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Tutte le sfide per l’Italia nel Mediterraneo allargato. L’analisi del prof. Beccaro

Di Andrea Beccaro

È questa l’area geografica in cui si staglia l’orizzonte della politica estera italiana così come quella della propria politica di sicurezza. Ecco tutti i pezzi del mosaico

Nei giorni scorsi il Copasir ha ascoltato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini per meglio delineare i principali ambiti di interesse nazionale e di sicurezza per l’Italia. I temi toccati vanno dalle minacce cyber alle aree geopolitiche più instabili e di maggiore interesse per Roma. Uno dei temi toccati in quella riunione è quello del cosiddetto Mediterraneo allargata, un’area geopolitica la cui precisa definizione geografica è difficile da indicare, ma che include: il Nord Africa con tutte le problematiche relative alla stabilità del Sahel a Sud; il Medio Oriente che a sua volta ingloba le dinamiche politiche conflittuali ed economiche del Golfo Persico fino all’Afghanistan. Non va poi inoltre dimentica come, in questa vasta regione, operino in modo anche diretto e profondo potenze esterne come la Russia e la Cina.

Dunque a grandi linee è questa l’area geografica in cui si staglia l’orizzonte della politica estera italiana così come quella della propria politica di sicurezza. Ciò non è chiaramente una novità, ma è giusto ricordare che proprio recentemente il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha sottolineato in modo molto diretto e chiaro che alla luce del crescente impegno americano nella zona dell’Indo-pacifico in funzione anticinese, gli alleati devono per forza di cose non soltanto aumentare il loro impegno per sopperire al disimpegno americano in altre aree ma anche occuparsi delle regioni di mondo più prossime alla loro area geografica.

L’invito di Austin era generale, ma chiaramente traccia una via ben delineata per l’Italia che deve investire le sue poche risorse dedicate alla difesa ad aree non solo geograficamente più vicine e prossime, ma anche molto calde e particolarmente complesse.

Infatti, i problemi vicini alle nostre coste non mancano di certo. La Libia resta un Paese estremamente instabile e insicuro. La conferenza di Berlino a giugno non ha cambiato la situazione sul campo con la Libia che continua a essere spaccata in due e con Turchia e Russia sempre molto presenti sul campo (seppur con modalità diverse). Resta l’obiettivo delle elezioni di dicembre, ma ben difficilmente esse potranno rappresentare il punto di svolta da molti auspicato. Primo, gli interessi degli attori esterni coinvolti non svaniranno, anzi con le elezioni rischiano di polarizzarsi ulteriormente. Secondo, senza una storia democratica alle spalle le elezioni sono solo un paravento che rischia di dare legittimità a singole fazioni, una problematica già evidenziata, per esempio, in Iraq.

Nelle ultime settimane si è poi aperta la crisi in Tunisia su cui è troppo presto per dare giudizi, ma che, mettendo da parte i partiti legati alla Fratellanza musulmana, potrebbe portare a un rimescolamento generale di tutto il Nord Africa con una Turchia in cerca di nuove sponde e un Egitto, invece, con più influenza. Questo aspetto, inoltre, aprirebbe interessanti prospettive per il ruolo dell’Italia nella regione. L’Egitto ha anche recentemente inaugurato una nuova base militare nel Mediterraneo che dovrebbe proprio consentirgli una maggiore e migliore proiezione verso Ovest.

Nelle ultime settimane poi è tornata a scaldarsi la situazione tra Marocco e Algeria per la questione del Polisario, un conflitto che vede i due Paesi nordafricani su fronti contrapposti, che si protrae da decenni e che rischia di riesplodere aprendo un’ulteriore linea di conflitto in un regione già pericolosamente instabile.

Bisogna ricordare, inoltre, che tale instabilità è anche alimentata da quella, ben più marcata ma di diversa natura, che ritroviamo più a sud nel Sahel che negli ultimi anni ha visto crescere in modo significativo gli episodi di violenza visto che nel 2015 si erano registrati 381 attacchi contro civili che provocarono 1.394 vittime, ma nel 2020 ci sono stati 7.108 attacchi contro civili che hanno quasi decuplicato le vittime, 12.519. Dal Sahel verso Nord passano enormi flussi di traffici illegali di vario tipo, molti dei quali partono dal Golfo di Guinea dove, non a caso, la Marina italiana è presente in operazioni contro la pirateria.

Su un’altra sponda del Mediterraneo non va poi dimenticato il ruolo dell’Italia in Libano, Paese che sta affrontando una profondissima crisi politica ed economica che sta avvantaggiando Hezbollah e dunque l’influenza iraniana, e in Iraq dove la Nato ha recentemente affidato al nostro Paese, impegnato sul territorio sin dal 2003 (seppur con varie missioni con scopi e obiettivi diversi), il comando della sua missione in Iraq in un momento molto delicato visto che proprio in questi mesi gli Stati Uniti, che sono stati fino ad ora i maggiori sostenitori della sicurezza in Iraq, stanno ristrutturando la propria forza nel Paese con l’obiettivo di non condurre più operazioni in prima linea entro la fine del 2021.

Andrea Beccaro è direttore dell’Osservatorio Icsa per la sicurezza nel Mediterraneo e docente a contratto presso l’Università di Torino e l’Università di Milano



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