La scelta di Federico Freni come successore di Claudio Durigon al Mef fa mugugnare i leghisti del Nord che accusano Salvini: dà retta solo al cerchio magico romano. Intanto il leghista in uscita potrebbe diventare vicesegretario federale. Ma i posti non sono illimitati e l’idea non piace dal Tevere in su
“Esce dalla porta, rientra dalla finestra”. Dai tamponi ai tamponamenti: si respira di nuovo aria pesante nella Lega di Matteo Salvini. Questa volta non è il green pass a surriscaldare gli animi ma il passaggio di testimone fra Claudio Durigon e il suo successore come sottosegretario al Mef, Federico Freni.
“Freni chi?”, è la domanda che serpeggia in queste ore fra i colonnelli leghisti nel Nord. Lombardia, Veneto, Friuli. Un mix di sconforto e irritazione accoglie il sostituto, nominato dal Cdm di questo pomeriggio, del vice di Daniele Franco e fedelissimo di Salvini dimessosi dopo il putiferio sulle sue presunte dichiarazioni filo-fasciste a Latina.
La scelta di Freni, romano, avvocato amministrativista dello studio Quorum e docente Luiss, fa storcere il naso a tanti nel Carroccio. Per diversi motivi. Alcuni un po’ di facciata. “Sarebbe meglio un fiscalista, o un economista”, riflette un deputato del Nord. Ma non è sui cavilli giuridici che viaggia il malcontento. Non è un mistero che la benedizione di Matteo Salvini alla nomina dell’avvocato abbia spiazzato chi, fino a poco fa, si riteneva in corsa per l’ambito posto al Mef. Fra gli altri due leghisti del Nord, il ligure Edoardo Rixi e il veneto Massimo Bitonci, già sottosegretario a Via XX Settembre.
Adesso che è ufficiale nel partito si tirano le somme sull’operazione. E c’è chi se la prende con il “Capitano”, accusato di non riuscirsi proprio a liberare del “cerchio magico” romano, quel drappello di fedelissimi che lo strattona via dal pragmatismo nordista per menare prima sull’Ue, poi sui sì-vax, quindi su Mario Draghi.
Sì perché Freni, ragiona un altro onorevole lombardo, è “la stessa cosa di Durigon”. Il prof. è stato chiamato al Mef dal sottosegretario dimissionato come “delegato” alla gestione dei giochi ed è stato consulente giuridico dei gruppi parlamentari leghisti di Camera e Senato. Ai politici non piace mai esser rimpiazzati dai tecnici. Tanto più in un partito come la Lega dove il cursus honorum e il territorio contano.
Ad agitare le acque di via Bellerio però non c’è solo la nuova nomina. Resta infatti un grande punto interrogativo sul futuro di Durigon. Lui ha fatto intendere dal primo minuto che di un altro passo indietro non se ne parla. E quindi fa campagna nelle piazze, scatta selfie con Salvini. Fa pubblicità al suo sostituto, “garantisco io”, ha detto l’altro giorno ai cronisti, gettando benzina sul fuoco fra gli scontenti.
E aspetta. “Cosa?”, si chiedono i colleghi di partito. Una compensazione? Magari un posto nella Segreteria federale. Vicesegretario con delega al centro-Sud, si sussurrava a inizio settembre, quando Durigon ha accettato senza colpo ferire di lasciare il posto al Mef.
Peccato che i posti non siano illimitati. Per statuto infatti esiste un tetto al numero dei vice. Oggi ce ne sono tre. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico e colonna del partito. L’ex ministro della Famiglia Lorenzo Fontana. Andrea Crippa, 35 anni, lombardo, vicesegretario dal 2019, già coordinatore della Lega giovani, uomo macchina, sempre dietro le quinte e sul territorio, molto apprezzato al Nord. Potrebbe essere lui a dover far spazio all’ex sottosegretario in attesa di ricollocamento. E l’idea, dal Tevere in su, non suscita grande entusiasmo…