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Bonomi e la visione di un’Italia che si mette al lavoro

L’unico altro esponente delle nostre élite, oltre a Draghi, ad aver dimostrato di avere un’agenda è il presidente di Confindustria. Che nel suo intervento ha sostenuto l’esigenza imprescindibile che questo Paese sia dotato finalmente di una seria politica attiva del lavoro

Leo Longanesi scrisse che “l’intuizione è un guizzo dell’intelligenza” e il presidente di Confindustria Bonomi ha mostrato nei giorni scorsi di avere questo guizzo oltre a una grande intelligenza, per lo meno sulle questioni economico-sociali. I giornali hanno scritto tanto sulla relazione e successiva conferenza stampa del presidente Bonomi, non a caso svoltasi per la prima volta al Palazzo dello Sport davanti a migliaia di invitati per poter dare un forte messaggio di interlocuzione diretta, della nuova gestione di Confindustria al numero più grande possibile di stakeholder a qualsiasi titolo.

L’intuizione a cui mi riferisco, già rilevata da alcuni giornalisti, compreso Roberto Arditti su Formiche.net, è quella di lanciare con determinazione la proposta di un patto per l’Italia. L’iniziativa, presentata in modo plastico chiamando per nome, senza il cognome, i leader dei tre principali sindacati, ha avuto poi l’avallo sostanziale del presidente del consiglio Draghi, accolto dalla platea di Confindustria con grande calore e lunghi applausi. Per risalire ad un patto sociale di questo rilievo bisogna guardare al governo Ciampi del 1993, in cui lo statista ebbe l’intuizione di rispondere in questo modo alla luce delle gravi condizioni dell’economia del paese in quegli anni. A dire il vero, il primo a lanciare una proposta di patto sociale ai fini di avviare la politica dei redditi e una vera programmazione fu il ministro del Bilancio Ugo La Malfa nel 1962: tale proposta fu molto discussa e non ebbe esito, con conseguenze negative che durarono a lungo nella vita economico-sociale del paese.

L’altro aspetto che più mi ha colpito della relazione e della successiva conferenza stampa del presidente Bonomi, in cui ha risposto con puntualità, precisione e documentazione a molte domande su tutto l’arco dei temi economici, sociali – e per qualche aspetto anche politici – a decine di giornalisti, è che il presidente ha dimostrato di avere una vera, precisa e chiara agenda. Nelle democrazie in cui il processo di formazione delle decisioni è molto complesso, come insegnano i grandi scienziati politici, vince chi mostra di avere un’agenda strutturata.

Finora, in questa fase delicata e importantissima per l’Italia, il premier Mario Draghi era stato l’unico a dimostrare di avere un’agenda, costituita dall’attuazione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal progressivo e possibilmente veloce completamento della campagna vaccinale, grazie alla diffusione più larga possibile del vincolo del Green Pass. Nell’agenda del Pnrr giocano un ruolo fondamentale le prossime riforme, a partire da quella sulla concorrenza, da presentare entro il 2021, cui si aggiungono quelle fino al 2026, la cui attuazione è indispensabile anche per ottenere, step by step, i contributi dell’Unione Europea fino ai complessivi 191 miliardi.

Credo di poter dire che l’unico altro esponente delle nostre élite, comprese quelle politiche, ad aver dimostrato di avere un’agenda è il presidente di Confindustria Bonomi che ha sostenuto, con una certa franchezza, che è fondamentale l’attuazione dell’agenda Draghi e del Pnrr offrendo il massimo sostegno di tutta la classe imprenditoriale a questo progetto, ma ha presentato anche un programma aggiuntivo di Confindustria rispetto a quello contenuto nel Pnrr, e ha specificato con competenza come possono esserne attuati aspetti fondamentali. Ha sostenuto l’esigenza imprescindibile che questo paese sia dotato finalmente di una seria politica attiva del lavoro, nel senso più intenso e allargato del termine.

Questo implica una ferma riforma del reddito di cittadinanza, grazie al quale secondo Bonomi in due anni solo 463 sono i soggetti effettivamente avviati al lavoro. Questo significa dotarsi di un sistema di formazione e riconversione professionale dei lavoratori, utilizzare le fasi di cassa integrazione, anche tramite gli strumenti digitali, per riconvertire e indirizzare se necessario tanti cassintegrati verso nuove posizioni. Come ha rilevato Bonomi, non si può contare a questo fine, e ancor meno al fine della ricollocazione dei lavoratori, sui 550 centri pubblici per l’impiego, che intermediano non più del 4% delle persone avviate al lavoro.

Ha chiesto per questo una sorta di parificazione delle agenzie del lavoro, poiché queste conoscono bene i vari ambiti di riferimento del mercato e possiedono il know-how per la riconversione e ricollocazione professionale. L’agenda del presidente Bonomi si è dimostrata a tutto campo, riferita a tutte le più rilevanti questioni economico-sociali. Ha invitato in modo diretto le forze politiche a concentrarsi su un serio contributo all’attuazione – evitando il più possibile di continuare a piantare bandiere e bandierine – dell’agenda Draghi, del Pnrr, del completamento delle vaccinazioni, senza gli andirivieni propri di certe forze politiche.

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