Skip to main content

Conte e i 5 Stelle, una storia di bonus malus

Negli ultimi anni la parola bonus ha avuto un altro significato, rivelandosi poi per molti aspetti malus. Il caso dei troppi bonus varati soprattutto dai due governi Conte nell’analisi di Luigi Tivelli

Tutti gli italiani che posseggono un’automobile devono sapere sostanzialmente che cos’è il bonus malus, visto che la grandissima parte delle assicurazioni per le auto sono basate sul principio del bonus malus. Negli ultimi anni però la parola bonus ha avuto anche un altro significato, rivelandosi poi per molti aspetti malus.

Mi riferisco ai tanti e troppi bonus varati soprattutto dai due governi Conte. Una dimostrazione ulteriore che l’ex premier Conte aveva già una cultura economica da 5 Stelle anche prima di diventare il leader del 5 Stelle. A dire il vero il primo ad avviare la politica dei bonus è stato Matteo Renzi, che con il suo primo bonus regalato ai lavoratori di circa 100 euro si è preparato anche il grande successo alle elezioni Europee con cui ottenne per il Pd il 42% dei voti e grazie al quale si illuse di poter comandare l’Italia.

Renzi commise però tra gli altri alcuni errori di fondo. Già dall’inizio l’impostazione della lotta contro gli “alti burocrati” inimicandosi così non solo buona parte degli ingenti pubblici ma anche dei migliori Civil Servant, che lui aveva un po’ in odio. Poi credeva che le riforme andassero fatte di corsa ( in un mio libro scrissi che Renzi faceva le riforme dal Tapirulant ) credendo di poter varare una riforma al mese e lasciandoci in eredità delle finte riforme, come quella della scuola che era servita solo a sistemare un po’ di insegnanti precari e quella della pubblica amministrazione, condotta da un ministro molto incompetente come la ministra Marianna Madia, che è stata un vero e proprio flop.

Poi come sappiamo c’è stata l’illusione di impossessarsi in pieno del Paese con la riforma costituzionale (che pur conteneva anche qualche aspetto positivo) e con la forzatura del referendum che ha decretato la fine di un premier che fra gli altri aspetti mostrava troppa fretta. Chiusa questa parentesi, va ricordato che Renzi oltre al primo bonus ne varò un altro, il bonus cultura per i diciottenni, che però di fatto venne utilizzato molto di più per l’acquisto di aggeggi para informatici e materiali vari che per l’acquisto di libri e che non è che diede un forte incentivo allo sviluppo per la cultura tra i giovani.

Ma il grande artefice della politica dei bonus che poi si stanno rivelando malus è stato l’ex premier Conte. Il bonus che è costato e costa di più e che ha creato più danni sociali al Paese è il reddito di cittadinanza, così come impostato da Di Maio, visto che è una bandiera imprescindibile dei 5Stelle. Per il 2021 si tratterà di quasi 9miliardi per un bonus che ha raggiunto 1,2milioni di famiglie corrispondenti a circa 3milioni di persone coinvolte.

Che ha avuto qualche effetto come casuale misura di lotta alla povertà, ma che è stato ed è un vero e proprio flop in quanto misura di politica attiva del lavoro come pur doveva e dovrebbe essere nella sua impostazione. Alla fine si è rilevato un grande progetto di diseducazione dei giovani al lavoro, di incentivazione in vari casi al lavoro nero. E ha causato gravi danni al sistema delle imprese, soprattutto per le imprese dell’agricoltura che non riescono in moltissimi casi a trovare lavoratori, ancor meno stagionali perché tanti giovani e non giovani preferiscono godersi senza far nulla o lavorando in nero il reddito di cittadinanza, per il quale un ex ministro del lavoro che ha fatto gravi danni e lasciato gravi cocci sul terreno come Di Maio non è assolutamente riuscito a dare un’impostazione seria ed operativa, avendo nominato tra l’altro a capo dell’Anpal uno strano professore americano che non sapeva assolutamente niente della condizione della società, delle imprese e del lavoro italiano e poi recentemente ha dovuto dimettersi.

Ma oltre al flop del reddito di cittadinanza c’è stato il flop di vari altri bonus sempre varati dai governi Conte. Il bonus vacanze è stato fin ora utilizzato da solo poco più di 1milione di persone e rimangono voucher non sfruttati che valgono circa 400milioni. Si tratta di contributo introdotto dal cosiddetto decreto Rilancio dell’ex premier Conte e di 500euro destinato a nuclei famigliari con Isee fino a 40 mila euro, basato sul meccanismo troppo complesso e di scarso appeal soprattutto per la maggioranza degli operatori del turismo. C’è stato poi il bonus computer pensato per le famiglie con un reddito non superiore a 20 mila euro, attivo dallo scorso anno: un altro mezzo flop visto che il Governo aveva stanziato 200milioni per il bonus di cui sono stati consumati meno della metà.

C’è poi il caso di un’altra misura sostenuta con grande forza dai 5 Stelle, il bonus del 110% per la ristrutturazione degli immobili a cui il nuovo Governo ha dovuto rimettere mano con il decreto semplificazioni. Tra gli altri aspetti la misura fatica a fare breccia negli edifici condominiali: fino a un mese fa quelli coinvolti dai lavori con agevolazione del 110% erano solo 3.982 rispetto ad un valore ammesso al progetto pari a 2miliardi.

Non è che poi abbia avuto grande successo in una fase in cui era importante sostenere imprese e famiglie in difficoltà in piano Covid il bonus stanziato con oltre 20milioni per bicilette o monopattini elettrici, che ha avuto l’effetto tra l’altro di riempire qualche città di giovani o meno giovani che sfrecciano su monopattini senza sicurezza generando gravi rischi per la mobilità. L’ultimo bonus al quale vale la pena riferirsi è quello per le partite iva, molto complicato quanto a procedure burocratiche per ottenerlo e dotato di una serie di paletti e di vincoli che lo rendono non agevolmente accessibile: una somma di denaro compreso tra i 200 e gli 800 euro per 6 mensilità.

Basti ricordare che a luglio hanno richiesto in solo in 1000 ma c’è tempo fino al 31 per chiedere questo bonus. Se si fanno i conti del costo a valere sulla finanza pubblica di questa serie di bonus, spesso poco accessibili o non mirati nel modo giusto, risulta un grande e sborso (per fortuna e spesso in vari casi tutte le somme stanziate sono state utilizzate) a carico dell’erario. Non è certo in questo modo che si conduce una politica economica e sociale.

Non ho parlato poi di quella misura vergognosa che si è rivelata il cash back, che è costata moltissimo all’erario (e non a caso è stata bloccata dal governo Draghi che ha favorito soprattutto ricchi o benestanti utilizzatori seriali di carte di credito o furbetti che man mano facevano piccoli o piccolissimi acquisti con la carta di credito). Purtroppo è questa sostanzialmente la visione di politica economica e sociale non solo dell’ex premier Conte ma soprattutto dei 5 Stelle che non hanno nel loro codice cromosomico di dilettanti una minima base di seria cultura economica e sociale. I cocci lasciati sul terreno e i danni anche in termini diseducazione civica e scarsa sensibilità a un serio orientamento di politica economica e sociale li pagano i cittadini.

×

Iscriviti alla newsletter