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Oleodotti e caos a Kabul. Le mire di Cina e Turchia sull’Afghanistan

Mentre l’oleodotto transcaspico è ad un passo, in Afghanistan gli occhi di Erdogan punteranno sempre più sul flusso di gas turkmeno, a maggior ragione dopo l’avvento dei Talebani. Che dialogano con Hamas, Mosca e Pechino, player certamente vicini ad Ankara ma in questa partita suoi concorrenti

Due acronimi, Tcp e Tapi, rappresentano un versante fondamentale della crisi in corso a Kabul. Non c’è solo le geopolitica di alleanze ed influenze a destare preoccupazioni nel caos in corso, ma anche la consapevolezza che non pochi riverberi potranno esserci sul dossier energetico legato ai gasdotti come il transcaspico e alle strategie dei big players coinvolti, direttamente o indirettamente. Le relazioni tra Russia, Cina e Turchia andranno rivalutate proprio su questo tema, visto e considerato che Ankara potrebbe essere tentata da una fuga in avanti puntando al gas turkmeno, come accaduto in Siria e Libia. A quel punto non è detto che i big players lo accetterebbero di buon grado. Inoltre la presenza in Afghanistan di una sorta di “protettorato” per terroristi super tecnologici apre un problema legato alla sicurezza delle infrastrutture energetiche.

GAS E GEOPOLITICA

I giacimenti del Mar Caspio hanno rappresentato in passato un banco di prova significativo per la politica estera di Paesi vicini e lontani. L’occidente si è mosso con la realizzazione del Corridoio Sud composto da Tap e Tanap, in attesa del prossimo step rappresentato dal gasdotto Eastmed. Le policies messe in campo da Stati Uniti e Nato nell’Asia centrale e meridionale, quindi anche in Afghanistan, sono state legate a doppia mandata alle strategie energetiche eurasiatiche. La Grecia al momento è il membro Ue più vicino alla macro area, per questa ragione le relazioni crescenti di Atene con Azerbaigian, Uzbekistan e Turkmenistan saranno un elemento non secondario nel breve e nel medio termine.

Un Afghanistan controllato dai Talebani, dunque, comporta un’ampia riflessione sugli interessi di sicurezza nazionale legati ai gasdotti, alle relative politiche energetiche dei paesi di prossimità e al rifugio offerto in loco ai terroristi globali esperti di tecnologia e così anche di cyber sicurezza. Una minaccia che ricorda all’intera comunità internazionale come le infrastrutture energetiche debbano essere meglio protette contro eventuali attacchi.

IL RUOLO DELLA TURCHIA

Fondamentale sarà valutare con attenzione le mosse di Ankara. Appare acclarato che le strategie turche hanno imboccato un’accelerazione in occasione della guerra in Siria: la penetrazione di Erdogan nel paese di Assad è stata direttamente proporzionale alle mire sul gas proveniente dal Golfo Persico, dall’Iraq e dal Mar Caspio che potrebbero passare dalla Turchia, rendendola di fatto uno dei più grandi hub del mondo. Un obiettivo che Erdogan ha tra le sue maggiori priorità, ragion per cui ha progressivamente moltiplicato la sua influenza in Asia centrale dove non manca di fortificare vecchie e nuove alleanze.

Lo dimostra il filo diretto con l’Azerbaigian, che consente ad Ankara un accesso diretto alle vaste riserve di gas naturale in Turkmenistan. La fine del trentennio di conflittualità tra Azerbaigian e Turkmenistan ha prodotto lo sviluppo congiunto di un giacimento petrolifero nel Mar Caspio, ovvero quel gasdotto transcaspico (TCP) che trasporterebbe il gas dal Turkmenistan all’Azerbaigian e poi attraverso il corridoio meridionale del gas che attraversa la Turchia fino alla Grecia e da lì a tutta l’Europa sudorientale.

GASDOTTO TRANSCASPICO (TCP)

Lo scorso dicembre la Socar Trading azera ha vinto la gara per l’acquisto di 40.000 tonnellate di petrolio al mese prodotto da Eni Turkmenistan dal giacimento di Okarem, volumi che dovrebbero passare attraverso l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan e lontano dal transito attraverso i porti russi di Makhachkala e Novorossiysk. A questo punto della partita, con il Turkmenistan calmierato, è l’Azerbaigian a trovarsi in una posizione di forza che permetterebbe a Baku da un lato di incassare milioni di transito e dall’altro contribuire all’ulteriore diversificazione del portafoglio di importazioni di gas in Europa.

TAPI

Il gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) trasporterà gas naturale dal Turkmenistan attraverso l’Afghanistan, il Pakistan e l’India ed è considerato il vessillo di una nuova era per l’Asia Centrale. Notevoli saranno i relativi guadagni per chi controllerà il territorio afghano direttamente come i talebani o indirettamente come i suoi alleati. Uno dei più accreditati player on questa direzione è la Cina. L’Afghanistan è già terra di passaggio per la Bri ed un maggiore coinvolgimento di Pechino nella nuova politica afghana consentirebbe alla Cina di creare una sorta di autostrada fino al Mar Arabico.

SCENARI

In Afghanistan gli occhi di Erdogan puntano sempre più sul flusso di gas turkmeno, a maggior ragione oggi dopo l’avvento dei Talebani che dialogano con Hamas, Mosca e Pechino, players certamente vicini ad Ankara ma in questa partita suoi concorrenti. Se Erdogan, come in Siria, dovesse scegliere una tattica poco diplomatica e caratterizzata da molte pretese, non è detto che si ripeta lo schema libico dove è stato trovato un accordo. La Turchia, quindi, in questa partita dovrà fare i conti non solo con Pakistan o Azerbaigian, con cui come già accennato in precedenza gli accordi sono già stati ampiamente preparati, ma con Russia e Cina che solitamente non fanno sconti.

@FDepalo


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