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Concorrenza e fisco, appunti per Mario Draghi. Parla Di Taranto

L’economista e storico a Formiche.net: ora che i soldi del Recovery Fund ci sono per davvero occorre mettersi al lavoro, le priorità sono fisco e concorrenza. La Pa va semplificata o rischiamo di mancare gli obiettivi del Pnrr. Il ritorno dell’austerity? L’Austria ci sta tendendo una trappola, Maastricht non può avere più senso a meno che non si cambino le sue regole

Il primo autunno di Mario Draghi formato premier. I 25 miliardi promessi dall’Europa, prima tranche del Recovery Fund destinato all’Italia (209 miliardi, euro più euro meno) sono sui conti della Tesoreria da tre settimane buone. Ora bisogna lavorare di bisturi e immaginazione, senza prendere la classica tangente. In una parola, le riforme. E sempre con un occhio bene aperto su Bruxelles, dove le tentazioni rigoriste imbevute di austerity, non sono certo sopite. Austria docet. Giuseppe Di Taranto, docente e storico dell’economia, prova a leggere l’attuale momento, non risparmiando suggerimenti preziosi.

L’Italia ha incassato i suoi primi miliardi frutto del Recovery Fund. Ora, come direbbe qualcuno, al lavoro…

Può dirlo forte. Ci sono riforme di assoluta urgenza e importanza. Il fisco, con la revisione degli scaglioni Irpef e poi una buona legge della Concorrenza di cui si sente la mancanza. Ma non è finita qui, abbiamo la riforma della giustizia e, naturalmente, della Pubblica amministrazione.

Quanta carne al fuoco. Scegliamone due.

Ho pochi dubbi su questo. Certamente la riforma fiscale e la legge sulla Concorrenza sono le priorità. E mi pare che stiamo avvicinando a questi due traguardi, è una buona notizia.

Lei ha parlato della Pubblica amministrazione. Il ventre molle dell’Italia e, forse nostro malgrado, la macchina cui affidare le risorse dell’Europa. Come la mettiamo?

Qui la parola d’ordine è semplificazioni. In Italia per realizzare un’opera pubblica di piccolo taglio impieghiamo in media 4 anni, per importi vicini ai cinque milioni ce ne vogliono dieci. Lo sa che vuol dire? Che rischiamo di non riuscire a completare le opere previste dal Pnrr, entro il 2026. Non le pare grave?

Sì, lo è. Ma c’è un signore a Palazzo Chigi che si chiama Mario Draghi. Forse il miracolo può riuscire…

Forse. Per il momento mi limito ad applaudire Draghi per aver attuato il fondo complementare per le opere, che servirà a realizzare gli interventi non previsti dal Pnrr. Questo faciliterà l’attuazione del Pnrr stesso, perché è uno strumento collaterale.

Parliamo d’Europa. C’è chi vuole ancora l’austerity, come l’Austria. Ma allora la pandemia non ci ha insegnato un bel niente…

Vuole sapere quale è il vero pericolo? Il ritorno delle vecchie regole di bilancio, nel 2023.

Non mi starà parlando del Patto di Stabilità…

Sì, purtroppo sì. Quelle regole, se torneranno e forse torneranno davvero, causeranno il fallimento dell’Europa stessa. In questi mesi economia come Germania, Italia e Francia, hanno gonfiato i loro deficit e dunque i loro debiti. Tornare a quelle regole vorrebbe dire l’automatico default di questi Stati. Ma la cosa più grave è un’altra…

La ascolto.

Il ritorno del Patto è contrario allo spirito del Pnrr che è tutto improntato alla crescita, alla spesa, al benessere e agli investimenti. L’austerity, dove si è manifestata, ha causato solo disastri. Una incredibile e folle contraddizione.

Allora non abbiamo imparato la lezione.

Temo di no. L’Italia e molti altri Paesi rischiano di cadere nella trappola dei Paesi frugali. Non abbiamo capito che queste politiche sono sbagliate, nemiche dell’economia e del benessere delle persone. Lo ha detto pure Mattarella che occorre riformare il Patto di Stabilità. E poi scusi, ma lo sa che il tetto del 3% non ha alcuna base scientifica? Ma di cosa parliamo, andiamo…

Maastricht non ha più senso dopo la pandemia?

No, se non si cambiano le regole. Se le regole cambiano possiamo pure tenercelo, altrimenti è qualcosa di fuori dalla nostra storia recente. Oggi di quelle regole non sappiamo che farci, a meno che non le si cambino.

 

 

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