Il sociologo francese esperto di Islam: l’attentato a Kabul non sorprende, l’Isis è “il nemico numero uno” dei Talebani. Loro hanno l’obbligo (anche di fronte a Russia e Cina) di combattere le cellule terroristiche, vogliono il monopolio e non esporteranno l’Emirato islamico
“È perfettamente normale che ci sia l’Isis dietro l’attentato. Perché l’Isis è il nemico numero uno dei Talebani”. Olivier Roy non ha dubbi, né si dice sorpreso. I due attacchi suicidi che hanno causato un numero indefinito di vittime fuori dall’aeroporto Hamid Karzai di Kabul sono “la naturale conseguenza” di un’inimicizia che presto si trasformerà in guerriglia, spiega a Formiche.net il sociologo francese, fra i massimi esperti di terrorismo al mondo.
“Lo Stato islamico d’ora in poi sarà il principale problema per l’Emirato dei talebani. Che, qualcuno dimentica, non sono terroristi, sono afgani. E per sopravvivere al potere, per ottenere i fondi internazionali, hanno bisogno di dichiarare guerra, almeno formalmente, al terrorismo internazionale”. “È uno dei primi impegni che hanno preso dopo la conquista di Kabul – nota Roy – così, paradossalmente, su questo fronte siamo dalla stessa parte. Non possono permettere che sul territorio afgano si creino zone di proliferazione terroristica, specie di cellule Isis. E non lo hanno promesso solo all’Occidente”.
Già, perché fin dalle prime interlocuzioni diplomatiche con gli studenti coranici tornati al potere Russia e Cina hanno chiarito subito la tolleranza zero verso le oasi di terrorismo in Afghanistan, spiega il professore, “la normalizzazione non è un’opzione per i talebani, è un obbligo”. Il primo indiziato del sanguinoso attentato a Kabul è il gruppo terroristico Isis-K, spin-off dello Stato islamico nato nel 2015 per volere dell’ex leader Abu Bakr al-Baghdadi con l’intenzione di portare la jihad più ad est, nella regione del Khorasan (da cui la “K” nel nome), che copre l’Afghanistan, il Pakistan e alcune aree dell’Asia centrale.
Jihadisti spietati, avvezzi alla pratica del suicidio, si sono macchiati in questi anni di ogni crimine immaginabile contro i civili in Afghanistan, comprese donne, bambini ed anziani, attirando l’attenzione (e i contro-attacchi) dell’esercito americano, che stima il totale dei militanti in circa 2000 unità. “I talebani oggi non hanno nulla a che vedere con loro. Semmai, è vero che alcuni ex talebani disertori sono entrati in quel gruppo”, dice Roy. Che parla di una prossima guerra dei talebani per il “monopolio del potere” nel Paese per evitare di creare zone franche per le cellule terroristiche.
“I talebani non sono più gli stessi. Hanno imparato la lezione del 2001, quando hanno dato inizio a una guerra di vent’anni ospitando Osama Bin Laden, non possono permettersi di ripetere l’errore”. Per questo, secondo Roy, non deve essere sovrastimato il comunicato ufficiale diramato da un altro famigerato gruppo terroristico, Al Qaeda, per accogliere con giubilo la nascita dell’Emirato islamico di Afghanistan. “A differenza dell’Isis, Al Qaeda non è in cima alla lista delle minacce per i Talebani. Parliamo di poche centinaia di uomini, dispersi per il Paese, nulla a che vedere con le roccaforti che il gruppo vanta in Africa centrale”.
Sono due le differenze di fondo che distanziano i talebani dai più noti gruppi terroristici islamisti, spiega il professore francese. “La prima è che sono afgani, cioè asiatici, e dunque non godono del supporto diretto di Paesi arabi”. La seconda attiene alla loro missione. “I talebani non sono jihadisti, non esportano all’estero lo Stato islamico, vogliono costruirlo in Afghanistan secondo i precetti della Sharia. Hanno perfino rapporti diplomatici: niente di meno jihadista”.