I principi del Trattato dell’Unione europea non devono restare sulla carta, è il momento di agire. Serve farlo adesso, per ridare dignità a un popolo che rischia di vedere cancellati in poche ore, diritti conquistati in vent’anni
Le tristi immagini che raccontano la disperazione del popolo afghano hanno fatto il giro del mondo e sono impresse nei nostri occhi. E ci sono anche i ricordi negli occhi e nei cuori dei militari italiani che sono stati in Afghanistan per anni e che ora vedono svanire due decenni di operazioni di peace-keeping.
I militari italiani sono stati per anni dislocati in tre poli: Herat (il comando principale), Kabul e Farah. La popolazione locale non guardava al contingente italiano come a un nemico, perché la maggioranza dei nostri uomini cercava dei punti di contatto, rispettando tradizioni, abitudini e credo religioso. Grazie all’attività di cooperazione militare e civile (in sigla attività Cimic) i campi di oppio sono stati sostituiti con colture alternative (tipo zafferano), sono state costruite strade, ospedali, scuole per alfabetizzare donne e bambini, centri di accoglienza per le donne vittime di violenza.
La gratitudine verso i militari italiani, racconta un colonnello, si percepiva negli occhi dei bambini che abitavano nei villaggi sperduti e che correvano incontro agli italiani portatori di cibo, giochi e di un po’ di umanità che ha sempre contraddistinto il loro operato. Quando un’unità militare entrava nel villaggi, i “vecchi” aprivano le loro case, ospitando perfetti sconosciuti, come segno di riconoscenza a chi regalava qualche ora di serenità, a chi la serenità non l’aveva mai conosciuta.
In vent’anni tanti bambini e tante donne hanno studiato e che sarà di loro adesso? Sono in molti a chiedere aiuto a quei militari che hanno incontrato e che li hanno aiutati negli anni, perché la paura di tornare indietro nel tempo e perdere tutto ti fa compiere gesti disperati. L’Italia ha pagato un prezzo anche in termini di vite umane: sono 53 i militari caduti per aiutare questo popolo.
Sveglia Europa, è il momento di mostrare al mondo che il Vecchio continente può giocare un ruolo per tutelare quei diritti umani di cui si fa portatore. L’articolo 3 del Trattato dell’Unione europea recita: “nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite”.
Questi principi non devono restare sulla carta, è il momento di agire. Adesso, per ridare dignità a un popolo che rischia di vedere cancellati in poche ore, diritti conquistati in vent’anni.