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Non c’è due senza tre. Dubbi e certezze sulla terza dose di vaccino

La Food and Drug Administration americana ha annunciato l’autorizzazione all’uso di emergenza di una terza dose dei vaccini anti-Covid di Pfizer-BioNTech e Moderna. L’esempio di Israele, il piano dell’Europa e i consigli degli esperti

Se era rimasto qualche dubbio sulla necessità di una terza dose del vaccino per fermare la diffusione del Covid-19, ora non c’è più, almeno per chi ha ridotte difese immunitarie. La Food and Drug Administration (Fda), l’organizzazione governativa americana che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha annunciato l’autorizzazione all’uso di emergenza di una terza dose dei vaccini anti-Covid di Pfizer-BioNTech e Moderna.

L’inoculazione di questa ulteriore dose è consigliata agli individui immunocompromessi, in particolare i pazienti che hanno subito trapianti di organi o con patologie che riducono la loro capacità di combattere le infezioni e altre malattie.

Con un comunicato ufficiale, l’organizzazione ha spiegato che “dopo un’attenta revisione dei dati disponibili, la Fda ha stabilito che questo piccolo gruppo vulnerabile può beneficiare di una terza dose dei vaccini Pfizer-BioNTech o Moderna”.

Così a questo tipo di soggetti viene raccomandato di mantenere le misure di prevenzione e di discutere col proprio medico le opzioni di cura con anticorpi monoclonali in caso di contagio o esposizione al virus: “Altre persone che sono completamente vaccinate sono adeguatamente protette e non hanno bisogno di una dose aggiuntiva di vaccino anti-Covid in questo momento. La Fda è attivamente impegnata con i suoi partner federali in un processo rigoroso e basato sulla scienza per valutare se in futuro potrebbe essere necessaria una dose aggiuntiva”.

In Israele, il premier Naftali Bennett ha deciso di accelerare per la inoculazione della terza dose negli over 50 anni, per contrastare quella che lui chiama la “pandemia Delta”, in riferimento alla variante più diffusa del Covid-19 in questo momento. A inizio mese, le autorità israeliane hanno somministrato la terza dose a tutti gli over 60, che erano stati vaccinati cinque mesi prima. Il motivo: era stata riscontrata una diminuzione dell’efficacia della protezione dei vaccini nelle persone vaccinate completamente da gennaio a febbraio.

E in Europa? L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si era espressa sulla terza dose del vaccino, concludendo che è ancora troppo presto per capire quanto sia necessaria. Secondo l’agenzia ncora non ci sono dati sufficienti per definire quanto dura la protezione delle prime due dosi.

Intanto, Francia e Germania già pensano alla terza dose del vaccino per i soggetti più fragili a partire dal mese di settembre. In Italia Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, aveva annunciato che “verosimilmente per la stagione autunnale e invernale è ipotizzabile che possa essere necessaria una terza dose a partire da coloro i quali sono più fragili o più anziani”.

Gli studi fatti finora dimostrano che la chiave è nella risposta del sistema immunitario al virus (in tutte le varianti). Le persone immunodepresse o fragili rispondono in un modo insufficiente, per cui necessiterebbero di un’altra dose.

Per Federico Martinón, consigliere dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità sui vaccini, il tema più “urgente è che riceva la prima dose tutta la popolazione vulnerabile, indipendentemente di dove si trovi, e che poi concluda la copertura di base. Da quel momento si può pianificare una terza dose. È qualcosa che si sta studiando, in termini di sicurezza e risposta immune, giacché è uno scenario possibile, e dobbiamo essere pronti. Tuttavia, insisto, i più vulnerabili per primi”.

Come ha spiegato Andrew Badley, medico del Mayo Clinic Health System, alla Bbc: ancora non ci sono dati sufficienti per appoggiare l’uso di una dose di rinforzo: “Vaccini come Pfizer, Moderna o Janssen sono altamente efficaci per proteggere da quadri severi, ospedalizzazione o decessi di qualsiasi variante, inclusa la Delta”.  Il Mayo Clinic Health System ha pubblicato un report che analizza l’efficacia dei vaccini e privilegia Moderna rispetto a Pfizer-BioNTech contro la variante Delta (qui l’articolo di Formiche.net).

Le ultime ricerche, secondo Badley, indicano che “il vaccino continua a proteggere contro le forme più gravi della malattia […] è probabile che una variante più resistente al vaccino richieda una dose disegnata specificamente per quella mutazione”.

La questione non riguarda i livelli di anticorpi, che non sempre indicano quanto l’individua possa essere protetto al virus. Badley sottolinea che i dati ottenuti finora suggeriscono che la memoria delle cellule B può essere più affidabile: “Quando si capirà meglio, allora possiamo decidere se avremo bisogno di una dose di rinforzo per l’immunità, che si perderà nel tempo”.

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