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Sottovalutata da Parigi e dall’Ue, Londra rilancia la Global Britain con Usa e Australia

Il Regno Unito di Boris Johnson “emerge come l’improbabile vincitore” del patto a tre che ha fatto irritare la Francia. Ecco perché

“Alla fine siamo noi i bravi ragazzi”. Così un alto ufficiale britannico venerdì sera commentava con Formiche.net la decisione del governo francese di ritirare gli ambasciatori a Washington e a Canberra come risposta all’accordo a tre tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti (Aukus).

Ma perché Parigi non ha preso di mira Londra limitandosi a rinviare un vertice tra ministri della Difesa previsto questa settimana? Forse perché il presidente Emmanuel Macron ha ritenuto il Regno Unito marginale in questo accordo.

Ma ciò potrebbe significare un’ennesima sottovalutazione europea – e francese – della Global Britain, cioè il progetto del Regno Unito post Brexit sancito dalla Integrated Review, la strategia di sicurezza, difesa, sviluppo e politica estera lanciata al governo Johnson a marzo.

Secondo Robin Niblett, direttore del think tank Chatham House, l’accordo che ha fatto infuriare la Francia dimostra “la versatilità della nuova politica estera” del governo britannico. “Una delle ragioni per cui il primo ministro britannico Boris Johnson ha evitato il concetto di un trattato formale di politica estera e di sicurezza nell’accordo post Brexit con l’Unione europea è stato quello di perseguire liberamente nuove iniziative come il recente vertice ‘G7-plus’ in Cornovaglia, e una maggiore cooperazione tra gli alleati Five Eyes”, scrive l’esperto. L’intesa a tre “rivela che questo approccio può produrre risultati concreti”, aggiunge.

Bates Gill, senior associate fellow del Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, sostiene invece che “da un lato, la commessa di nuovi sottomarini sotto l’Aukus mette in evidenza una già robusta relazione di difesa tra Australia e Stati Uniti e cementa ulteriormente l’impegno del Regno Unito in questa partnership. Ma d’altra parte, la crescente capacità coercitiva, deterrente e bellica della Cina non può che crescere rapidamente”. Per questo, i tre, “per realizzare il loro pieno potenziale, dovranno andare ben oltre la loro attuale iniziativa di punta”.

Citato dal New York Times, il britannico Kim Darroch, già ambasciatore negli Stati Uniti, ha sostenuto che con l’accordo “per la prima volta inizia a prendere corpo la Global Britain”. E ancora: “Stiamo iniziando a costruire una presenza reale, nella difesa e nella sfera economica, in quella parte del mondo”, ha aggiunto.

Per il quotidiano britannico, Londra “emerge come l’improbabile vincitore” del patto che “ha confermato lo status del Regno Unito come potenza militare con esperienza nucleare, così come alleato fidato degli Stati Uniti” – la special relationship su cui hanno molto insistito l’ex primo ministro Theresa May e il successore Johnson. “Ha anche dato credibilità allo sforzo di Johnson di costruire una presenza britannica in Asia, una strategia che all’inizio sembrava soprattutto un ritorno nostalgico al suo passato imperiale”.

Senza dimenticare che oggi il Regno Unito ha accordi commerciali con l’Australia, il Giappone e la Corea del Sud , ha schierato una portaerei per aiutare gli Stati Uniti nel Mar Cinese Meridionale e che oggi a capo della diplomazia britannica c’è Liz Truss, architetto di una sorta di pivot to Asia quando era segretario di Stato per il Commercio internazionale e in questi giorni a New York assieme al primo ministro Johnson.

È lo stesso New York Times a raccontare che i funzionari britannici hanno sottolineato che l’accordo rappresenta una prova della loro capacità di muoversi abilmente in un mondo post Brexit, e in questo caso a spese di un vicino europeo, quello con cui ci sono state le maggiori tensioni.

In questa fase, segnata dalla crisi economica causata dalla pandemia, dal ruolo di secondo piano avuto nelle scelte per il ritiro all’Afghanistan e dalla riduzione del personale militare, l’Aukus rappresenta per Londra quantomeno un’occasione da non perdere per rilanciare la propria agenda post Brexit. Anche perché l’Unione europea che il Regno Unito ha deciso di lasciare non sembra intenzionata a prendere una posizione netta a difesa di Parigi e contro i tre.

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