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Golpe in Guinea, arrestato il presidente. Le ripercussioni sulla sicurezza (e sull’alluminio)

Le forze speciali di Mamady Doumbouya dichiarano la fine del governo nel nome della lotta alla povertà e alla corruzione. Le istituzioni internazionali reagiscono all’ennesimo episodio destabilizzante in Africa occidentale. Si temono ripercussioni sulla sicurezza (leggi: Sahel) e sul mercato internazionale dell’alluminio. Ecco i dettagli

In Guinea è in corso una presa di potere manu militari. Domenica sera il leader delle forze speciali dell’esercito Mamady Doumbouya è apparso sulla rete nazionale, avvolto nella bandiera del Paese, dichiarando di aver “sciolto il governo e le istituzioni” e chiuso i confini terrestri e aerei del Paese. L’ex membro della legione straniera francese ha dichiarato di aver agito per contrastare “la povertà e la corruzione endemica” e ha promesso di “riscrivere la costituzione”.

È iniziato tutto domenica mattina, quando si sono uditi spari nella villa presidenziale della capitale Conakry. Qualche ora dopo è apparsa sui social una foto che mostrava il presidente Alpha Condé, in carica dal 2010, circondato dalle forze speciali dell’esercito. Da allora i militari hanno confermato che Condé e altri ufficiali del governo sono agli arresti. Durante la trasmissione televisiva hanno anche ingiunto ai ministri restanti di presentarsi in parlamento lunedì mattina, pena essere tacciati di ribellione.

La reazione degli enti internazionali non si è fatta attendere. Le Nazioni Unite, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno rilasciato dichiarazioni, condannando il golpe. L’Unione africana ha detto che avrebbe indetto una riunione e preso “misure appropriate” mentre l’Ecowas, la comunità economica degli Stati africani occidentali, ha già minacciato di imporre sanzioni.

Dei video in circolazione sui social mostrano i residenti della capitale scendere in strada nel primo pomeriggio per celebrare l’avvenuto, cosa che riportano anche diversi inviati delle agenzie stampa internazionali. Ultimamente il governo non incontrava il favore del pubblico, anche per via di un pesante aumento delle tasse e un rincaro del 20% sulla benzina.

Condé, il primo presidente eletto tramite elezioni libere, ha iniziato il suo terzo mandato a ottobre 2020. Per farsi rieleggere ha annunciato modifiche alla costituzione nel 2019 (poi confermati in un referendum a marzo 2020) estendendo i limiti del mandato presidenziale, una mossa che potenzialmente l’avrebbe fatto rimanere in carica fino al 2032. Le proteste e gli scontri che hanno fatto seguito all’annuncio della riforma costituzionale hanno causato centinaia di morti.

La Guinea ha alle spalle un decennio di crescita economica dovuta alle sue riserve minerarie – minerale ferroso, oro, diamanti e bauxite, la fonte principale di alluminio, di cui il Paese dell’Africa occidentale è il primo esportatore a livello globale. Tuttavia la ricchezza generata dall’industria mineraria non è filtrata fino alle fasce più povere delle popolazione; nel 2020 il Programma per lo sviluppo dell’Onu ha classificato la Guinea al 178° posto su 189 Paesi in termini di sviluppo umano.

Politicamente, la fine del governo Condé aggrava la situazione di instabilità nell’Africa nordoccidentale; il golpe di domenica in Guinea si aggiunge a quello di aprile in Ciad e ai due in Mali nel solo 2021. Ne esce indebolito l’Ecowas, che funge da stabilizzatore e contribuisce anche al mantenimento della sicurezza. Le conseguenze a cascata includono un aggravamento delle condizioni del Sahel, area infestata da jihadisti estremisti, con ripercussioni securitarie e migratorie nel Nordafrica e l’inevitabile coinvolgimento europeo.

A livello globale, invece, l’impatto più significativo nel breve periodo sarà probabilmente il crollo dell’approvvigionamento di bauxite e le implicazioni sul mercato di materie prime, già vessato dalle conseguenze della pandemia, colli di bottiglia nella produzione e nel trasporto e aumento generale dei prezzi. Giancarlo Torlizzi, giornalista e fondatore della compagnia di consulenza T-Commodity, ha segnalato lunedì mattina che il prezzo dell’alluminio alla tonnellata sul London Metals Exchange (peraltro già nella regione dei picchi storici) è in piena impennata.

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