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Solo Draghi e Bonomi hanno un’agenda, gli altri piantano bandiere e bandierine

Le apparenti strategie dei partiti, in qualche caso viziate dall’impronta populista ma soprattutto da un’impronta semidilettantistica, ostacolano il perseguimento di una vera agenda capace di affrontare i problemi del Paese. I giornali si riempiono con le dichiarazioni della politica politicante, mentre le policies sono in mano solo a Draghi, con il sostegno del presidente di Confindustria. La nota di Luigi Tivelli

Nei paesi anglosassoni i politologi usano distinguere, in relazione alla parola “politica”, fra politics e policy. Come molti sanno, la politics è la politica corrente, quella del giorno per giorno fatta di dichiarazioni, di prese di posizione destinate ad essere smentite il giorno dopo eccetera. La policy e le policies sono invece le politiche pubbliche concrete. Nella maggior parte degli altri paesi europei, il confronto si sviluppa soprattutto sulle policies, sui contenuti delle politiche pubbliche concrete, sulle proposte di contenuto nelle diverse forze politiche e, sia gli stessi esponenti politici che la stampa, tendono a dedicare più spazio alle policies che alla politics.

In Italia, invece, tanto più da quando si sono affermate tra alcune classi politiche forme di populismo e di dilettantismo o una miscela di essi, il confronto purtroppo è quasi esclusivamente sulla politics, su quella che con un po’ di forzatura definirei la “politica politicante”. Come se solo al Presidente del Consiglio spettasse proporre e attuare le policies, mentre buona parte degli esponenti dei partiti si misurano solo sulla politics. Proviamo a introdurre un po’ di serietà nel confuso confronto politico in corso, viziato sia dall’imminente scadenza elettorale che, soprattutto, dai giochi e giochetti in funzione dell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

Mi pare di notare, come ha evidenziato molto bene, tra gli altri, Carlo Fusi nell’editoriale del 29 settembre su La Ragione dal titolo “Manovrando sul Governo”, che questi giochetti potrebbero intaccare l’agenda fondamentale per l’Italia rispetto al vero interesse del Paese. Checché ne dica Giorgetti che mi sembra molto più bravo e serio come ministro dello Sviluppo economico che come stratega per l’elezione del Presidente della Repubblica, in funzione anche di possibili elezioni anticipate; checché faccia Goffredo Bettini, che onestamente mi sembra uno “stratega alla vaccinara”, che dopo aver individuato in Conte il grande leader della sinistra ha mandato a sbattere il povero Nicola Zingaretti, che ha dovuto dimettersi da Segretario del PD; checché ne dica Giuseppe Conte, che sembra puntare anche lui all’elezione di un Presidente della Repubblica tipo Draghi che poi porti alle elezioni anticipate.

Tutte queste apparenti strategie, in qualche caso viziate dall’impronta populista ma soprattutto da un’impronta semidilettantistica, ostacolano il perseguimento di una vera agenda capace di affrontare i problemi del Paese. L’agenda fondamentale, dettata da un Presidente del Consiglio come Mario Draghi, che prescinde da questi giochi e giochetti, è quella dell’attuazione in modo serio e rigoroso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, rispettando gli step e le milestones da attuare sotto il controllo occhiuto della Ue.

Già stiamo scontando per i giochi di qualche forza politica (soprattutto quelli di Conte e dei 5 stelle in occasione dell’esame della riforma del processo penale della scorsa estate) qualche ritardo, ad esempio nel varo della legge sulla concorrenza che dal Pnrr era prevista entro il 30 luglio e che è slittata (e speriamo che verrà varata) ad ottobre. Su di essa sicuramente qualche partito che sostiene il Governo, tra cui la Lega, pianterà bandiere e bandierine, ad esempio sulla questione mai risolta pur in presenza di una direttiva chiara, come la Bolkestein, sulle concessioni balneari, che – per citare solo uno degli attori in campo, il Presidente dei Confindustria Bonomi – ha chiesto che siano messe a gara e che durino al massimo per cinque anni.

Oltre a Mario Draghi, mi sembra di poter dire che l’unico esponente di tutto l’establishment politico ed economico che non solo sostiene con forza l’agenda Draghi e si batte per la sua attuazione, proponendo anche un “patto sociale per l’Italia” che favorirebbe una seria attuazione di questa agenda, ma che ha anche dimostrato di avere un’agenda e di poter contribuire a dettarla è il Presidente di Confindustria Bonomi. È facile individuare questa agenda nelle dense 26 pagine della sua relazione all’assemblea di Confindustria dei giorni scorsi, meglio dettagliata poi in una intensa conferenza stampa durante quello stesso evento di quasi un’ora e mezzo.

I veri scienziati politici ci hanno insegnato che nelle democrazie che vedono un complesso sistema decisionale, vince chi detta l’agenda. Ebbene, a dettare l’agenda oggi è il premier Mario Draghi e purtroppo (ma per fortuna) l’unico che dimostra di avere un’agenda aggiuntiva è proprio il Presidente Bonomi. Mi sembra che Draghi abbia dimostrato tra l’altro una miscela di coraggio, pragmatismo, forte ancoraggio e rispetto dei vincoli europei, e che sia in grado di procedere nell’attuazione della sua agenda basata sul Pnrr e sul completamento del progetto di vaccinazioni.

Anche il Presidente di Confindustria Bonomi dimostra di essere franco, diretto e coraggioso sia nel sostegno dell’agenda Draghi sia nell’attuazione della sua agenda aggiuntiva di Confindustria. Credo che quelli che continuano a piantare bandiere e bandierine e hanno avviato giochi e giochetti in funzione dell’elezione del Presidente della Repubblica troveranno tanto spazio in tanti organi di stampa ma le loro iniziative non saranno poi molto efficaci. Così come credo che sia nel vero interesse del Paese che Mario Draghi continui a governare il più possibile dall’attuale posizione e spero, anche se la cosa non è facile, che lui stesso o qualcuno che ha caratteristiche simili a lui continui a governare per i successivi anni di attuazione del Pnrr, pena il rischio di perdere la faccia (e i contributi finanziari periodici previsti man mano nel corso dell’attuazione del Pnrr) rispetto all’Unione europea e di ammazzare le possibilità di crescita dell’Italia.

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