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Quanti dollari ballano e come cambiano gli equilibri col nuovo memorandum Russia-Turchia

I due governi intrecciano ancora di più i propri destini non solo commerciali e finanziari, ma soprattutto geopolitici anche per il tramite della Bri. La reazione Usa si ritrova anche nelle scelte diplomatiche in Grecia e Turchia

Quanti dollari e quanti nuovi equilibri ballano nel nuovo Memorandum of Understanding tra Russia e Turchia? Si fa protofanica la volontà dei due governi di intrecciare ancora di più i propri destini non solo commerciali e finanziari, ma soprattutto geopolitici anche per il tramite della Bri. Una mossa che innescherà oltreoceano una serie di conseguenze di carattere politico, dal momento che si salda in questo modo un asse preciso a cui partecipa (direttamente e indirettamente) il player cinese.

TURCHIA-RUSSIA

Il ministro turco del Commercio, Mehmet Mous, ospite del Kazan Summit 2021, ha annunciato un incremento degli scambi Ankara-Mosca fino a 100 miliardi di dollari (oggi sono a 30). Il settore energetico sarà quello trainante, ma il discorso va allargato anche a difesa, agricoltura, turismo e materie prime. “Vogliamo sviluppare il commercio con la Russia in modo equilibrato su base win-win – ha detto il ministro – Abbiamo una seria collaborazione nel campo dell’energia. Vogliamo espandere e spostare la nostra cooperazione in diversi settori”.

E’ un fatto oggettivo che la strategia dell’amministrazione Biden si è focalizzata su un obiettivo preciso: provare gestire i suoi rapporti con la Turchia evitando che Ankara stringa un’alleanza maggiore con Mosca. Sul punto negli Usa le scuole di pensiero restano due e molto distanti fra loro: c’è un gruppo dirigente contrario alla mossa ed uno favorevole.

BRI

Nell’ultimo periodo si è presentata anche una linea di pensiero più morbida e di utile compromesso fra le prime due, ovvero di chi pensa che al netto delle differenze di vedute con Erdogan, che rimangono intatte, è possibile lavorare in chiave Nato per disinnescare nuovi accordi con Mosca, che rappresenterebbero l’anticamera ad altri scenari. L’obiettivo non è evidentemente solo commerciale ma anche geopolitico, con una chiave anche nelle interlocuzioni ferroviarie con la Cina. I silenzi di Pechino non vanno interpretati come un disinteresse legato alla contingenza pandemica, tutt’altro. E’ niente altro che la continuazione della tattica che ha portato alla penetrazione cinese con la Bri nel Mediterraneo e nel costone balcanico.

Il riferimento è al China-Europe Railway Express, che attraversa il continente eurasiatico, le cui performances sono al centro delle relazioni sinoturche, dal momento che i treni merci svolgono un ruolo cruciale nella stabilizzazione della catena logistica internazionale. La Belt and Road per il tramite della China State Railway Group Co ha fatto muovere 7.377 treni merci nel primo semestre di quest’anno, con un aumento del 43%. Numeri che sono all’attenzione di tutti i super players.

DIPLOMAZIA & GEOPOLITICA

Anche in questa ottica gli Usa fanno una scelta tattica per un settore nevralgico dello scacchiere geopolitico, come il Mediterraneo orientale: mandano ad Ankara come nuovo ambasciatore il repubblicano Jeff Flake, che non è un diplomatico di carriera, ma che nel 2014 è stato uno dei soli cinque senatori statunitensi ad opporsi a una risoluzione sul genocidio armeno avanzata nella commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti dal suo presidente, Robert Menendez. Di contro ad Atene arriva come nuovo ambasciatore l’imprenditore ellinoamericano George Tsounis, fondatore e direttore esecutivo del gruppo Chartwell Hotels, e tra i finanziatori del Partito Democratico, su proposta del senatore Menendez.

Si tratta di due nomine che vanno nella direzione indicata dal Presidente americano Joe Biden in occasione del vertice europeo Nato di qualche settimana fa. Ovvero far presente agli attori in causa che al primo posto dell’agenda internazionale c’è il dossier cinese e solo dopo tutti gli altri, compreso quello energetico legato alla postura scomposta di Erdogan contro Cipro e Grecia. Ciò non significa automaticamente che gli Usa saranno distanti dalle provocazioni turche nell’Egeo, come in Libia o in Siria, ma che le controlleranno anche grazie agli occhi di due ambasciatori più attinenti ai territori di riferimento.

@FDepalo

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