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I veri nodi della disoccupazione giovanile e del reddito di cittadinanza

Le politiche pubbliche continuano a disincentivare i giovani all’impiego e siamo in assoluto tra i Paesi più in ritardo d’Europa nell’avvio di una seria politica attiva del lavoro, per la quale pur vi sarebbero 4 miliardi a disposizione nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. La necessaria riforma del Rdc secondo Luigi Tivelli

L’ultimo dato significativo relativo alla condizione dei giovani italiani è quello fornito nei giorni scorsi da Confcommercio secondo cui nell’ultimo decennio sono 345.000 i giovani con meno di 39 anni che hanno scelto di lasciare il nostro Paese. Il dato mi sembra onestamente sottovalutato perché spesso i giovani che emigrano non si registrano all’anagrafe dei paesi in cui vanno e per altri fattori. In ogni caso ciò che è ancora più significativo è che fra queste centinaia di migliaia di giovani che hanno lasciato il nostro Paese ci sono anche molti giovani talenti o cervelli in fuga. Sono vari i fattori che favoriscono e generano questa fuga verso Paesi esteri di tanti giovani.

Nonostante Mario Draghi abbia dichiarato nei giorni scorsi di condividere il concetto base del reddito di cittadinanza (pur rilevando che è troppo presto per dire se esso verrà ridisegnato o riformato), il sistema delle politiche pubbliche italiane sembra essere fatto e concepito appositamente per diseducare i giovani al lavoro. Mi è capitato di scrivere più volte da molti anni che l’Italia è una società “mangia giovani”, ma questo processo è peggiorato man mano nel tempo. Eppure siamo il Paese Europeo con la più alta percentuale di giovani Neet, cioè non occupati e non in istruzione nella fascia tra i 15 e 29 anni, il 23,3%, mentre la media dell’Europa a 27 è di 13,7%.

Siamo riusciti ad essere i peggiori anche rispetto a Paesi come la Grecia, la Bulgaria, la Romania.
Sono in cifra assoluta 2,1 milioni i giovani in questa condizione, con un picco del 33% al Sud.
Nonostante questa condizione le politiche pubbliche continuano a disincentivare i giovani all’impiego e siamo in assoluto tra i paesi più in ritardo d’Europa nell’avvio di una seria politica attiva del lavoro, per la quale pur vi sarebbero 4 miliardi a disposizione nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Solo Draghi mostra di aver colto questo problema, ma il nostro Ministro del lavoro continua a rinviare l’avvio di una seria politica del lavoro nonostante abbiamo i centri pubblici per l’impiego in assoluto tra i peggiori d’Europa, che intermediano una minima parte del rapporto fra offerta e domanda.

Non solo. Viste le disfunzioni nei nostri centri pubblici per l’impiego, e visto che, contrariamente a quanto chiedeva il Presidente di Confindustria non si vuole far ricorso per le politiche attive del lavoro alle agenzie private che sono, ben più efficienti e che conoscono il mercato molto meglio dei centri pubblici, i giovani beneficiari del reddito di cittadinanza per larga parte non vengono avviati al lavoro, ma neanche sono decollati i Puc, i Progetti Utili per la Collettività, che sono a carico dei comuni.

Sono circa duemila i Comuni che si sono attrezzati per avviare i Puc ma a Gennaio scorso i percettori del sussidio coinvolti erano cinquemila, come ha ricordato di recente il Presidente dell’Anci Antonio Decaro. Eppure il reddito di cittadinanza ha assorbito nei primi mesi dell’anno più di 4 miliardi di euro e nel 2021 altri 9 miliardi.

L’ultimo fattore che più ha disincentivato una parte cospicua dei giovani al lavoro è il reddito di cittadinanza, oggi percepito da circa 1,3 milioni di famiglie. I beneficiari del reddito ritenuti occupabili, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Anpal, sono 1,1 milioni ma pochissimi di essi sono stati avviati a lavoro. Eppure il lavoro non difetta visto che mancano all’appello 200mila lavoratori stagionali soprattutto nel settore del turismo.  Il reddito di cittadinanza è una bandiera dei 5Stelle che puntano il più possibile i piedi perché non sia modificato nella formulazione assurda che ha assunto nella pratica, favorendo solo l’assistenza e, al massimo, per quanto riguarda il lavoro, il lavoro nero.

Ora, a chiedere una riforma forte del reddito di cittadinanza, oltre a Matteo Renzi che ha sollevato con forza la questione degli ultimi giorni è la Lega, tramite il Ministro del Turismo Massimo Garavaglia che ha compreso il problema della non reperibilità di giovani disponibili a lavorare soprattutto stagionalmente nel settore del turismo perché preferisco godere del reddito di cittadinanza e non lavorare o al massimo lavorare in nero.

Quella stessa lega che nel Governo Conte 1, aveva varato quel progetto assieme ai 5Stelle aveva varato quel progetto, che al momento dell’approvazione al Consiglio dei Ministri aveva visto Di Maio e gli altri ministri 5Stelle uscire sul balcone per vantare che “era stata sconfitta la povertà”. Per ora è stata in larga parte sconfitta la reale possibilità di educazione al lavoro per i giovani.

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