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Il lavoro agile nei borghi italiani. Analisi di una proposta legislativa

Il ripopolamento e la creazione di nuove opportunità di lavoro per una società più salda e più felice sono alla base della proposta di legge presentata dal senatore Bruno Astorre (Partito democratico) e dall’avvocato Francesco Spanò, dirigente dell’università Luiss Guido Carli di Roma e scrittore

“Per la promozione del lavoro agile nei piccoli comuni”. Il disegno di legge presentato dal senatore Bruno Astorre (Partito democratico) e dall’avvocato Francesco Spanò, dirigente dell’università Luiss Guido Carli di Roma e scrittore (suoi ultimi testi sono Gerace. Città Magno-Greca delle Cento Chiese. Storie e immagini rivissute, 2019, e l’ottima postfazione alla riedizione di Gerace. Paradiso d’Europa. Guida per un approccio storico, artistico, ambientale, di Salvatore Gemelli, 2021, entrambi editi da Gangemi Editore), ha una matrice illuminata e trasversale. E soprattutto è sorprendente nell’approccio, specie se si considera l’andamento dell’attuale mercato del lavoro, come noto competitivo e poco incline ad accogliere le istanze di benessere che promanano dal “basso” (cfr. su questo nucleo concettuale il pensiero del giurista P. Grossi, Prima lezione di diritto, Editori Laterza, 2003).

I protagonisti coinvolti? Dipendenti, lavoratori, giovani.

Viene presentato un breve ma sostanzioso testo (tre articoli e un preambolo illustrativo) finalizzato a proporre il ripopolamento dei borghi d’Italia, tramite una particolare forma di rientro dei dipendenti delle grandi aziende nei piccoli comuni sotto i cinquemila abitanti. Per incentivare i datori di lavoro a effettuare tale scelta, si legge nell’art. 1, è proposto il “riconoscimento di incentivi fiscali e contributivi ai datori di lavoro che promuovono lo svolgimento nei piccoli comuni dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile, per un periodo non inferiore a cinque anni”.

Il lavoro agile – il cd. smart working (cfr. sul punto il lavoro del giuslavorista M. Martone, Il lavoro da remoto. Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza, La Tribuna, 2020) – è lo strumento risolutivo prescelto, in un connubio inconsueto e fortemente virtuoso che vede interagire tecnologia e tradizione nazionale.

A commento di ciò, è bene osservare che la rispondenza a criteri di vita umani e soddisfacenti può essere definita come un’esigenza, o ancora meglio come diritto umano innato e naturale (si risale sino alle nostre radici classiche, in specie all’Antigone di Sofocle), con evidenti richiami al nostro dettato costituzionale (si veda il combinato disposto degli artt. 2, 3, 13, 14, 32). Quanto assunto trova conforto (com’è giusto che sia) non soltanto nel diritto, ma anche nella letteratura, nella sociologia, nell’umanesimo.

Se si vuole estendere il campo d’azione posto in essere da questo disegno di legge, si può non soltanto pensare all’individuo e alle sue nobili ramificazioni qui appena accennate, ma anche al collettivo, all’assetto geografico e paesaggistico, in una sintesi che vede al centro donne e uomini riappropriarsi dei propri spazi, portare salute economica e culturale in luoghi già dotati di intrinseca bellezza: si consideri infatti l’iniezione di vitalità causata dal ripopolamento, data da consumi, nuove offerte di servizi, aumento delle opportunità di lavoro, in luoghi al contrario afflitti da irreversibili fattori, quali lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione.

Felicità non è che l’esser circondati, l’esser dentro, come un tempo nel grembo della madre”, per richiamare le parole di Theodor Adorno e dunque il fatto che da soli non si può essere salvati. È il momento giusto per il legislatore di portare a termine questa impresa che comporterà non poche (e buone) conseguenze nel prossimo assetto sincretico della vita sociale, lavorativa, economica e familiare del Paese.

Se non si recupera questa dimensione, sempre verrà ostacolata la nascita delle grandi personalità: perché è vero che servono cittadini del mondo, ma servono anche le grandi menti ancorate al territorio. E in questo l’Italia ha avuto le sue inimitabili eccellenze (solo menzionando l’ambito letterario e artistico) nei Capuana, Deledda, Invernizio, Buzzati, Pavese, Fogazzaro. I particolarismi appaiono soltanto come tali, ma si fanno poi universali, da esportazione e dunque da Grand Tour (per richiamare i recenti lavori del giurista e intellettuale Renato Mammuccari, sulle tracce di Goethe e degli illustri visitatori del nostro Paese).

Si tratta dunque di una proposta che merita la giusta attenzione e soprattutto condivisione politica e sociale.


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