Vent’anni fa l’ambasciatore Giovanni Castellaneta era a Palazzo Chigi come consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Oggi ricorda l’11 settembre con uno sguardo al futuro
Sembra ieri, eppure sono già passati vent’anni. Chiunque si ricorda dell’11 settembre 2001, di dove si trovasse e di cosa stesse facendo quando fu raggiunto dalla notizia o dalle immagini televisive (Internet era ancora agli albori) dei Boeing che si schiantavano sulle Torri Gemelle a New York.
Sembra ieri, eppure si ha anche l’impressione che sia trascorso un secolo, se ci prendiamo un attimo per pensare ai cambiamenti epocali che hanno attraversato il mondo nel corso di questi due ultimi decenni. L’Occidente ha preso parte a guerre definite “giuste”, si è cercato di “esportare” la democrazia, mentre nel frattempo il terrorismo islamico si è diffuso in tutto il mondo potendo contare sul modello in “franchising” di al-Qaeda o su cellule isolate di fanatici che proclamavano la loro affiliazione all’Isis. Vent’anni dopo, possiamo dire come Occidente di essere riusciti a gettare le basi per un futuro migliore, oppure il mondo di oggi è più pericoloso e instabile di quello dei primi anni Duemila?
Non è facile offrire una risposta univoca. Per certi versi la società globale ha compiuto importanti progressi: prima della pandemia la povertà era costantemente diminuita, mentre l’innovazione tecnologica ha contribuito a rivoluzionare (quasi sempre in meglio) le nostre vite. Tuttavia, siamo ora di fronte a un contesto decisamente più complesso, con nuovi attori che si sono imposti sulla scena internazionale dando vita a dinamiche competitive e potenzialmente conflittuali con gli Stati Uniti e il resto dell’Occidente. Inoltre gli USA, dopo quasi vent’anni di interventismo e grande proiezione internazionale, hanno manifestato la volontà di ritirarsi da alcuni scenari (come ha dimostrato in maniera plastica la “fuga” dall’Afghanistan) per riorientare le proprie risorse verso altre aree e questioni ritenute più prioritarie (su tutte, la necessità di contenere l’espansionismo economico della Cina). A mio avviso, la situazione attuale dovrebbe suggerire che non è questo il momento per USA ed Europa di allontanarsi; al contrario, il parziale disimpegno di Washington dovrebbe chiamare noi europei ad una maggiore assunzione di responsabilità a livello internazionale, nel quadro di un’Alleanza atlantica che dovrebbe essere rafforzata ed affiancata da una dimensione europea di Difesa
È proprio il significato degli attentati dell’11 settembre che dovrebbe stimolare Europa e Stati Uniti a non frammentarsi ma anzi a procedere sempre più uniti. Quell’attacco così eclatante ha raggiunto l’apice del terrorismo globale, proprio con l’obiettivo di distruggere i valori occidentali di democrazia, libertà, rispetto dei diritti umani. Il livello tragicamente spettacolare delle Torri Gemelle è rimasto ineguagliato, ma sono stati numerosi gli episodi di attentati a livello regionale, e l’Isis è riuscito per la prima volta (anche se per un periodo limitato) a radicarsi come un vero e proprio Stato su una parte del territorio siriano.
In un momento delicato e di transizione come quello attuale, è necessario mantenere alta la vigilanza e la collaborazione tra alleati per evitare che gli sforzi effettuati in questi anni siano vani e di tornare alla “casella di partenza” in termini di contrasto al terrorismo internazionale. È innanzitutto importante riuscire a distinguere tra i vari attori terroristi. La riconquista del potere da parte dei Talebani a Kabul implica un ritorno alle credenze secolari di un Islam ormai medievale ed anacronistico, ma con limitate o nulle velleità di trasferirsi all’esterno minando la stabilità internazionale. Diverso è l’atteggiamento di al-Qaeda, il cui scopo è invece quello di mettere a nudo le vulnerabilità dell’Occidente senza però sostituirsi ad esso. Una prospettiva differente da quella dell’Isis, che è invece teso a fare in modo che l’Islam si imponga ovunque attraverso il progetto del califfato. Ambedue proveranno a ritrovare in Afghanistan rifugi sicuri e campi di addestramento.
Conoscere e saper analizzare gli attori in campo è la precondizione per rispondere in maniera efficace. Sarebbe questo il modo migliore per onorare questo tragico anniversario: imparare dagli errori del passato per essere in grado non solo di difenderci, ma anche di mantenere un modello di convivenza aperto che riesca a sconfiggere i germi del fanatismo e del terrorismo ovunque essi si presentino.