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Sul Green pass serve chiarezza o ci rimetterà il Pil. Parla Benaglia (Fim Cisl)

Intervista al segretario della Fim Cisl. Sul certificato verde abbiamo assistito a un caos senza capo né coda, bastava sedersi intorno a un tavolo. Lavoratori e imprenditori devono poter avere regole certe e chiare. Il Pnrr? Serve un patto per la transizione a cominciare dall’automotive

Green pass per tutti, anzi no. L’ormai mitico certificato verde, rilasciato al completamento del ciclo vaccinale, agita non poco il palazzo e la fabbrica nel torrido agosto italiano. Tutto, o quasi, ruota intorno alle mense aziendali. Il 14 agosto il governo ha chiarito che il Green pass è obbligatorio anche per accedere alle mense, suscitando la reazione dei sindacati, che l’hanno considerata punitiva nei confronti dei lavoratori che non ne sono in possesso.

Insomma, il punto era capire se le mense aziendali fossero da considerare o meno al pari dei ristoranti, per i quali è previsto l’obbligo del certificato al chiuso. Caos allo stato puro. Formiche.net ne ha parlato con Roberto Benaglia, leader della Fim Cisl.

A meno di due settimane da settembre, sul Green pass nei luoghi di lavoro regna il caos, a cominciare dalle mense. Come e dove bisogna intervenire? L’Italia non può certo permettersi il lusso di perdere punti produttività perché nelle fabbriche non si sa cosa si può fare e dove andare…

In nessun Paese europeo, Germania e Francia in testa, i governi hanno pensato di alzare un polverone mediatico e politico di questo tipo su Green pass nelle mense aziendali o nei luoghi di lavoro. Una vicenda, assurda, tutta italiana, sono giorni che stiamo assistendo ad un dibattito mediatico che poco approfondisce e troppo sentenzia contro il sindacato italiano. Del resto era inevitabile in un Paese dove si tende a polemizzare su tutto.

I lavoratori come hanno preso una simile confusione?

Ci ha colpito l’orientamento del governo, calato di sorpresa e senza confronto con noi. E infatti ora sono migliaia le imprese in difficoltà che non sanno come organizzarsi e che ci stanno chiedendo aiuto concreto. Non siamo pertanto contrari al Green pass, chiediamo solo che ci si occupi del problema di quei lavoratori che ancora non hanno ricevuto il vaccino e che hanno tuttavia il diritto di consumare un pranzo decente durante l’orario di lavoro, fermo restando il pieno rispetto dei protocolli per la sicurezza.

Benaglia, questo caos è figlio, forse, di un’errata percezione della gravità della situazione da parte del governo?

Direi che è figlia di un governo che al proprio interno ha posizioni sull’argomento a dir poco discordanti e che in nome di questa verità taciuta scarica tutto su lavoratori e sindacato. Ma come si fa a portare avanti una politica sanitaria attraverso una semplice Faq (le risposte ai quesiti, ndr) e senza nessuna chiarezza. Una modalità, per essere gentili a dir poco discutibile. Certamente la situazione dell’epidemia è ancora grave, morti e ricoveri risalgono e dobbiamo evitare una quarta ondata.

E allora?

Allora si discuta apertamente di obbligo vaccinale senza sotterfugi, noi non ci tireremo indietro nel convincere i lavoratori. Quello che invece ora sta succedendo nelle fabbriche è la divisione tra lavoratori, ancora più incomprensibile perché gli stessi lavorano per otto ore fianco a fianco e in questo anno e mezzo sia in mensa che nei reparti siamo stati noi a gestire e garantire i distanziamenti e il lavoro in sicurezza. Perché a nessuno interessa risolvere il problema ma alimentare la polemica e polarizzare le posizioni. Poi ci accusano di aver abdicato al nostro ruolo pedagogico, si fa pedagogia sociale facendo calare le decisioni creando il caos e poi aspettandosi che il sindacato risolva la situazione?

La soluzione?

Ci si siede intorno ad un tavolo e si trovano insieme soluzioni e modalità di comunicazione appropriate dentro cui esercitare quell’esercizio di pedagogia sociale di cui il sindacato è portatore. Come Fim Cisl lo abbiamo detto più volte, siamo pronti a metterci in gioco già dal mese di settembre nelle fabbriche con i lavoratori per supportare la campagna vaccinale, meglio se insieme alle stesse imprese che oggi vivono anch’esse la difficoltà di gestire una situazione prodotta dal governo, ma non vogliamo essere presi in giro e non vogliamo che politica e media strumentalizzino i lavoratori.

Una lezione da imparare da questo scivolone sul Green pass c’è. C’è sempre…

Sì, questa vicenda, andava risolta e si può ancora risolvere come è stato fatto con i protocolli per la sicurezza. E cioè sedendosi tutti intorno ad un tavolo per trovare una soluzione.

Parliamo del Pnrr. L’Italia ha ricevuto i primi 25 miliardi dall’Ue. Dettiamo un’agenda per Draghi di breve termine

L’agenda è semplice: attuare i progetti, fare le riforme, modernizzare il Paese e renderlo un po’ più europeo nelle regole tra diritti e opportunità nuove. Draghi deve puntare sul lavoro qualificato da creare ma attenzione siamo ormai in un contesto competitivo nuovo. La Germania ha messo a disposizione 1 miliardo di euro per sostenere la transizione green delle Pmi nel settore dell’automotive. Abbiamo 14 anni per gestire la conversione elettrica dell’automotive, un settore che nel nostro paese cuba il 20% del Pil e da lavoro a oltre 1,25 milioni di persone.

Non sembra una sfida di quelle facili facili…

Non lo è, ma non ci si può sottrarre. Ci sarà una forte ristrutturazione che già da quest’anno, interesserà molte piccole e medie imprese ma anche i grandi gruppi. Serve un patto per l’automotive ( e in altri settori similari) tra governo, sindacati e imprese per gestire questa transizione per renderla socialmente sostenibile o rischiamo di grosso. Tra ristrutturazioni, perdite di posti di lavoro e aumenti di bollette rischiamo un nuovo populismo da anni ’20.

Sento odore di proposta…

Si potrebbe immaginare un Fondo sociale per la decarbonizzazione per i settori più colpiti, in parte pubblico finanziato anche attraverso le risorse del Pnrr una parte mutualistica finanziato anche attraverso la contrattazione.

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