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Francesco, il nostro futuro e gli Harakbut

Domani al Centro san Fedele di Milano viene presentato “Anamei”, il documentario di Alessandro Galassi sull’Amazzonia. Anamei è l’albero della salvezza della cultura ancestrale del popolo degli Harakbut che a Madre de Dios, nel cuore della foresta amazzonica peruviana, trova in questo mito antico la forza di resistere al saccheggio delle risorse ambientali del suolo e del sottosuolo. Ne parla a Formiche.net Riccardo Cristiano

“Che differenza c’è tra chi si adorna la testa di piume e chi indossa il tricorno?”. Il tricorno è il cappello a tre punte usato dai cardinali ancora oggi, le piume invece sono il copricapo usato dai popoli indigeni dell’Amazzonia in via di distruzione. Queste parole di Francesco rispondono all’indisponibilità di tanti nella Chiesa nei confronti di altre tradizioni e culture, che non piegano la testa alla devastazione di un mondo senza il quale l’intero globo perderebbe una componente essenziale e vitale, come quella rappresentata da chi tutela il vecchio rito di indossare il cappello a tre punte, ma non meno di loro.

C’è anche questa frase in “Anamei”, il documentario di Alessandro Galassi sull’Amazzonia che viene presentato lunedì 27 settembre al Centro san Fedele di Milano. Isolandola però la si capisce molto di meno che qui, inserita in un’opera dove si vedono i protagonisti che per accompagnare il regista si preparano con cura, si cambiano, indossano i simboli della loro cultura, e li accompagnano a vedere i resti dell’Amazzonia. Anamei infatti è un’opera poetica e di denuncia, di racconto e documentazione, che riesce nell’intento di farci acquisire consapevolezza.

In un’ora di immagini e parole viene ricostruita la vicenda dei popoli amazzonici, del sinodo sull’Amazzonia e della convergenza tra Francesco e questi popoli in una visione di fratellanza cosmica tra uomo e creato, culture e ambienti, tradizioni e progressi, tutele ed equilibri. Anamei è l’albero della salvezza della cultura ancestrale del popolo degli Harakbut che a Madre de Dios, nel cuore della foresta amazzonica peruviana, trova in questo mito antico la forza di resistere al saccheggio delle risorse ambientali del suolo e del sottosuolo.

Prima era il caucciù, ora sono le miniere d’oro clandestine a mutilare la selva e i suoi popoli. Le miniere clandestine distruggono 30mila ettari di foresta l’anno, rendono con le loro acque reflue la terra sterile e saccheggiano l’anima delle ragazze condotte nei postriboli a vendersi con l’illusione di un lavoro normale. Non tutto, però, è perduto: gli indigeni, guardiani della foresta, continuano a curare le ferite e a mantenere vive tradizioni e antichi saperi che fanno vivere la foresta. La guarigione è, dunque, possibile, per il pianeta come per gli esseri umani. Questa è la profezia di speranza dell’Amazzonia che Francesco, il papa della Laudato si’ ha voluto far conoscere al mondo con il Sinodo, aperto a Madre de Dios nel gennaio 2018 e proseguito in Vaticano nell’ottobre di un anno dopo. Ma un’amazzonica che ha partecipato a quel sinodo racconta tutta la sua sorpresa per prelati e giornali che di quel sinodo raccontavano solo il punto, uno dei centinaia in discussione, relativo alla possibilità di ordinare anziani di provata probità morale per celebrare l’eucaristia in villaggi irraggiungibili ai pochi preti presenti: “Solo questo interessa mentre ci uccidono?”.

Gli accadimenti successivi però hanno confermato la lungimiranza dell’intuizione amazzonica di Francesco: prima il Covid, poi l’approfondirsi della crisi climatica certificata ora dagli scienziati dell’International panel on climate change (Ipcc), tra le ultime opportunità di cambiare rotta.

Muovendosi con delicatezza da una sponda all’altra dell’Atlantico, dalla terra screpolata dalle cave al Vaticano, Alessandro Galassi compone una poesia in immagini lunga 63 minuti e capace non solo di raccontare ma di far percepire allo spettatore la bellezza ferita dell’Amazzonia e il suo spirito indomabile. Lo spirito di Anamei, il cui mito, animato e letto dalla poetessa, Ana Varela Tafur, scandisce la narrazione. Ne emerge così un’idea diversa di cosa sia la famosa “secolarizzazione”. Non l’idea di separare potere politico e religioso, legge civile e legge religiosa, o leggi religiose, ma la certezza che il mondo è un insieme di individui retti dalla regola del dominio: dominio dell’uno sull’altro o di ognuno sulla natura. È la teologia dominazionista a emergere come grande alleata della “secolarizzazione reale”, mentre lo sguardo cosmico della fratellanza riunisce e preserva ambienti e culture, contesti e persone, dignità e diversità, in un incontro che si spezza poi fa crollare l’ordine dell’universo.

Con l’autore Alessandro Galassi dialogheranno: Don Virginio Colmegna, presidente Casa della carità “Angelo Abriani. Il 27 sera al Centro San Fedele, dopo la proiezione, di tutto questo discuteranno padre Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti sociali, padre Joshtrom Kureethadam, coordinatore del Settore Ecologia e Creato del Dicastero Vaticano per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale e Daniela Padoan, scrittrice, dell’associazione Laudato si’.

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