combinazione dei due anticorpi bamlanivimab e etesevimab, seguita dal mix casirivimab-imdevimab (1.961). Dall’inizio del monitoraggio, in numeri assoluti resta il Lazio la regione con il maggiore utilizzo, seguito dal Veneto e dalla Toscana. Maglia nera per Molise e provincia autonoma di Bolzano.

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