I ministri degli Esteri europei dichiarano sostegno e solidarietà alla Francia di Macron, che però chiede di più, come lo stop alle trattative con l’Australia. Ma la Commissione europea frena e gli altri Stati membri…
A cinque giorni di distanza dall’annuncio dell’accordo tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, l’Unione europea sembra aver raggiunto una posizione comune. I ministri degli Esteri dei 27, riunitisi a porte chiuse lunedì sera a New York a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, hanno espresso solidarietà e sostegno alla Francia.
Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che la scorsa settimana si era limitato a dirsi “sorpreso” dal patto a tre, ha spiegato ai capi delle diplomazie che “più cooperazione, più coordinamento, meno frammentazione” sono necessari per raggiungere la stabilità dell’Indo-Pacifico, anche dinnanzi all’assertività cinese.
Come si tradurranno la solidarietà e il sostegno europei alla Francia di Emmanuel Macron, il cui ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha accusato l’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden di continuare le tendenze di “unilateralismo, imprevedibilità, brutalità e non rispetto dei partner” del predecessore Donald Trump?
A stemperare le tensioni europee non è bastata la decisione statunitense di riaprire a novembre le frontiere ai cittadini europei vaccinati giunta poche ore prime dell’incontro tra i ministri degli Esteri dei 27.
“Uno dei nostri Stati membri è stato trattato in un modo che non è accettabile”, ha detto ieri la presidente della Commissione europeo Ursula von der Leyen, in un’intervista alla Cnn. È stata la prima reazione ufficiale delle istituzioni di Bruxelles all’Aukus. La frase successiva è un esercizio di equilibrismo, però: “Vogliamo sapere che cosa è accaduto e perché. Si deve chiarire questo prima di continuare con il business as usual”.
A dar man forte alla Francia ci ha pensato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, uomo considerato piuttosto vicino a Macron, che ha parlato di “mancanza di lealtà” da parte degli Stati Uniti.
Il ministro per gli Affari europei, Clément Beaune, altro fedelissimo del presidente francese, ha risposto con nervosismo a una domanda sulle frontiere statunitensi riaperte: “Meglio tardi che mai”. E ha minacciato di far saltare i negoziati su un accordo di libero scambio con l’Australia. Ma il portavoce della presidente von der Leyen ha frenato sottolineando che è la Commissione a “pilotare i negoziati”. Rimane sul tavolo l’ipotesi di un rinvio del prossimo round di trattative con l’Australia previsto per ottobre.
Parigi, invece, potrebbe “vendicarsi” sabotando l’inaugurazione del Consiglio Ue-Usa per il commercio e la tecnologia fissata per mercoledì 29 settembre a Pittsburgh. Thierry Breton, manager francese oggi commissario europeo al Mercato interno, ha detto al Financial Times che non ha “informazioni” su eventuali ritardi. Ma anche dalla sua intervista emerge la frustrazione di Parigi: “Qualcosa si è rotto” nelle relazioni transatlantiche, ha detto.
Bruxelles teme che Parigi voglia trasformare la sua rabbia in un problema europeo. Anche per questo il sostegno e la solidarietà alla Francia sono stati espressi dagli altri 26 Stati membri con molta prudenza. Anche perché, poche ore prima della riunione tra i capi delle diplomazie europee, a Berlino il ministro della Difesa tedesco annunciava la firma di una nuova lettera d’intenti su una partnership militare sullo spazio con l’Australia. Senza dimenticare che diversi Stati membri nell’Europa dell’Est hanno da tempo riserve sugli sforzi francesi per una maggiore autonomia strategica europea. Il timore? Che possa essere una sfida agli Stati Uniti.
E il cerchio si chiude. Forse non nel migliore dei modi per la Francia, il cui semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, che inizierà il 1° gennaio prossimo, doveva servire – a Parigi probabilmente più che a Bruxelles – per rilanciare la difesa comune.