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Afghanistan e tecnologie. Gli Usa discutono sul budget militare

Il dibattito sul ritiro dall’Afghanistan rischia di complicare l’iter di approvazione del budget per la Difesa americana del 2022. La proposta presentata da Biden (716 miliardi di dollari) incontra le resistenze repubblicane per i previsti disinvestimenti sui grandi programmi. Oggi la Camera discute per aggiungere 25 miliardi. Resta però bipartisan l’intenzione di rafforzare ricerca e sviluppo sulle tecnologie dirompenti, tra 5G e intelligenza artificiale

Il ritiro dall’Afghanistan accende il dibattito americano sul bilancio militare per il 2022. La richiesta presentata a maggio dall’amministrazione guidata da Joe Biden ammonta a 753 miliardi di dollari per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Per il Pentagono ci sono 716 miliardi, 11,3 in più rispetto all’anno in corso, sette in meno rispetto alle previsioni formulate da Donald Trump. L’aumento su base annuale sarebbe pari all’1,6%, pressoché come l’inflazione attesa. Sin dalla sua presentazione, la richiesta si preannunciava soggetta a forte dibattito all’interno del Congresso, con la previsione di modifiche considerevoli nel corso del complesso iter di approvazione parlamentare del National defense authorization act (Ndaa).

Come previsto, a far discutere sono stati i disinvestimenti previsti sui sistemi “legacy” (-6%), che nella richiesta presentata dall’amministrazione colpiscono diversi grandi programmi per tutte le forze armate (più colpita la US Navy, superando il piano Battle 2045 proposta da Trump). Per Joe Biden e il capo del Pentagono Llyod Austin, il programma di disinvestimento è più che bilanciato dal forte incremento (+5%) delle dotazioni per ricerca, sviluppo, test e validazione (RDT&E), per cui si richiedono 112 miliardi. È la spinta all’innovazione che la Difesa Usa promuove da tempo, nella consapevolezza che la nuova “great power competition” si gioca soprattutto sulle tecnologie dirompenti: 5G, intelligenza artificiale, quantistica e cyber. Sostanzialmente, dunque, la richiesta punta a ridurre i costi di approvvigionamento e manutenzione sui sistemi attuali, così da spingere sulla ricerca delle nuove tecnologie. Secondo gli esperti, ciò si potrebbe tradurre in una riduzione nel breve/medio termine della prontezza operativa, a favore del mantenimento del vantaggio tecnologico sul lungo periodo, a patto che i programmi di ricerca e sviluppo vengano poi rapidamente inglobati nel procurement di servizi e sistemi.

Tale prospettiva appariva da subito destinata a incontrare diverse resistenze al Congresso, lì dove gli interessi di forze armate e grandi industrie (per nulla disposte a vedere tagliati i programmi sui grandi sistemi d’arma) hanno maggiore capacità di influenza e pressione. Non a caso, a luglio, il comitato Armed services del Senato (a maggioranza repubblicana) ha approvato una bozza di Ndaa che aggiunge ben 25 miliardi di dollari alla richiesta dell’amministrazione, rimpinguando i vari programmi ridimensionati. Aggiunge (tra gli altri) sei F-35, un cacciatorpediniere di classe Burke, 130 milioni per i sottomarini balistici di classe Colombia, cinque F-15EX, due velivoli da trasporto C-130J e due tanker KC-130J.

Secondo DefenseNews, è pressoché identica la proposta che oggi discute l’omologo comitato Armed services della Camera dei rappresentanti, promossa dal leader dell’opposizione repubblicana Mike Rogers. Anche lui ha presentato un emendamento alla bozza di Ndaa che aggiunge 25 miliardi alla richiesta dell’amministrazione, tra cui 9,8 miliardi per il procurement di sistemi d’arma e 5,2 miliardi per ricerca e sviluppo (a testimonianza che, comunque, l’attenzione alle tecnologie disruptive in campo militare resta bipartisan). Lunedì, la rappresentante dem Elaine Luria ha detto che voterà in favore della proposta repubblicana, rendendo ancora più incerto il risultato del voto odierno. I democratici vantano la maggioranza del comitato per soli due seggi. Al netto di Luria, serve dunque un voto compatto. Il presidente del comitato, l’influente dem Adam Smith, si è detto fiducioso. È lui ad aver proposto una bozza di Ndaa che rispetta la richiesta di Biden.

A complicare il dibattito c’è poi la questione afghana. I repubblicani hanno promesso decine di emendamenti al Ndaa per contrastare quello che definiscono “il fallimento” della politica estera di Biden. C’è la richiesta di informativa al Congresso sui dettagli del ritiro, nonché l’obbligo di informare periodicamente Capitol Hill sui gruppi terroristici che potrebbero proliferare con il regime talebano. Mike Gallagher ne ha presentato uno che impegnerebbe il governo a mantenere le truppe in Afghanistan fino alla completa evacuazione dei cittadini americani e al ritiro di tutti gli equipaggiamenti militari lasciati sul campo.

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