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Su cosa eravamo d’accordo Gino Strada e io. Il racconto di Mario Giro

Era difficile andare d’accordo con lui per le sue posizioni intransigenti sulla guerra, sulla sanità pubblica e sulla cooperazione internazionale, ma su alcune cose ci trovavamo sulla stessa linea: l’esigenza di una sanità gratuita in Africa e la certezza che chi andava a fare il volontario nel continente lo fosse davvero

Ora tutti lo osannano e lo commemorano sui media ma Gino Strada è stato un protagonista scomodo e farebbe spallucce a tutte le lodi postume. Diciamo la verità: era difficile andare d’accordo con lui per le sue posizioni intransigenti sulla guerra, sulla sanità pubblica e sulla cooperazione internazionale. Quando gli chiesero di fare il commissario straordinario della sanità in Calabria espresse la sua idea chiara e netta: la sanità o è pubblica o non è. Rapidamente l’offerta fu ritirata. Gino Strada era convinto che il welfare e la salute fossero patrimonio di tutti e quindi un diritto inalienabile e gratuito per tutti: nessuna commistione con il privato (obbligatoriamente costretto a guardare ai ricavi) poteva inserirsi in tale equazione. Sono pochi in Italia coloro che sostengono tali tesi ispirate dalle idee sessantottine ma anche dalla dottrina sociale della Chiesa che oggi papa Francesco esalta al suo massimo grado.

Assieme avevamo parlato della sanità in Africa e dell’esigenza che fosse anch’essa gratuita, tema che ci trovava d’accordo. Ma anche dell’esigenza che chi andava a fare il volontario nel continente lo fosse davvero, senza farsi pagare trasferte e stipendi troppo alti come talvolta avviene. Per questo Gino Strada aveva relazioni difficili con molte altre Ong: non sempre vi scorgeva il vero spirito volontario della gratuità che deve andare di pari passo con la professionalità.

Sulla pace poi era assolutamente intransigente, assomigliando molto a ciò che ora dice papa Francesco e cioè che la guerra non è mai legittima. Gino Strada – come abbiamo letto anche in questi giorni – ha sempre sostenuto che la guerra in Afghanistan fosse una guerra di aggressione: non c’era alcun diritto all’autodifesa a convalidarla. Su questa idea tutti erano contrari, anche a sinistra. La guerra contro i Talebani è stata generalmente considerata giusta, sia per aver ospitato Bin Laden che per la sharia, il trattamento delle donne ecc. Ma per Gino Strada il nocciolo della questione non stava nello schierarsi per o contro la politica talebana: il nocciolo stava nel comprendere se la guerra fosse lo strumento adatto oppure no.

Oggi dovrebbe apparire chiaro a tutti che la guerra (qualunque tipo di intervento internazionale) è uno strumento obsoleto, che non funziona semmai ha funzionato. La guerra – diceva Strada – è “carne strappata e fatta a pezzi”. Nel suo stile duro e severo spiegava che la guerra non serve, fallisce anche nell’obiettivo che si dà. Su ciò eravamo d’accordo. È la verità che i tanti fautori degli interventi internazionali degli ultimi vent’anni devono accettare: la guerra non serve perché non risolve nulla e peggiora la situazione. Quindi ragionate, direbbe Gino Strada, e fatevene una ragione: nessun presunto diritto, nessuna offesa, nessun contenzioso internazionale e nemmeno nessuna differenza di civiltà si può risolvere con la guerra. La prova è fatta. La guerra – come diceva don Sturzo – va abolita come lo fu la schiavitù. Punto e basta.


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